AbruzzəLa marziana di Pescara, la petizione contro lo schwa, e la erre moscia di famiglia

Il tempo che da piccola passavo a cercare parole senza la “r” che non sapevo pronunciare è lo stesso che impiegherei ora a formulare frasi tese a evitare il genere. E penso a quando non ci parleremo più per non offenderci, pure tra familiari. Che sollievo

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«Oggi un marziano è sceso con la sua aeronave a Villa Borghese, nel prato del galoppatoio»: il marziano in realtà è una signora sui 65 anni, viene da Pescara, e al suo arrivo una folla di bambini e bambine e donne deluse e uomini incompresi le chiedeva di insegnare loro a pronunciare lo schwa che, come apprendo dalla petizione su change.org, «trasformerebbe l’intera penisola, se lo adottassimo, in una terra di mezzo compresa pressappoco fra l’Abruzzo, il Lazio meridionale e il calabrese dell’area di Cosenza».

I marziani, d’altro canto, conoscono perfettamente la questione meridionale. La signora abruzzese non capisce cosa sia questo schwa, lo pronuncia ma non lo capisce, e sembra mio figlio che non sa dire la erre, e mi commuove sempre quando mi dice: «Non so scrivere la erre perché non la so dire», e che concetto, signore mie. Ma allora perché non togliamo la erre, che così tante difficoltà crea nella mia famiglia, dall’alfabeto?

Io avevo l’erre moscia, era per me un grande motivo di vergogna, passavo molto tempo a immaginare frasi che non contenessero la erre e quindi non parlavo mai. Essendo nata scema, non ho scelto la via più giusta, ossia non parlare mai con nessuno, e che sogno, e che concetto pure questo, decisione per la quale ancora oggi mi maledico, ma mi misi a batter la lingua sul palato per anno, e sono guarita. La erre mi ha sempre offeso, e guardate voi che nemesi ho in casa. Maria Montessori la correggeva la erre? Oppure bisogna lasciare il bambino libero di esprimere il proprio potenziale anche se lo fa in maniera del tutto incomprensibile? È pure mancino, la mano gliela taglio o siamo a posto così?

Il tempo che passavo a cercare parole senza la erre è lo stesso tempo che impiegherei ora a formulare frasi tese a evitare il genere. Cristiana De Santis ha scritto un articolo molto interessante sul portale Treccani riguardo alla famigerata petizione contro lo schwa. Metà di quello che c’è scritto non l’ho capito perché c’erano troppe erre e troppo metodo, ma c’è una riflessione che mi ha fatto dire «pericolosa deriva, ma mai quanto me»: «Non si tratta di mettere al bando sedicenti “esperimenti”, ma di valutarne le conseguenze quando le sperimentazioni escono dall’uso militante e della comunicazione scritta personale. Compromettendo i diritti delle minoranze meno rumorose, tra cui rientrano anche i minori che vorremmo formare a un dominio sicuro del codice scritto, oltre che a un immaginario ricco e non stereotipato».

Ma certo, qua si vuole fare in modo di crescere bambini che sanno scrivere ma che non sanno leggere, verrà inserito lo schwa in mezzo all’alfabeto, un segno che non sanno né pronunciare né leggere, come un sentimento, una bontà d’animo, una erre.

La nostra signora marziana di Pescara non si è mai posta il problema di avere un linguaggio inclusivo, la figlia che vive a Milano le scrive su whatsapp messaggi pieni di asterischi, e rovesciate, cancelletti, tutte cose che lei non riesce a leggere né a capire, e pensa spesso ai soldi che ha speso per farla studiare. La figlia marziana pensa che la madre sia una bigotta che non capisce i problemi delle minoranze, la mamma marziana pensa che la figlia abbia problemi col telefono nuovo.

È andata a finire che sono anni che non si parlano. Finirà così per tutti? Penso alle cose che non esisteranno più tra dieci anni, tra cui i ladri d’appartamento, che tra opere d’arte in NFT e bitcoin potranno comodamente rubare dal divano, penso all’esame di maturità che verrà sostituito da una dichiarazione di buone intenzioni, penso a quando non ci parleremo più per non offenderci, pure tra familiari, e sapete che sollievo. Saper scrivere senza imparare a leggere: pericolosa deriva o grande metafora?

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