Da BruxellesLe proposte dell’Europa per la svolta verde degli edifici

Il 39 percento delle emissioni globali di carbonio sono attribuibili agli edifici: la Commissione Ue vuole correre ai ripari con le nuove linee guida sull’efficienza energetica degli edifici. Nuove regole per le costruzioni dal 2030, mentre solo alcune delle strutture già esistenti andranno ammodernate

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La Commissione europea ha presentato le proposte legislative in merito all’efficienza energetica pubblica e privata. L’obiettivo è quello di ridurre le emissioni nocive di un settore molto inquinante, azzerandole entro il 2050 con il perseguimento di due strade.

Dal 2030 i nuovi edifici privati non dovranno più produrre emissioni basandosi, come ricordato dal portale della Commissione, sulle fonti rinnovabili. Per il patrimonio immobiliare esistente il discorso è diverso (e più complesso). Il 15 per cento delle strutture non residenziali con le peggiori prestazioni energetiche (che sono comprese in una scala discendente che va dalla A alla G) di ciascun Paese dovrà essere ristrutturato e salire di classe entro il 2030 (2033 per gli edifici residenziali).

Tutte le strutture dovranno abbandonare i combustibili fossili per il riscaldamento e condizionamento entro il 2040. L’inquinamento dell’aria è provocato da una serie di fattori come i trasporti, l’agricoltura e la gestione dei rifiuti, ma il contributo dato dalle aree edificate, tanto nella fase di costruzione quanto in quella operativa, non può essere sottovalutato.

Il 39 percento delle emissioni globali di carbonio sono attribuibili agli edifici e una percentuale consistente di queste emissioni è legata al riscaldamento, al raffreddamento e all’illuminazione. Il consumo di energia è fortemente influenzato dalla qualità dell’involucro edilizio, e diventa più consistente quando si prendono in esame gli edifici più vecchi.

La pianificazione di un ambiente urbano sostenibile ha un ruolo importante nella riduzione dell’inquinamento dell’aria e delle particelle ultra sottili (pm 2.5/pm 10) che vengono emesse dalla combustione necessaria per alimentare i nostri edifici.

L’industria edile si è dimostrata proattiva nel tentare di ridurre il proprio impatto sul carbonio. L’organizzazione Architecture 2030, che vede la partecipazione delle società di costruzione, ha illustrato alla recente Cop26 come ha separato il concetto di crescita da quello di emissioni e ha dimostrato, portando gli Stati Uniti come esempio, che è possibile ottenere risultati importanti conciliando l’espansione del mercato con una particolare attenzione al tema dell’energia.

In Italia l’edilizia residenziale versa in un cattivo stato di conservazione e ciò ha pessime ricadute tanto sull’ambito energetico quanto sugli importi delle bollette. Quasi un edificio su cinque, secondo quanto riferito da un’indagine realizzata dalla Confartigianato nel 2016, versa in cattive se non pessime condizioni.

Questa percentuale tende a crescere, fino a superare il 20 per cento, quando si parla di edifici antecedenti al 1981 mentre si riduce fino al 5 per cento nel caso delle costruzioni più recenti.

Gli edifici in cattivo stato (e non sono pochi) hanno spese per il consumo energetico che sono molto elevate. Il 40 per cento delle dispersioni termiche avviene attraverso i muri esterni a causa dell’assente o inefficiente coibentazione, il 25 per cento dalle finestre e il 15 per cento dal tetto.

Una diagnosi energetica accurata è fondamentale, prima di procedere con i lavori di ristrutturazione ma la riduzione dei consumi energetici passa anche dalla sostituzione di impianti termici ed elettrici con altri ad alta efficienza. Tra questi ci sono le lampade a basso consumo energetico, le caldaie a condensazione e l’utilizzo di serramenti performanti. L’isolamento termico ha un ruolo importante per la riduzione del fabbisogno energetico e si può agire all’interno, nell’intercapedine o all’esterno dell’edificio.

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