Avanti sulla strada del Super Green Pass, o meglio dell’obbligo vaccinale, per i lavoratori. Se non tutti, almeno per la gran parte. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, nella prima riunione del consiglio dei ministri del 2022, probabilmente il 5 gennaio, chiederà di approvare senza più remore il provvedimento che ha già subito un paio di rinvii. Provando a superare il fronte del no di Lega e Cinque Stelle che si sono messi di traverso, seppur per ragioni opposte.
Il consiglio dei ministri di mercoledì, con i veti e le tensioni sul Green Pass rafforzato, ha lasciato strascichi pesanti. Il voto del Quirinale si avvicina e la coalizione che sostiene il governo di unità nazionale appare divisa e disorientata. Ma l’obiettivo ora è estendere il certificato verde rafforzato, che non si ottiene con il tampone, ai 23 milioni di lavoratori del privato e del pubblico, autonomi compresi.
Mario Draghi ha mezza maggioranza contro, ma è determinato ad andare avanti sulla linea tracciata – scrivono oggi i giornali. Mercoledì sera il premier si è rassegnato a rinviare la scelta. Ma l’aver fissato una data, il 5 gennaio, quando l’Italia potrebbe aver superato la soglia dei 200mila contagi, conferma che il presidente vuole approvare il provvedimento perché lo ritiene necessario.
L’obbligo vaccinale per tutti gli italiani al momento non è nell’orizzonte di Draghi, perché pone problemi politici e giuridici. Meglio puntare sull’estensione a tutti i lavoratori. Nelle stanze di Palazzo Chigi, scrive il Corriere, lo chiamano «obbligo mascherato». Magari preceduto, come dice la ministra Maria Stella Gelmini, «da un ulteriore momento di concertazione con i sindacati e le associazioni datoriali, che si sono dette favorevoli all’obbligo vaccinale. Il problema è che dobbiamo fare in modo che questo passaggio non blocchi, da un giorno all’altro, attività professionali ed economiche».
Draghi va dritto, ma vista l’agitazione in Parlamento e nelle segreterie politiche non è scontato che l’estensione del «pass»» a tutti i lavoratori si trasformi in decreto nei tempi previsti. Il momento è delicatissimo, con l’elezione del successore di Sergio Mattarella alle porte. L’ultima cabina di regia e poi il Consiglio dei ministri hanno visto saldarsi una volta ancora l’asse tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Giancarlo Giorgetti ha fatto una opposizione molto energica, interpretando più la posizione di Matteo Salvini che quella di Massimiliano Fedriga e degli altri governatori leghisti. Il ministro dello Sviluppo economico, in realtà, non ne fa una questione ideologica. Chiede che, oltre a una misura che equivale all’obbligo vaccinale, si pensi a redigere un elenco di lavoratori fragili da esentare e a un giusto indennizzo per chi subisce danni dopo l’iniezione.
Nel M5S invece la logica è: «Allora è meglio l’obbligo vaccinale». Ma il risultato è quello di una frenata. Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta preme per andare avanti: «La nostra linea è chiara e netta. Siamo per estendere il Green Pass rafforzato a tutto il mondo del lavoro, fino ad arrivare all’obbligo se dovesse servire». Ma ci sarebbero divergenze anche dentro Forza Italia.
Poi c’è il tema delle alleanze trasversali, da leggere alla luce della partita del Quirinale. Da una parte, Cinque Stelle e Carroccio che si strizzano l’occhio. Dall’altra, i leghisti che temono il saldarsi di una «maggioranza Ursula» in vista di un futuro governo senza Salvini.
In questo scenario, Draghi il 5 gennaio convocherà ministri e capi delegazione per completare l’allargamento del «pass» a tutti i lavoratori. Per il ministro della Salute Roberto Speranza non c’è alternativa: «I numeri del Covid imporranno scelte nette e forti».