«Berlusconi non ha chance di essere eletto presidente della Repubblica, ma di sicuro ha messo nel sacco Salvini e Meloni». Roberto D’Alimonte, politologo e docente della Luiss, dice alla Stampa che la mossa del Cavaliere è una «machiavellica pantomima» per tornare centrale nello scacchiere politico. «Non ho la certezza che dietro la sua auto candidatura al Quirinale ci sia un altro disegno, chi conosce Berlusconi più di me dice che ci creda veramente. Però lui può dire “io ci provo, se non va mi ritiro e gioco l’altra partita”, quella del king maker. Così cade comunque in piedi».
Sul Sole 24 Ore, D’Alimonte ha scritto che il blocco del centrodestra dispone di 419 voti tra deputati e senatori, mentre il centrosinistra ne ha 438. Ma allora perché Enrico Letta e Giuseppe Conte hanno subìto la teoria che la proposta sul successore di Mattarella spettasse al centrodestra? «Salvini ha usato questo argomento riferendosi al risultato delle elezioni del 2018, quando la sua coalizione prese più seggi del centrosinistra e del Movimento 5 stelle», risponde. «Ma ha senso nel caso del presidente della Repubblica rivendicare quel primato? O non ha invece più senso guardare qual è la composizione del Parlamento oggi, dove peraltro Pd e Movimento Cinque Stelle sono alleati».
Il centrodestra ha la maggioranza dei grandi elettori. Su 58, 33 sono del centrodestra e 25 del centrosinistra. «Quindi la sinistra è avanti 463 a 452», dice il professore.
Ma a questo calcolo si arriva contando Renzi nel centrosinistra. «Sono sicuro che né lui né i renziani voterebbero Berlusconi», dice D’Alimonte. «Forse, alcuni parlamentari di Italia viva potrebbero convergere su un altro candidato del centrodestra, ma certamente non Berlusconi».
A conti fatti, a Berlusconi mancano quindi «53 voti che sono tantissimi, perché nei 94 parlamentari che mancano all’appello quelli veramente contendibili sono una sessantina. Alla fine gliene mancheranno 80-90, forse anche di più a causa delle defezioni». Soprattutto se si tiene conto che «la candidatura di Berlusconi è stata imposta, è frutto di un ricatto nei confronti della Lega e di Fratelli d’Italia, perciò ci sono tanti mal di pancia».
Secondo D’Alimonte, «Berlusconi con il suo 7-8% detiene un potere di ricatto fortissimo su due argomenti: il primo è la legge elettorale, perché a lui va bene sia il proporzionale che il maggioritario. Oggi in Parlamento c’è tanta voglia di proporzionale e se viene fatta una riforma in questo senso Salvini e Meloni non vinceranno le prossime elezioni politiche. Il secondo punto è questo: se Salvini e Meloni non avessero accettato la candidatura di Berlusconi, lui avrebbe potuto scegliere il presidente della Repubblica insieme al Pd. Ha un grande potere e quel 7-8% di Forza Italia dentro la coalizione è strategico. Salvini e Meloni sono in difficoltà, per questa ragione ci saranno delle defezioni».
E se l’ex premier si ritira, Salvini sta provando a fare da king maker. «Ha detto che lui farà una proposta. Se ha firmato un patto pochi giorni fa per dire “Berlusconi è il nostro candidato”, e poi due giorni dopo annuncia “una proposta convincente”, ha capito che è stato messo ai margini e vuole riacquistare la leadership del centrodestra. Salvini è in difficoltà e si barcamena, vorrebbe riprendersi il pallino».
Ma la verità, spiega D’Alimonte, è che «Salvini non è riuscito a sloggiare Berlusconi dalla posizione di cerniera tra la destra e il centro perché non ha completato la metamorfosi della Lega. È passato da essere partito regionale a nazionale, ma il Carroccio doveva diventare da populista a partito dei moderati: in questo modo avrebbe fatto veramente fuori Berlusconi. E invece questa seconda metamorfosi è rimasta a metà strada. Così Berlusconi ha ritrovato una centralità con il suo pacchettino di voti moderati».
Ma alla fine, Berlusconi «non andrà allo sbaraglio nel momento in cui si renderà conto che non ha i voti. Ci può stare che appoggi Draghi al momento del ritiro, però non ho nessuna certezza».
Resta da capire ora cosa farà Silvio Berlusconi, se e quando ritirerà la sua candidatura al Colle. Poi si apriranno le uniche strade che i leader e i parlamentari considerano possibili: Draghi al Colle, il Mattarella bis o un candidato di centrodestra.