Un ritiro per motivi di salute? «Ma assolutamente no». Antonio Tajani, vicepresidente e coordinatore di Forza Italia, sul Corriere nega che la rinuncia alla candidatura al Quirinale da parte di Silvio Berlusconi sia dovuta a problemi di salute del Cavaliere o a dubbi sui numeri. «La sua è stata solo una scelta nell’interesse dell’Italia. Un grande atto di generosità», dice.
Mentre il Cavaliere è ricoverato all’ospedale San Raffaele per dei controlli di routine, Tajani spiega che «Berlusconi da tempo si sottopone a check-up generali dopo l’operazione al cuore e il Covid che l’ha colpito, è una questione di precauzione. Ma mai nessuno dei medici che lo seguono lo ha sconsigliato a intraprendere la corsa o considerato inidoneo ad assumere l’incarico. Non c’è alcuna malattia in corso, non ci sarebbe stata alcuna controindicazione se avesse sciolto la riserva e fosse diventato capo dello Stato».
Sulla mancata discesa i campi – dice Tajani – non contano neanche i numeri ballerini. «I numeri c’erano. Non posso dire nomi e cognomi o svelare trattative, ma c’era la ragionevole aspettativa che anche molti esponenti del fronte avversario lo avrebbero votato».
E quindi perché il passo indietro, dopo ben dieci giorni di attesa che per alcuni avrebbero indebolito non solo la sua figura, ma anche le chance del centrodestra? «Il tempo è stato necessario perché la proposta è arrivata dagli alleati e andava seriamente considerata visto che lui è il candidato del centrodestra più autorevole, perché ha avuto il sostegno esplicito del Ppe, quello di moltissimi cittadini e anche di esponenti di peso avversari con cui ci sono stati dei colloqui riservati. Sono stati tanti gli attestati di stima, gli inviti ad andare avanti. Era giusto che Berlusconi si prendesse tempo per riflettere».
Ma, alla fine, «ha prevalso l’interesse generale. Berlusconi non voleva divisioni, non voleva che il suo nome diventasse oggetto di scontro. Ha sempre collaborato perché fosse fatto il bene del paese, più volte si è messo a disposizione rinunciando all’interesse personale per quello collettivo. E anche stavolta si è mosso da uomo di Stato, come sempre ha fatto e come gli è stato riconosciuto. La sua è stata una lezione a tutti di attaccamento all’Italia e alle istituzioni».
E ora che succede? «Ha tutte le intenzioni di giocare con gli alleati la partita. E quello che pensa, che pensiamo tutti in Forza Italia, è che sia un nostro diritto proporre nomi di area di centrodestra».
A Enrico Letta che già dice che candidature di centrodestra «farebbero la stessa fine di quella di Berlusconi», Tajani risponde: «Dichiarazione inaccettabile. Non è pensabile che esista un veto a nomi della nostra area, come fossimo cittadini di serie B e non i rappresentanti della maggioranza degli italiani. Abbiamo esponenti di alto livello, istituzionali, persone capaci, non può esistere un veto verso una parte politica, che noi nei loro confronti mai abbiamo messo. È un discorso che viola il princìpio della democrazia, un concetto illiberale. Non è tollerabile».
Ora, dice Tajani, «noi proporremo i nostri nomi e ci confronteremo, perché non siamo noi ad aver mai detto no al confronto. È chiaro che nessuno è certo di portare a casa un risultato, ma è inaccettabile che ci si neghi di fare le nostre proposte». «Noi proporremo un presidente di centrodestra, una rosa, e da qui vogliamo partire. Il resto si vedrà solo dopo, eventualmente».
E sul passaggio del presidente del Consiglio al Quirinale, «noi non mettiamo veti, ma diciamo che Draghi sta bene dove sta, perché è l’unico che può tenere assieme una maggioranza tale da reggere un governo di unità nazionale, indispensabile per affrontare pandemia, crisi economica e tener fede agli impegni previsti dal Pnrr. Serve un premier in carica fino a fine legislatura, e lui è l’unico che può farlo».