Il governo non ha fatto in tempo a incassare alla Camera il sì definitivo alla legge di Bilancio e a spedire a Bruxelles la richiesta per ottenere la seconda rata di fondi europei da 24,1 miliardi del Pnrr che già erano partite le richieste dei partiti per ampliare di nuovo il deficit. I 36,5 miliardi della manovra non bastano ad affrontare le nuove emergenze, tra restrizioni e caro energia, e quindi ci si deve preparare a un nuovo scostamento di bilancio.
I Cinque stelle hanno presentato su questo un ordine del giorno approvato da tutta la maggioranza. «Dobbiamo subito rimetterci al lavoro per assicurare ristori e aiuti alle categorie colpite dalle nuove limitazioni legate alla crescita dei contagi Covid. Inoltre occorre intervenire di nuovo su fronte del caro energia», ha detto il capogruppo grillino Davide Crippa, secondo cui servono «interventi strutturali, altrimenti per molte famiglie e imprese sarà molto difficile reggere l’urto degli aumenti».
L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) ha fatto sapere ieri che dal 1 gennaio l’aumento della bolletta dell’elettricità per la famiglia tipo in tutela sarà del +55%, per quella del gas del +41,8%. Senza gli interventi del governo, gli incrementi sarebbero stati del +65% e +59,2%. Ma i 3,8 miliardi di euro stanziati nella legge di bilancio, seppure siano il doppio della cifra iniziale, non bastano.
È su questo fronte che il presidente del Consiglio Mario Draghi fatica di più a trovare una soluzione. Una strategia comune europea ancora non si vede all’orizzonte. In queste ore, racconta La Stampa, i contatti fra il premier e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani sono frequenti. Draghi ha sul tavolo tre opzioni: continuare a battere i pugni ai tavoli comunitari, fare pressione su Washington perché si sblocchi l’avvio del gasdotto Northstream 2, aumentare la produzione interna di idrocarburi.
Secondo le stime in possesso di Cingolani, gli ultimi aumenti delle tariffe faranno lievitare il costo complessivo per famiglie e imprese di 15 miliardi. Finora Draghi dai partner europei ha ottenuto ben poco. Ha lanciato l’idea di acquisti comuni per calmierare i prezzi, trovandosi davanti il muro dei tedeschi e dei nordici. Ha provato almeno a ottenere il sì a scorte comuni, accettato solo su base volontaria. La prossima mossa sarà chiedere la riduzione delle imposte, regolate da accordi europei.
Uno dei problemi è l’atteggiamento americano nei confronti del gasdotto Northstream 2, pronto per trasportare il gas russo in Europa attraverso la Germania senza passare dai confini ucraini. Il gasdotto, uno dei tanti strumenti in mano russa per rafforzare la dipendenza energetica europea, è pronto per funzionare. Manca il sì di Berlino alle ultime autorizzazioni, ma il via libera di fatto è bloccato dal veto americano che spera così di contenere l’escalation della crisi con Kiev.
E in questo contesto, la forza di Putin è alimentata da un sistema di prezzi che fa dipendere gli aumenti dell’elettricità anzitutto da quelli del gas. E così, come ha spiegato qualche giorno fa Draghi, capita di scoprire che produttori di energia idroelettrica aumentano le tariffe come se nel frattempo si fosse prosciugata l’acqua nelle dighe.
In momenti come questi a fare la differenza è la capacità di produrre in autonomia. In Italia, oltre che dal gas russo e ucraino, le forniture dipendono da Libia e Algeria, due Paesi dove la pace non regna quasi mai. Cingolani vorrebbe per questo aumentare la produzione nazionale dagli attuali quattro miliardi di metri cubi di gas l’anno ad almeno otto. Per farlo, occorre trivellare di più nei giacimenti in Basilicata e nell’Adriatico settentrionale. Trivellazioni contro le quali si è sempre schierato il Movimento Cinque Stelle.