La mattanza degli operaiLa politica si è dimenticata di combattere le morti sul lavoro

Nei primi 10 mesi del 2021, l’Inail ha registrato 1017 incidenti mortali. Sono circa 3 al giorno. Perché il Partito democratico non si fa carico di questa battaglia sociale proponendo regole più rigide e dure sanzioni per chi non le rispetta?

Unsplash

In questo periodo Roma – e tutto il Paese – è piena di lavori di rifacimento degli edifici grazie al superbonus. Stanno ristrutturando il palazzo di fronte, e scrivo questo articolo guardando le impalcature che sono dinanzi, spesso molto alte, con i tubi saldati in una ragnatela di ferro e passerelle di legno che a dire la verità sembrano sempre traballare sotto i passi degli operai. A separarli dal vuoto loro hanno fissato delle reti verdastre o bianche abbastanza rovinate, piene di lacerazioni, attaccate ai tubi con cordicelle o lembi rossastri o arancioni.

Gli operai infagottati com giubbotti macchiati di calce e vernice arrivano di mattino presto, il tempo per un caffè caldo – il bar all’angolo è aperto per loro – e dopo iniziano ad andare e venire, si arrampicano sui ponteggi, scalpellano silenziosi per tirar via lo sporco di decenni per restituire colore al palazzo, vanno giù col trapano (avranno i tappi per le orecchie?), e ogni tanto si chiamano tra loro, si sente pure qualche risata forte, tipica di chi lavora, anche per rinfrancarsi l’un l’altro: la gabbia di tubi, orrenda a vedersi, non è certo accogliente né deve essere comoda per chi deve farsi largo con i secchi di vernice.

Quando fa più caldo, in questo inverno che sembra già primavera, qualcuno resta in maglietta, a sudare, senza fermarsi mai. Già, prima si finisce meglio è.

Io non vedo mai questi operai con particolari cinghie o imbracature e nemmeno sempre con il casco. Sono più attrezzati altri operai, quelli che lavorano a fianco del palazzo dove abito (sono circondato) dove da anni si sta lavorando a una clamorosa ristrutturazione di quello che era il Poligrafico dello Stato, fino a qualche decennio fa qui si stampavano le banconote, un enorme edificio ottocentesco in marmo che può piacere o no ma che è comunque un pezzo dell’architettura moderna di Roma che cede il suo bel passato a un futuro chissà come.

È una ristrutturazione che prevede tra l’altro una specie di super-cupola, al momento orribile, non so a cosa servirà, presumo un roof garden. Ci lavorano decine e decine di operai. Li vedo muoversi ad altezze impressionanti. Non sono esperto del ramo, ma anche in questo caso, sebbene migliore del primo, non so dire se le misure di sicurezza siano state tutte adottate e soprattutto se siano sufficienti a garantire l’incolumità degli operai. Vedo questi lavoratori, molti dei quali stranieri, con il freddo e la pioggia di questi giorni montare sulla passerella facendo attenzione a non sbattere la testa, alcuni sono giovani ma ci sono anche ultracinquantenni che alla loro età dovrebbero fare tutt’altro mestiere. Quando si fa sera se ne vanno, un altro giorno è andato.

Martedì mattina a qualche chilometro di distanza altri operai lavoravano alla facciata di un edificio, in via Merulana, quella del Pasticciaccio di Gadda. Nel pieno centro di Roma, è la lunga strada alberata che congiunge le due Basiliche di Santa Maria Maggiore e San Giovanni. Un operaio a un tratto, non si sa bene come, è precipitato per metri e metri ed è morto sul colpo. Veniva a Roma da Scandriglia, nella verde Sabina, si chiamava Pietro Perruzza, 52 anni. Mentre costruiva un ponteggio più o meno come un trapezista del circo, è caduto nel cortile di un istituto di suore, ho capito qual è perché in uno di quegli stabili che gli fanno da corona andavo da bambino da un’anziana zia.

Perché Pietro Perruzza è volato giù in quel cortile di pace? È la solita domanda che si ripete ogni volta che accade una disgrazia simile, ormai con cadenza quasi quotidiana: nell’edilizia sono 1017 gli incidenti mortali registrati dall’Inail nei primi 10 mesi del 2021. Forse 2018, con l’operaio Perruzza, morto non lontano da due Basiliche. È aperta un’inchiesta, ovviamente.Qualcuno pagherà o si è trattato della solita fatale disgrazia?

Pochi giorni fa Torino ha pianto gli operai che hanno perso la vita per il crollo di una gru, e in tutta Italia non c’è regione dove la mattanza operaia non continui. E qui non ci sono vaccini. Servono regole più rigide, e soprattutto sanzioni molto più dure per chi non le rispetta. Invece di chiacchierare, bisognerebbe agire. Il sindacato non basta. Ci vuole l’intervento del Parlamento, del Governo. Ci vorrebbe la sinistra, e subito. Perché, con tutto il rispetto, la legge Zan viene dopo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter