Stallo sul QuirinaleIl no di Conte, Berlusconi e Salvini per Draghi al Colle, ma il premier ragiona sui tecnici che potrebbero sostituirlo

Salta il vertice del centrodestra con la retromarcia del Cavaliere e la ricerca di un nome condiviso diverso dal presidente del Consiglio. Nel centrosinistra si cerca un candidato condiviso. Ma intanto l’ex banchiere avvia le “consultazioni” per un eventuale nuovo governo

LaPresse

Faccia a faccia, telefonate, messaggi. Ma a quattro giorni dalla prima chiama del 24 gennaio, le trattative sul Quirinale sembrano entrate in una fase di stallo. E l’ascesa del premier Mario Draghi al Colle è di nuovo rimessa in discussione, quando invece sembrava che le quotazioni fossero in risalita.

Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza si sono incontrati ieri a casa del presidente del Movimento Cinque Stelle. E il vertice si è concluso con un tweet condiviso: «Ottimo incontro. Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un presidente autorevole, in cui tutti possano riconoscersi. Siamo aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. Tutti abbiamo il dovere della responsabilità», scrivono i tre in un messaggio identico. Ma non si fanno nomi. Conte avrebbe insistito sulla necessità di «trovare un nome alternativo» perché, avrebbe spiegato l’ex presidente del Consiglio, è «opportuno che Mario Draghi resti alla guida di Palazzo Chigi, senza di lui è difficile che il governo regga».

Nel centrodestra, il vertice che era stato annunciato per oggi o domani non si terrà sicuramente in giornata e forse nemmeno in settimana, nonostante Matteo Salvini giuri di sì. In evidente difficoltà sui numeri, Silvio Berlusconi per il momento si ritira dalla corsa e insieme verrà scelto un candidato gradito anche a Salvini. Che però non sarà il presidente del Consiglio Mario Draghi.

L’intesa tra Forza Italia e Lega, qualora funzionasse, rischierebbe così di disfare la tela tessuta da Enrico Letta intorno al nome di Draghi. Per il Pd non è l’unica opzione possibile. Il segretario Dem preferirebbe di gran lunga il bis di Sergio Mattarella. Ma, è questo il ragionamento emerso al tavolo giallorosso, più Berlusconi rimane in campo, più l’ascesa dell’ex banchiere appare come la chiave più idonea per blindare, dal Colle, la prosecuzione della legislatura. Sempre che, ovviamente, non spunti fuori una figura terza capace di mettere d’accordo tutti: centrosinistra e centrodestra.

Il premier, intanto, si mantiene ufficialmente fuori dai radar e continua a lavorare al provvedimento contro il caro energia atteso oggi in consiglio dei ministri. Anche se eviterà quasi certamente la conferenza stampa – spiega Repubblica. Da giorni, però, si muove ricevendo ministri o personalità fondamentali per gli equilibri parlamentari. Non solo Lorenzo Guerini e Roberto Fico. Il dialogo con Giancarlo Giorgetti è diventato nelle ultime ore ancora più intenso. Quello con Luigi Di Maio pure. Ieri è stata la volta di Daniele Franco. Come se non bastasse, il capo dell’esecutivo si prepara a ricevere i leader politici.

Perché lavorare all’ascesa di Draghi al Quirinale significa prima di tutto spendersi per organizzare un governo che eviti il voto anticipato. L’opzione di un tecnico sarebbe la preferita dal premier. In cima c’è il ministro dell’Innovazione Vittorio Colao. Ma anche Daniele Franco e Marta Cartabia. Nelle ultime ore è stata ipotizzata anche una soluzione completamente diversa: un esecutivo guidato dall’attuale capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) Elisabetta Belloni. Ieri il premier ha incontrato anche Filippo Patroni Griffi, presidente uscente del Consiglio di Stato.

Questi incontri però mandano in agitazione i partiti. Ma Draghi cerca di creare le condizioni politiche per superare queste perplessità. Serve un premier, allora, e c’è bisogno di concordare uno scheletro di esecutivo prima di sottoporre al Parlamento la candidatura di Draghi al Colle. Per questo, è fondamentale comprare tempo. Allora si ipotizza l’elezione di Draghi possibilmente dalla quarta votazione, quando basteranno 505 grandi elettori e a quel punto servirebbero oltre 300 franchi tiratori per affossare Draghi nelle urne.

Ma il vero rebus resta il nuovo governo.

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