Sui bonus fiscali legati all’edilizia, le regole anti-frodi erano carenti. Lo dice al Messaggero Claudio Clemente, direttore dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia. Di fatto ripetendo quello che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha sostenuto durante l’ultima conferenza stampa.
La stima è che nel mercato della della cessione dei crediti da bonus ci siano truffe per oltre 4 miliardi di euro. «Stiamo drogando l’edilizia», ha detto anche il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti nel fine settimana. Provocando la levata di scudi del Movimento cinque Stelle.
«Le operatività sospette segnalate all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia relative alle cessioni di crediti fiscali previste dal Decreto Rilancio hanno fatto emergere problematicità soprattutto per i crediti collegati a interventi astrattamente rientranti nelle agevolazioni ma mai avviati», conferma Clemente.
Ma perché si è rivelato così semplice frodare il fisco? «Le attività fraudolente hanno sfruttato la circostanza che, per consentire il pronto conseguimento del beneficio, i crediti in questione sono stati resi immediatamente cedibili e monetizzabili senza quelle formalità previste in analoghi contesti», risponde. «All’inizio le norme consentivano le cessioni di crediti di imposta senza limiti anche nei confronti di soggetti non obbligati all’adozione di specifici presidi di prevenzione. Questo può avere influito negativamente sul pieno dispiegarsi delle procedure di controllo».
Clemente parla di «debolezze». E, aggiunge, «non si spiegherebbero altrimenti i casi di frode oggetto di indagine da parte delle autorità inquirenti. L’apparato per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, che coinvolge molti degli attori che operano su questo mercato, dovrebbe rappresentare un punto di forza per il contenimento dei rischi. Lo dimostrano le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse alla Uif e gli esiti degli approfondimenti svolti, anche in collaborazione con le autorità inquirenti. Gli anelli deboli possono annidarsi dove mancano questi presidi».
E i «presidi» sono mancati in diverse parti della catena. Per esempio, prosegue, «la presenza di soggetti non ricompresi nell’apparato antiriciclaggio è un fattore che può influire sulla permeabilità del mercato a rischi connessi a crediti inesistenti o al reimpiego in fase di acquisto di capitali di origine illecita. È positivo che, dal novembre scorso il legislatore abbia rafforzato i controlli preventivi e fatto esplicito riferimento agli obblighi antiriciclaggio».
«Le segnalazioni sono arrivate perlopiù da intermediari bancari e finanziari e hanno riguardato operazioni per un controvalore particolarmente significativo», spiega Clemente. «Dalle nostre evidenze emergono casi di operatori privi di strutture organizzative idonee allo svolgimento di un’attività economica effettiva, con caratteristiche non adeguate rispetto ai lavori o alle forniture che sarebbero stati incaricati di eseguire, nonché cedenti di crediti anche di elevato valore quasi o del tutto privi di redditi, irreperibili o domiciliati presso centri di correzione e accoglienza».
Clemente valuta positivamente gli interventi del governo con i due decreti contenenti norme anti-frode. «Si tratta di norme incisive», dice. «Il primo intervento ha stabilito che i destinatari degli obblighi antiriciclaggio che intervengono nella cessione del credito non procedono alla relativa acquisizione in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti per la segnalazione di operazioni sospette alla Uif ovvero quando non è stato possibile effettuare l’adeguata verifica del cliente con il conseguente obbligo di astensione dall’effettuare l’operazione. Questa previsione ha quindi dato risalto alla valenza di controllo preventivo derivante dall’adempimento degli obblighi antiriciclaggio. L’intervento più recente ha introdotto limiti al numero di cessioni di crediti con l’intento di impedire per il futuro le cessioni multiple, spesso messe a punto per dissimulare l’origine effettiva dei crediti, giungere alla monetizzazione degli stessi e alla distrazione della provvista ottenuta».
La possibilità di frodi connesse alle cessioni di crediti fiscali può essere contenuta assicurando che «ogni cessione sia adeguatamente presidiata con le attività di prevenzione del riciclaggio, che non costituiscono del resto un orpello burocratico ma una concreta opportunità per salvaguardare l’integrità degli operatori e del mercato», aggiunge.
Già a febbraio dello scorso anno, in realtà, l’Uif aveva emanato una circolare per alzare l’attenzione sulle possibili frodi. Si parla per esempio di grande attivismo delle cosche e della mafia. «E stiamo valutando di fornire ulteriori indicazioni sui rischi connessi all’attuazione del Pnrr», aggiunge Clemente. Perché la prossima preoccupazione è proprio il Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Dobbiamo prevenire o intercettare possibili fenomeni di riciclaggio e infiltrazioni criminali collegati alla realizzazione del Piano, che vede in prima linea gli uffici della pubblica amministrazione, pure tenuti ad obblighi di comunicazione di operazioni sospette».