La candidatura di Silvio Berlusconi per il Quirinale è sempre più appesa a un filo. A una settimana dalla prima chiama, il leader della Lega Matteo Salvini mette il Cavaliere di fronte a un bivio imposto dai tempi: o chiarisce entro domenica che ha i numeri o lunedì, quando si comincia a votare, «la Lega, come forza responsabile e di governo, farà una proposta che potrà essere convincente per tanti se non per tutti».
Una scadenza che non coincide con i piani del Cavaliere, che avrebbe intenzione di scendere in campo alla quarta votazione una volta sondato il terreno, e non alla prima chiama. «Sarebbe un suicidio», ripetono da Forza Italia. Per il leader della Lega, però attendere è troppo rischioso.
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, lo spiega alla Stampa: la strategia di Berlusconi rischia di far arrivare il centrodestra impreparato alla quarta votazione, facendo un regalo al centrosinistra.
«Siamo in una fase delicata e ogni frase può essere male interpretata, in base alle paure a la sentimento di ciascuno», spiega Molinari commentando le parole di Salvini. «È una frase a tutela di Berlusconi. Abbiamo detto che se il Cavaliere dovesse sciogliere le riserve noi saremmo leali e riteniamo che lo debba essere il centrodestra. Ma abbiamo un vantaggio che non si può disperdere e dobbiamo verificare se ci sono i numeri fuori dal nostro perimetro». Secondo il deputato, alla quarta votazione «bisogna arrivare preparati. Berlusconi, per il carisma e il peso della sua candidatura, ha tutto l’interesse a non presentarsi alla conta se non abbiamo buone sensazioni sui numeri».
Nell’attesa, la Lega cerca un altro nome di consenso. Molinari spiega: «Se il piano Berlusconi dovesse fallire per qualche ragione, qualora non ci fossero i numeri, non possiamo permetterci che la palla passi al centrosinistra, ma dobbiamo trovare un nome all’interno del centrodestra e proporlo agli altri».
Ma il piano B è un tabù per Forza Italia. Molinari precisa che «per ora c’è il piano A che è Berlusconi, ma il centrodestra non può regalare la presidenza della Repubblica al centrosinistra. Credo che il Cavaliere sia d’accordo». E «se non si pensa a qualche altro nome il rischio esiste».
Ma «qualunque altro nome deve essere condiviso dal centrodestra. Salvini si può prendere la responsabilità di farlo perché è il leader della coalizione».
Molinari spiega che «non abbiamo avuto il mandato di fare campagna acquisti sui singoli parlamentari. Io e Massimiliano Romeo abbiamo il compito di tenere serrato il centrodestra».
Ma nessuno scossone all’esecutivo, precisa: «Il governo Draghi nasce per gestire l’emergenza nazionale e se l’emergenza prosegue il garante, cioè il presidente del Consiglio, deve andare avanti. Per dare più forza al governo la Lega ha proposto l’ingresso dei leader».
L’idea del governo dei leader, a cui ha aperto anche Matteo Renzi, potrebbe essere la prima mossa di una strategia che punta a costruire la campagna elettorale perfetta per il 2023 – spiega La Stampa. Salvini, dopo l’elezione del Capo dello Stato, vorrebbe per sé il ministero dell’Interno. Questo non significa che per forza dovrà essere lui a guidarlo, ma il Viminale deve tornare a essere il perno della sua narrazione sulla sicurezza che, come avvenuto nel 2019, gli permetterà di risalire i sondaggi e sfidare Giorgia Meloni.
Ma dall’osservatorio della presidenza del Consiglio si intravede anche altro nelle parole di ieri di Salvini. Il segretario della Lega – questo è il ragionamento – non si fida del presidente di Forza Italia e teme le manovre del suo braccio destro Gianni Letta, ricevuto dal capo di gabinetto del premier. Salvini non crede nei numeri di Berlusconi e si è convinto che al momento giusto gli sfilerà il ruolo di kingmaker mettendo i suoi voti a disposizione di Draghi, o di Sergio Mattarella, per il bis, come sperano ai vertici del Pd.
Domani o giovedì, i leader del centrodestra torneranno a incontrarsi a Villa Grande. È in quella sede che si dovranno fare le verifiche dei voti che i berlusconiani avrebbero raccolto tra altri gruppi.