La missione a Mosca di Mario Draghi, per il momento, è stata congelata. Se il presidente del Consiglio andrà al Cremlino nei prossimi giorni dipenderà anche dagli sviluppi delle prossime ore e dalle mosse ulteriori dell’esercito russo. Intanto il capo del governo ieri ha condannato con fermezza le decisioni di Putin, parlando di «inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale dell’Ucraina», ricordando che «la via del dialogo resta essenziale, ma stiamo già definendo nell’ambito dell’Unione europea misure e sanzioni nei confronti della Russia». E oggi in Senato si terrà l’informativa del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Ieri Draghi ha avuto un colloquio con il presidente francese Emmanuel Macron, che a sua volta ha sentito anche gli altri leader europei. Non è un escluso un nuovo Consiglio europeo straordinario. E la prossima settimana il capo del governo riferirà in Parlamento sulla crisi ucraina. Mentre il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui Servizi, ha rinnovato l’invito a Draghi di intervenire in audizione.
Al Corriere parla anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. «La violazione dell’integrità territoriale di un Paese non è accettabile e costituisce una minaccia alla pacifica convivenza di popoli e Stati. Il riconoscimento da parte della Russia delle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk, oltre a violare gli accordi di Minsk, mette a rischio gli sforzi per risolvere il conflitto», dice. «La Nato e l’Unione europea hanno lavorato e continuano a lavorare incessantemente per una soluzione politica. Per giorni abbiamo atteso che alle parole russe sulla de-escalation seguissero i fatti. I fatti, purtroppo, sono andati nella direzione opposta. Continuiamo, però, a ritenere che la via diplomatica sia la strada maestra. Questo non significa che non occorra una risposta ferma».
Gli strumenti usati finora sono due, dice il ministro: sanzioni e schieramento di truppe e mezzi. «La coesione che abbiamo dimostrato fino ad ora è necessario che si confermi sia a livello di Unione europea con il sistema delle sanzioni, che a livello Nato attraverso il mantenimento degli strumenti di deterrenza», spiega. «Strumenti a cui anche l’Italia contribuisce con le attività sul terreno dei nostri militari in Lettonia, con l’air policing in Romania, con la sorveglianza marittima nel Mediterraneo orientale e con le ulteriori misure di innalzamento della prontezza operativa che in queste settimane sono state implementate. Misure che, ancora una volta, vanno intese come lo stimolo a un vero confronto costruttivo. Proprio questo è il senso della deterrenza: esortare la Russia a non alimentare il conflitto e scegliere la via della diplomazia».
Guerini è cauto a parlare della vigilia di una terza guerra mondiale. «Faccio mie le parole del segretario generale della Nato: continuiamo a chiedere alla Russia di fare un passo indietro e impegnarsi in buona fede a contribuire a una soluzione politico-diplomatica. Nella convinzione che, nonostante declamate nostalgie imperiali, una escalation della situazione non sia utile a nessuno, in primis alla Russia».
L’Alleanza Atlantica, dice il ministro della Difesa, «è e rimane un’organizzazione difensiva, non intende utilizzare la chiave del confronto militare ma, ancora una volta, perseguire la via della politica. In tal senso ricordo che la Nato, nelle sue interlocuzioni con Mosca delle scorse settimane, aveva manifestato la propria disponibilità a riaprire un confronto trasparente anche sul tema della non proliferazione degli armamenti, dimostrando di voler coinvolgere la Russia nell’aggiornamento della strategia di sicurezza europea. Di certo, minacce o azioni contro la sovranità territoriale di altri Stati non sono il viatico migliore per affrontare un dialogo veramente costruttivo».
E sulla risposta tramite le sanzioni, dice: «Devono essere vere e realmente efficaci e le decisioni assunte ieri vanno in questa direzione. E passa attraverso una concreta solidarietà all’Ucraina e al suo popolo, che l’Italia, come ha detto il ministro Di Maio, intende sostenere anche dal punto di vista finanziario».
Ma «non c’è nessuna esitazione da parte dell’Italia, anzi vi è piena adesione alle scelte che tutti insieme a livello europeo stiamo contribuendo a realizzare. Certo, il tema dell’energia è un tema importante per i cittadini ed è giustamente considerato con la massima attenzione da noi e dai nostri partner, ma questo non rappresenta sicuramente un freno alla fermezza con cui dobbiamo affrontare questa crisi. Ciò detto, si impone una riflessione sul più ampio concetto di sovranità nazionale, che riguarda diversi settori strategici, tra cui quello dell’energia. Per questo, non a caso, alcune delle nostre missioni internazionali hanno come focus anche la sicurezza delle linee di approvvigionamento energetico».