Il Superbonus 110% avrebbe dovuto essere per il governo Conte 2 il booster per la ripresa economica in tempo di pandemia, si sta invece trasformando in un boomerang con effetti collaterali devastanti. Le dimensioni dell’investimento e sopratutto l’enormità delle frodi rilevate ha portato all’allarme lanciato dal presidente del Consiglio Mario Draghi che ha sottolineato la mancanza di controlli efficaci previsti e a quello di Bankitalia che ha confermato carenze nelle regole dei bonus fiscali.
Il mercato drogato dalla misura avrà effetti non strutturali nel settore, senza accrescere la produttività; l’opportuno miglioramento dell’efficienza energetica e della sicurezza antisismica degli immobili avrebbe dovuto essere perseguito con una misura più equa, efficace, meno costosa e distorsiva delle dinamiche di mercato. Un bonus a favore di una porzione di cittadini, non va dimenticato, è pagato indirettamente da tutti i contribuenti, compresi quelli che non ne beneficiano.
Il provvedimento, nato con il Decreto Rilancio del 2020, ha incrementato al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica, prevedendo inoltre la possibilità di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cd. sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante.
Tuttavia lo sviluppo della norma è stato, e continua a essere, una corsa a ostacoli. Date le iniziali scadenze eccessivamente ravvicinate, cittadini, imprese, e professionisti si sono trovati in una selva di nuovi soggetti (ad esempio i General Contrator) e adempimenti aggiunti di volta in volta al regolamento originale. Per rendere l’idea, basti pensare che il Decreto Rilancio è stato pubblicato a maggio 2020, ma il primo cantiere a Roma è partito soltanto a dicembre dello stesso anno, poiché le disposizioni attuative sono state rese disponibili solo alla fine di ottobre. Per risolvere questo primo intoppo si è dovuto attendere la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 30 dicembre 2020), che ha prorogato il Superbonus al 30 giugno 2022 (e, in determinate situazioni, al 31 dicembre 2022 o al 30 giugno 2023) e introdotto altre rilevanti modifiche.
A peggiorare la situazione, ha gravato il messaggio del Governo Conte, che ha dato agli Italiani l’illusione di poter ottenere qualsiasi lavoro di ristrutturazione gratis, e che lo Stato avrebbe regalato perfino qualcosa in più!
Poche parole, invece, sulla complessità dell’iter tecnico-burocratico e il reale peso finanziario dell’operazione, in particolare per le casse pubbliche.
Bisogna infatti ricordare che le opere oggetto di Superbonus sono unicamente quelle previste dall’art. 119 del Decreto Rilancio: isolamento termico delle superfici opache dell’edificio, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti, interventi antisismici di cui ai commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del decreto legge n. 63/2013 (cd. sismabonus). I cosiddetti interventi trainanti.
Il Superbonus spetta anche per una serie ben definita di ulteriori tipologie di interventi (cosiddetti trainati), a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno di quelli sopra elencati.
In aggiunta agli adempimenti ordinariamente previsti per le detrazioni degli anni passati, ai fini dell’esercizio dell’opzione, per lo sconto o cessione, il contribuente deve acquisire il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta, rilasciato dagli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, e la asseverazione tecnica relativa agli interventi di efficienza energetica e di riduzione del rischio sismico che certifichi il rispetto dei requisiti necessari ai fini delle agevolazioni fiscali e la congruità delle spese sostenute in relazione ai lavori agevolati, in accordo ai decreti ministeriali. Successivamente l’Agenzia delle Entrate avrà otto anni di tempo per sottoporre sotto la propria lente le pratiche presentate, procedendo ai dovuti accertamenti e recuperi.
Una combinazione di tempistiche e modalità che scopre troppo il fianco a intenti fraudolenti da parte di imprese e professionisti, spesso controllati dalla malavita organizzata, che presentando documentazione mendace incasserebbero subito introiti milionari per sparire nel nulla subito dopo, prima ancora che il controllo reale possa iniziare.
«Il funzionamento del Superbonus ha rallentato per i sequestri deliberati dalla magistratura», ha commentato il presidente del Consiglio, mentre il ministro dell’Economia Daniele Franco ha riportato come al 31 dicembre 2021 le richieste di cessione dei crediti relative ai bonus edilizi comunicate all’Agenzia delle Entrate erano 4,8 milioni per un controvalore di circa 38 miliardi di Euro; di queste, le operazioni sospette ammontano a oltre 4 miliardi di Euro, con sequestri scattati per 2,3 miliardi.
È chiaro tuttavia che, con una mole tanto imponente di richieste, il Superbonus, novello Titanic, vada ormai portato in porto proteggendolo dagli iceberg lungo la rotta. Lo stesso Draghi ha ribadito la volontà di far funzionare il meccanismo, individuando le adeguate contromisure alle truffe. Il primo tentativo c’è stato con il decreto Sostegni ter che ha previsto il divieto di effettuare cessioni a catena dei crediti, limitando la cessione a una sola.
Il provvedimento, giudicato eccessivamente penalizzante dagli operatori, ha avuto l’immediata conseguenza di portare al rifiuto delle cessioni da parte delle banche. Bisognerà dunque aspettare il prossimo Decreto Bollette per i correttivi del caso, che dovrebbero consistere nell’innalzare il limite massimo delle cessioni da uno a tre, a fronte di certificazione della veridicità del credito stesso.
Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, intanto ha firmato il decreto che fissa i tetti massimi per gli interventi del Superbonus 110%, aumentandoli almeno del 20% in considerazione del maggior costo delle materie prime e dell’inflazione. Nell’euforia generale in cui tutti brindavano ai lavori gratis il mercato è stato dopato come un cavallo in una corsa truccata: con il costo delle singole opere e componenti fissato dai prezzari istituzionali, sono stati messi tutti al valore più alto possibile. Inoltre, la corsa contro il tempo al cantiere ha causato un’estrema difficoltà di reperimento dei materiali e delle attrezzature necessarie, come per esempio i ponteggi, facendone schizzare il prezzo alle stelle.
Ancora una volta ci troviamo davanti a obiettivi giusti perseguiti con metodi sbagliati e misure malgestite; sarebbe stato auspicabile una maggiore visione da parte della classe politica che si è intestata il merito del Superbonus, progettando una misura di intervento strutturale meno avida di prime pagine, meno generosa, ma più efficace per l’economia reale e d’aiuto ai bisogni dei cittadini, tale da evitare la rincorsa in tempi ristretti alla ristrutturazione gratis.
Sarebbe stato probabilmente sufficiente una percentuale di bonus intorno a 60/70% con scadenze a lungo termine, permettendo verifiche nei cantieri e salvaguardando gli strumenti della cessione del credito e lo sconto fattura, utili per raggiungere gli scopi prefissati. Ancora, si sarebbe potuto creare un sistema per calibrare i bonus spettanti in base al reddito del contribuente – come in una misura corrispondente attuata in Francia e senza favorire, come è stato in Italia, le fasce più abbienti – ma qui la sfida sarebbe davvero ardua, perché si entrerebbe nel pieno della riforma tributaria, non soltanto normativa ma anche materiale, portando a compimento la definitiva digitalizzazione dell’Amministrazione Finanziaria.