«È in atto una tempesta perfetta». «La guerra sta accelerando un processo che era già in atto: la frenata della ripresa economica è cominciata a settembre, la mancanza di una strategia di politica energetica risale a decenni fa, e ci sono riforme che aspettano da trent’anni. Ora abbiamo bisogno di interventi radicali».
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi lo spiega a Repubblica al termine di una riunione del direttivo convocato d’urgenza per l’aggravarsi della situazione economica.
Il mix micidiale fatto di impennata dei prezzi dell’energia e di quelli delle materie prime sta portando infatti alla sospensione dell’attività di alcune industrie. «Per le fabbriche energivore è una crisi senza precedenti», dice Bonomi. «Le acciaierie hanno cominciato a sospendere la produzione, presto toccherà anche ai settori della ceramica e delle cartiere. Sono stop temporanei. Ma i prezzi insostenibili creano un effetto domino che può portare il sistema industriale nel suo complesso a chiedere 400 milioni di ore di cassa integrazione. Una cifra enorme, che avanziamo non per allarmismo, ma per generare consapevolezza. È una crisi fortissima, drammatica, accentuata da errori di anni e anni, di fronte ai quali servono interventi radicali non più rinviabili».
Bonomi è cauto. «Non parlo oggi di chiusure», precisa. «Ma se il costo dell’energia va avanti così l’alternativa è produrre accentuando le perdite. Tra l’altro senza che nessuno abbia dato finora atto all’industria di non aver scaricato i costi sui consumatori, come invece avviene in Germania e in Francia».
Il tutto mentre le imprese impegnate nelle energie rinnovabili hanno fatto molti soldi, tant’è che si ipotizza un loro contributo per ridurre il caro bollette. Bonomi risponde: «I regolatori nazionali dell’energia dovrebbero avviare una grande operazione trasparenza sui prezzi reali dei contratti esistenti di approvvigionamento di gas, che nella media sono molto più bassi delle follie di prezzo attuale dell’energia. Ma di certo c’è anche l’extraprofitto fiscale. Da noi la benzina è arrivata a due euro al litro, in Europa no. La componente fiscale rispetto al prezzo industriale non si regge».
Il presidente di Confindustria chiede un intervento di defiscalizzazione. E non esclude un nuovo scostamento di bilancio: «Ero tra i pochi presenti al Meeting di Rimini quando Draghi, non ancora presidente del Consiglio, teorizzò la differenza tra debito “buono” e debito “cattivo”. Ecco, anch’io penso che il debito sia buono se serve alla crescita. Ma una cosa è sicura: su quasi 900 miliardi di spesa pubblica si possono riallocare risorse molto importanti, prima di aumentare il deficit».
Ma servono interventi radicali, spiega: «Il mix energetico deve cambiare, non possiamo dipendere in maniera così elevata dal gas russo. Bene ha fatto l’Europa a mettere un tetto al prezzo del gas, per tutelare imprese e famiglie dalle follie dei prezzi attuali. In Europa, inoltre, bisogna proporre la sospensione straordinaria del mercato Ets, che attualmente finisce per penalizzare l’industria italiana che è più decarbonizzata di quella tedesca. Va rivisto il criterio del prezzo orario dell’energia elettrica, che oggi si stabilisce secondo il costo più elevato di chi la conferisce con enormi premi a chi ha costi più bassi, come gli impianti da fonti rinnovabili».
E cosa si può fare in Italia? «Dobbiamo mettere in condizioni le centrali a carbone ancora attive di lavorare al massimo, sospendere straordinariamente i limiti di emissione per l’uso di olio combustibile, potenziare gli impianti di Gnl, il gas naturale liquefatto, realizzandoli in mare visto che nei porti la politica non li ha voluti. Dobbiamo importare di più da Paesi come Algeria e Qatar», risponde.
Ma bisogna anche ricordare gli «errori radicali» italiani sul piano delle politiche energetiche. Bonomi ricorda che «dopo la crisi in Crimea nel 2014 l’Europa invitò i Paesi membri a ridurre la dipendenza dal gas russo. Bene, l’Italia ha fatto il contrario raddoppiando quella dipendenza. Per decenni la politica ha detto: la Russia è un Paese amico e affidabile. E ora il conto si presenta alle imprese».
Mentre «la politica e la finanza hanno spinto con grandi agevolazioni le imprese ad andare ad investire in Russia. Ma chi dà oggi tutela a quelle 447 imprese italiane che in Russia fatturano circa 7,4 miliardi di euro?», si chiede. «Se le imprese devono sopportare il peso delle sanzioni è bene che il nostro Paese faccia i compiti a casa: modificare il mix energetico, investire in ricerca e nuove tecnologie per accompagnare la transizione energetica e allungare i tempi per raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni. Il Fit for 55 va diluito nei tempi: perché i miliardi necessari a evitare desertificazioni d’impresa e decine di migliaia di disoccupati non ci sono».