«Questo Paese non ha bisogno di conflitti, ma di responsabilità, è il momento di lavorare insieme per ricostruire, il valore fondante deve essere la coesione sociale». Lo dice al Corriere il segretario della Cisl Luigi Sbarra dopo l’incontro tra i sindacati e il premier Mario Draghi che ha dato l’avvio al cantiere delle modifiche alla Riforma Fornero sulle pensioni. Insieme a Sbarra, c’erano i leader sindacali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, con cui si è consumato lo strappo sullo sciopero generale del 16 dicembre.
«La lacerazione di questi giorni è stata profonda, ma sulle pensioni siamo partiti dalla piattaforma unitaria presentata mesi fa al governo e sulla quale lo stesso premier più volte ha promesso il confronto», dice Sbarra. «L’elaborazione unitaria resta il nostro riferimento importante. Discutere oggi di pensioni significa affrontare il tema della coesione sociale realizzando un patto tra generi e generazioni, tra genitori e figli». Certo, con le altre sigle – aggiunge – «dobbiamo fare chiarezza su obiettivi e contenuti e sul modello sindacale per questo Paese. Per la Cisl valgono parole come responsabilità, pragmatismo, riformismo vero e autonomia dai partiti. Non serve un sindacato ideologico che si pone sul terreno del massimalismo e del radicalismo. Ora è il tempo di lavorare insieme».
L’incontro di ieri a Palazzo Chigi, intanto, sancisce la disponibilità del governo a rivedere le regole di uscita dal mondo del lavoro e a introdurre nuovi strumenti nel sistema previdenziale. «È stato un incontro molto importante e positivo», commenta Sbarra.
Draghi chiede soluzioni sostenibili, che non mettano a rischio le pensioni nel medio termine, e nell’ambito di un modello incardinato sul meccanismo contributivo. I tavoli di confronto su cui lavorare dal mese di gennaio saranno tre e riguarderanno la flessibilità in uscita, la previdenza per i giovani e le donne e la previdenza complementare. Il calendario degli incontri con i sindacati sarà comunicato già oggi. Secondo la posizione illustrata da Palazzo Chigi, le uscite anticipate sono possibili solo se non portano a una crescita della spesa pubblica. Per cui la condizione primaria è il ritorno al sistema contributivo pieno per tutti: si va in pensione con quanto si è versato. Ma su questo i sindacati sono del tutto contrari: secondo le previsioni della Cgil, un ricalcolo contributivo puro produrrebbe un taglio che potrebbe arrivare fino al 30% dell’assegno lordo.
«Nei prossimi giorni verrà definito un cronoprogramma di incontri con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e i ministri Franco, Orlando e Brunetta: è importante che il negoziato si svolga con il coordinamento della presidenza del Consiglio», sottolinea Sbarra. «La trattativa deve portare ad una riforma strutturale, non servono provvedimenti di breve periodo».
Secondo Sbarra, serve un patto tra generazioni: «Va affermato il principio per cui le pensioni non sono un mero costo né, peggio, un lusso, ma il giusto riconoscimento a una vita di lavoro. Ma devono anche diventare l’architrave tra generazioni, il ponte che dà dignità alla terza età e aiuta a sbloccare il turn over e dà nuova linfa al mondo del lavoro: pensioni e lavoro stabile sono due facce della stessa medaglia».
La partenza del tavolo è la «revisione della legge Fornero. Superare le rigidità di quel sistema affrontando le priorità: pensioni contributive di garanzia per giovani e donne intrappolati da carriere lavorative precarie e discontinue per evitare che lavoratori poveri oggi diventino pensionati poverissimi domani: riconoscimento di periodi di formazione e disoccupazione involontaria, lavoro di cura per le famiglie. Servono incentivi per l’adesione alla previdenza complementare per aiutare le persone a costruire la seconda gamba previdenziale privata».
I sindacati chiedono anche di abbassare l’età pensionabile. «Noi chiediamo l’uscita a 62 anni o con 41 anni di contributi», spiega Sbarra. «Poi l’Ape sociale deve diventare strutturale ed essere allargata ad altre mansioni, per edili e lavoratori agricoli l’età contributiva deve ridursi da 36 a 30 anni. L’età dei lavoratori è anche un fattore di rischio. Come si può chiedere ad un 67enne di stare su un ponteggio agricolo? Abbiamo 100 morti per incidenti sul lavoro al mese, bisogna ridare dignità al lavoro».
Ma il faro del governo resta il costo del sistema previdenziale. Gli ultimi dati arrivati dalla Ragioneria generale dello Stato parlano di un tasso della spesa per le pensioni che quest’anno e nel 2020 è stato superiore al 2011, prima del varo della riforma Fornero. Insomma, i termini sono tutti da stabilire. E molto si giocherà sul livello delle penalizzazioni per chi andrà in pensione prima.