Clinicamente testatoA che punto è la sperimentazione animale in Europa?

Non ci sono risposte semplici o definitive al problema della sofferenza degli animali per la ricerca scientifica, ma i dati dicono che il tema è sempre più popolare: ecco perché è necessario raggiungere un compromesso etico

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Il 79 per cento degli elettori svizzeri ha bocciato una proposta referendaria che prevedeva l’introduzione di un divieto assoluto di sperimentazioni sugli esseri viventi e vietava l’importazione di prodotti ottenuti mediante queste pratiche.

Il testo del quesito, molto radicale, non ha incontrato il favore della cittadinanza e segue il destino delle tre precedenti iniziative popolari sullo stesso tema del 1985, 1992 e 1993. La Svizzera è dotata dal 2008 di una legge piuttosto severa in materia di sperimentazioni animali e questo potrebbe non aver giovato alla causa referendaria. Chi vuole mettere in atto questa pratica deve, infatti, dimostrare che i benefici superano le sofferenze inflitte agli animali e che non esiste una ragionevole alternativa in grado di evitarla.

Il supporto pubblico per l’iniziativa è stato molto limitato e nessun partito politico o associazione si è schierato in suo favore dato che si temeva che potesse nuocere alla ricerca medico-scientifica in Svizzera. Renato Werndli, co-presidente del comitato che ha lanciato l’iniziativa, ha espresso la propria delusione a Swissinfo affermando di non capire perché «le persone non mostrino maggiore empatia nei confronti degli animali che continuano a soffrire» ed aggiungendo che, «abbiamo provato a convincerle con dati scientifici ma non ci hanno creduto».

La sperimentazione animale è un tema controverso e ovviamente di interesse di numerose associazioni animaliste. Queste ultime ne contestano la legittimità, la rilevanza scientifica e la non adeguata regolamentazione. I più integralisti la condannano senza se e senza ma, mentre i moderati puntano a circoscriverne l’applicazione limitandola alle specie prive di autocoscienza oppure alle pratiche non particolarmente cruente. La comunità scientifica è invece compatta nel riconoscerne un ruolo fondamentale. Un sondaggio internazionale, realizzato nell’estate 2020, ha evidenziato come il 70 per cento dei cittadini Ue ritenga che che favorire la piena sostituzione dei test sugli animali con modelli alternativi debba essere una priorità. I più contrari alla vivisezione sono i portoghesi (85 per cento di no), i croati (84 per cento), i polacchi (80 per cento), i tedeschi e gli italiani (76 per cento).

L’Unione Europea ha preso posizione in merito alla protezione degli animali da laboratorio varando la direttiva 2010/63, che definisce le misure per proteggere gli animali utilizzati per fini scientifici ed educativi. La direttiva prevede che le condizioni di vita e i metodi utilizzati nelle procedure debbano evitare il più possibile il dolore e la sofferenza. La vita degli animali deve essere risparmiata il maggior numero possibile di volte e i i metodi di soppressione non devono essere cruenti.

Nel 2018, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, sono stati utilizzati oltre dodici milioni di animali per la ricerca nell’Unione europea. Il 93 per cento era costituito da topi, ratti, pesci e uccelli, e appena lo 0.26 per cento da cani, gatti e primati. A questi bisogna aggiungere anche “l’indotto” costituito dagli esemplari utilizzati per dare vita alle cavie del futuro.

Gli ottimi risultati ottenuti dai Verdi alle elezioni municipali del giugno 2020 hanno portato alla ribalta la questione ecologica ed il dibattito sul benessere animale in Francia. Una parte della società civile, grazie ad un’inedita coalizione tra giornalisti, imprenditori tech ed associazioni, ha lanciato una proposta di «referendum per gli animali». L’iniziativa, come chiarito dal sito Ytali, aveva raccolto il supporto di centinaia di migliaia di cittadini ed era articolata in più fronti. Prevedeva l’abolizione dell’allevamento in gabbia, l’abolizione degli allevamenti degli animali da pelliccia, la fine dell’allevamento intensivo, il divieto di caccia con i cani, la fine degli spettacoli che coinvolgono animali selvatici e il divieto di sperimentazione animale. La strada della proposta si è però rivelata tutta in salita a causa delle complicazioni burocratico-legislative legate ai referendum.

In Italia ha suscitato scalpore, come ricordato sul Corriere della Sera dall’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli Animali, «la proroga alla sperimentazione sugli animali fino al 2025 contenuta nel Milleproroghe» recentemente approvato. Il testo originario, come approvato dal governo, prevedeva una proroga semestrale ma l’esecutivo è stato battuto in sede parlamentare e la scadenza  della sperimentazione animale negli studi sugli xenotrapianti d’organo si è ampliata sino al 2025.

La vicenda ha provocato non pochi turbamenti e fratture all’interno di partiti politici come il Partito democratico, che non è riuscito a esprimere una linea unitaria sulla vicenda.

L’interesse per le tematiche legate a benessere e diritti degli animali è in costante crescita tra la popolazione nazionale ed i partiti politici. A testimoniarlo ci sono alcuni eventi, apparentemente marginali, verificatisi negli ultimi anni. Nel 2017 l’ex premier Silvio Berlusconi ha annunciato la fondazione di un sedicente movimento animalista. La scelta non è stata casuale ma frutto (anche) di un calcolo politico e dell’abilità mostrata dal Cavaliere nel sapere intercettare le tendenze dell’Italia contemporanea. Diversi esponenti del Movimento 5 stelle sono vicini a temi animalisti/ambientalisti e persino la Lega, che da sempre contraddistinta per la difesa di pratiche tradizionali come la caccia, ha tentato sortite nel mondo ambientalista (in chiave nazionalista) criticando pratiche crudeli come la macellazione canina in Cina.

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