Per ottenere dall’Unione europea la seconda tranche dei finanziamenti da 24,1 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono 45 obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno. Oggi, come richiesto dal premier Mario Draghi, in consiglio dei ministri si farà la verifica dello stato di avanzamento di progetti, riforme e investimenti per ciascun ministero.
Mancano ancora cinque mesi ma gli obiettivi sono complessi. E al momento solo due scadenze su 45 sono state già raggiunte e archiviate. In totale per l’anno sono 102 i traguardi da conseguire. Con diverse fasi di sviluppo e il coinvolgimento, in molti casi, non solo di più ministeri, ma anche di enti locali e aziende private. Senza dimenticare che – come messo in evidenza dai comuni – servono tecnici specializzati per realizzare bandi e investimenti. La riforma per velocizzare i concorsi c’è, ma mancano ancora i decreti attuativi. E poi ci sono riforme già avviate, in primis quella sulla giustizia, che devono essere portate a termine.
Il rischio è di perdere la nuova rata da 24,1 miliardi, tra sovvenzioni e prestiti, mentre è ancora in corso la verifica da parte dell’Ue su quella di importo analogo relativa ai target di dicembre 2021. Le verifiche europee sono programmate di semestre in semestre, mentre nel piano nazionale alcune azioni sono programmate anche con un termine trimestrale.
Gli obiettivi già centrati – spiega Il Messaggero – riguardano la semplificazione e il rafforzamento della governance per gli investimenti nell’approvvigionamento idrico (di competenza del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili) e quelli per i progetti di rigenerazione urbana (di competenza del ministero dell’Interno). Il Mims ha annunciato di aver portato a casa anche la riforma relativa alla semplificazione delle procedure per la pianificazione strategica portuale.
Tra le riforme, c’è quella cruciale degli appalti, a cui lavora direttamente il segretariato generale della presidenza del Consiglio dei ministri. Ma il carico più pesante è quello in capo al ministero della Transizione ecologica di Roberto Cingolani, che ha ben 11 traguardi da centrare. Una riforma decisamente complessa è quella che riguarda il programma nazionale di gestione di rifiuti: è in corso una verifica preliminare che dovrebbe concludersi a marzo, per poi permettere l’adozione del programma che prevede anche un investimento da 1,5 miliardi relativo alla realizzazione di nuovi impianti (a partire dal 2023). Andrà poi risolta la questione dell’idrogeno, con l’aggiudicazione degli appalti pubblici relativi alla ricerca e l’entrata in vigore degli incentivi fiscali.
Sei scadenze sono del ministero della Salute, dal ridisegno della rete di assistenza territoriale alla digitalizzazione degli ospedali. E qui ci sono vedute divergenti tra ministero e Regioni.
Cinque invece i traguardi con cui si devono confrontare sia il ministero dello Sviluppo economico – dal sostegno alle start up all’investimento in rinnovabili e batterie – sia quello della Cultura. Il ministero dell’Istruzione dovrà ottenere invece l’approvazione della riforma del reclutamento e della carriera degli insegnanti, molto delicata anche sul fronte sindacale, e avviare gli investimenti di Scuola 4.0.
Una sola scadenza, ma pesante, per il ministero della Transizione digitale: ci sono da aggiudicare entro giugno tutti gli appalti per i progetti di connessione veloce. Da solo, il dicastero guidato da Vittorio Colao dovrà gestire 16 miliardi di euro.
Dovranno poi essere avviate le procedure di assunzione per i tribunali amministrativi, con il coinvolgimento del Consiglio di Stato. E nel secondo semestre sono attese la contestata legge sulla concorrenza e ci sono da aggiudicare tutti gli appalti per la costruzione della ferrovia ad alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania. È ora di correre. E non è esclusa l’ipotesi che, se i ministeri dovessero registrare ritardi eccessivi, Palazzo Chigi possa commissariarli prendendo direttamente in mano i dossier.