La dottrina militare del CremlinoCome l’esercito russo sta attaccando l’Ucraina (e quanto resisteranno gli ucraini)

Niente guerra ibrida, assente (per il momento) l’aspetto cyber, improbabile l’impiego di armi atomiche. L’offensiva di Mosca è affidata alle forze di terra, che dovrebbe portare le maggiori perdite all’esercito ucraino. Un secondo imperativo del Cremlino è stabilire una supremazia informativa, per controllare il flusso di notizie e seminare incertezza nella popolazione

AP/Lapresse

Cecenia 2001, Georgia 2008, Donbass e Crimea 2014, Siria 2015, Kazakistan 2022: è dall’inizio del millennio che l’esercito russo è presente in una gran varietà di scenari diversi.

Nessuno di questi interventi è però paragonabile all’invasione lanciata dal Cremlino la scorsa notte, né per la scala operativa né per l’intensità dello scontro preannunciato. Anche per questo è difficile prevedere le modalità con cui le forze armate russe cercheranno di avanzare all’interno del territorio ucraino, né è ancora chiaro se Mosca voglia effettivamente installare un governo fantoccio e abbia l’obiettivo di far cadere il governo di Volodymyr Zelensky.

Tuttavia, gli interventi degli ultimi vent’anni – cosi come una stabile politica di modernizzazione delle forze armate da parte di Mosca – suggeriscono una serie di elementi utili per comprendere le prime fasi dell’invasione.

La dottrina russa: attacchi rapidi al fronte
Contrariamente all’opinione di alcuni analisti, la Russia non ha mai veramente creduto alla possibilità di prevalere attraverso una guerra ibrida, condotta cioè senza l’esercito regolare. Dalle pubblicazioni dei principali istituti militari russi, come l’Accademia delle Scienze Militari e il think tank TsVI-Gsh, e in particolare dai discorsi del capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, emerge un quadro piuttosto chiaro. L’utilizzo di mezzi politici, economici ed energetici è sempre stato ritenuto complementare alle operazioni di aeronautica, esercito di terra e marina.

Questa precisazione teorica è fondamentale perché contribuisce a capire la natura globale e di multidominio dell’offensiva russa.

Le operazioni militari sono accompagnate dall’imperativo di stabilire una supremazia informativa nelle aree di operazione, ponendosi quindi in condizione di controllare il flusso delle notizie e seminando incertezza fra alleati e popolazione ucraina.

Ciò che colpisce delle prime ore di scontri militari è la totale assenza dell’elemento cyber e la relativa integrità delle infrastrutture digitali di Kiev nelle retrovie. È ipotizzabile che i russi vogliano essere sicuri che il mondo (e l’Ucraina) sia ben consapevole di ciò che sta avvenendo e attribuiscono un alto impatto psicologico alle immagini dei confini travolti dall’invasore.

In ogni caso è altamente probabile che l’Ucraina subirà attacchi informatici nelle prossime ore, volti non tanto a mandare offline i siti del governo, quanto a danneggiare la rete elettrica e spezzare il sistema di command and control dei difensori, il centro nervoso di qualsiasi forza armata.

Come nella dottrina americana Shock and Awe, nella concezione militare russa la parola chiave è velocità. La capacità di travolgere il nemico prima che possa montare una risposta adeguata: nel contesto ucraino vuol dire prima che gli alleati occidentali possano fornire armamenti e supporto a Kiev.

A differenza degli americani, che anticipano tali campagne con un bombardamento intensivo di aeroporti, radar e postazioni antiaeree, l’aviazione russa è poco abituata a svolgere questo compito preliminare. È quindi improbabile che la Russia intraprenda una campagna di intenso bombardamento strategico su centri urbani, almeno in una prima fase.

Dall’esperienza georgiana l’esercito russo ha anche compreso l’importanza di una forte struttura C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance), cioè un’integrazione fluida fra forze di terra e cielo, di capacità di ricognizione e intelligence, e per l’appunto altre capacità come cyber.

Anche per questo abbiamo per ora assistito a pochi attacchi mirati tramite missili cruise contro aeroporti, trasporti e altre infrastrutture con un impatto immediato sulle operazioni al fronte. Le forze aree e balistiche si limiteranno per lo più a facilitare l’avanzata delle formazioni di terra, a cui è affidata la guida dell’offensiva. È sulla linea del fronte che avverranno i peggiori spargimenti di sangue.

Il limite logistico
Il vero ostacolo che le forze russe dovranno superare è il limite logistico. I 110 battaglioni schierati sono dotati di una quantità maggiore di artiglieria e sistemi antiaerei rispetto ai suoi omologhi occidentali, pur essendo dotati di meno forze motorizzate. Pragmaticamente, ciò vuol dire che un battaglione russo deve trasportare più materiale con relativamente pochi veicoli.

Combattimenti intensi, specialmente nel caso le forze ucraine decidessero di trasformare le metropoli di Kiev, Kharkiv e Mariupol in roccaforti militari, potrebbero portare a un esaurimento dei rifornimenti russi nelle prime 12-24 ore di operazione.

A ciò si aggiunge la difficoltà di poter operare le delicate linee di rifornimento ferroviarie su cui si basa il sistema di approvvigionamento russo in zone soggette ad attacchi di artiglieria e di partigiani ucraini.

Inoltre, la geografia ucraina si presta a una campagna prolungata. Le maggiori città del Paese rientrano nei circa 75 chilometri di autonomia dentro ai quali le formazioni di terra dovrebbero essere autosufficienti. E in più c’è la possibilità di lasciare indietro alcune unità di artiglieria e appoggiarsi soprattutto al bombardamento tattico, con esiti terribili per i centri urbani che verranno attraversati dalla guerra.

Il rischio è quindi che le forze russe riescano effettivamente a forzare un fatto compiuto raggiungendo in tempi rapidi gli obiettivi preliminari dell’operazione entro 72 ore.

La resistenza ucraina
L’Ucraina sarebbe in grado di infliggere perdite non indifferenti all’invasore, ma è da escludere che sia in grado di opporre una resistenza adeguata. I soli 50 battaglioni che Kiev può schierare in tempi brevi si trovavano nel mezzo di un processo di modernizzazione che avrebbe dovuto trasformare un esercito obsoleto e post-sovietico in un’organizzazione compatibile con gli standard Nato.

La coesione delle unità ucraine è verosimilmente bassa, complice l’assenza di un robusto corpo di sottufficiali capaci di guidare le proprie unità in una guerra mobile molto diversa dalle trincee del Donbass. Pur avendo fatto passi avanti nella lotta alla corruzione, la creazione di un comando congiunto delle forze armate e aver razionalizzato la struttura delle brigate, è altamente improbabile che l’esercito regga l’impatto dell’offensiva.

Le poche unità antiaeree sono obsolete, e i diciassette caccia russi abbattuti nelle prime sette ore di guerra vanno considerati come perdite accettabili di fronte alla forte intensità operativa.

A differenza dei russi, il comando ucraino non riuscirà a essere particolarmente reattivo a causa di forti carenze nei sistemi informativi, nel C4ISR e un’aviazione tattica che sconta un recente esodo di piloti esperti.

L’unica speranza delle forze regolari è riuscire a organizzare una ritirata ordinata verso ovest, sfuggendo a un accerchiamento sul confine orientale e provare ad attestarsi sulla difesa naturale del fiume Dnepr (che potrebbe però essere aggirato dalle forze russe in arrivo dalla Bielorussia).

L’efficacia della guardia nazionale rimane un grande punto interrogativo. È stata stabilita troppo recentemente per poter essere considerata una forza coesa, e altre iniziative predisposte per creare una potenziale resistenza sono ancora agli albori. Il corpo di volontari, pensato per rispondere a potenziali incursioni sul modello del 2014, non sarà molto utile in questo scenario, ma potrebbe velocizzare il processo di reclutamento nelle forze regolari e fornire un bacino di potenziali resistenti nelle zone occupate.

Il valore di eventuali formazioni partigiane ucraini nei territori persi alla Russia dipenderà da quanto dei servizi di intelligence di Kiev riusciranno a sfuggire all’avanzata, dal supporto prolungato dei Paesi europei e dall’efficacia della Rosgvardia, la milizia paramilitare che diversi utenti di Twitter hanno segnalato negli staging points in Crimea.

La dimensione nucleare
C’è infine un ultimo aspetto da considerare. Ne aveva parlato Vladimir Putin nel suo discorso preregistrato alla nazione. il dittatore russo ha ritenuto importante minacciare, neanche troppo velatamente, possibili ritorsioni nucleari nel caso in cui la Nato decidesse di intervenire nel conflitto, suscitando però scetticismo fra diversi analisti.

Negli ultimi anni la Russia ha infatti sviluppato un sistema di deterrenza flessibile, che prevede numerosi scalini intermedi prima dell’utilizzo di armi nucleari. Il grande arsenale di armi balistiche, inclusi sistemi ipersonici, permetterebbe di infliggere colpi d’avvertimento convenzionali e segnalare la risolutezza del Cremlino. Allo stesso tempo, la politica russa di escalation control e la potenza delle sue forze convenzionali (così come la stretta separazione dottrinale fra combattimento e deterrenza nucleare) rendono improbabile l’impiego di armi atomiche sul campo.

Al di là delle intenzioni del Cremlino e dell’esito dei combattimenti nelle prossime ore, lo sviluppo militare di questo conflitto dipenderà essenzialmente da due fattori: la rapidità con cui Nato e Unione europea saranno in grado di sostenere le forze di Kiev; la capacità di queste ultime di sopravvivere come organizzazione al primo impatto e all’occupazione dei maggiori centri urbani.