Verso la difesa comunePutin ha unito l’Europa e presto arriveranno sanzioni più dure, dice Charles Michel

Il presidente del Consiglio europeo racconta di essere in contatto costante con Zelensky e spiega che Mosca sta già perdendo la battaglia della comunicazione. «Finora abbiamo colto di sorpresa il regime di Mosca e intendiamo continuare. Putin pensava di dividere gli europei» e invece «dopo due settimane di guerra, siamo più uniti che mai»

(AP Photo/Michel Euler)

«Vladimir Putin pensava di dividerci, e invece ci ha unito ancora di più». Lo dice in un’intervista a Repubblica Charles Michel. Secondo il presidente del Consiglio europeo, la guerra in Ucraina ha costretto l’Europa a infrangere vecchi tabù e lanciare una «rivoluzione copernicana» sulla difesa comune, trasformando l’Ue in una «potenza al servizio della pace e della sicurezza». Dopo il vertice di Versailles, Michel ammette discussioni animate tra i 27 capi di Stato e di governo, ma indica una svolta: «C’è una nuova consapevolezza e un cambio di mentalità tra i leader. Abbiamo deciso che questioni nazionali come energia e difesa saranno trattate con uno spirito di sovranità europea».

Ma dove si trovano i soldi? Se Francia e Italia chiedono un nuovo Recovery Fund, Michel precisa: «Cominciamo dagli obiettivi comuni e poi valuteremo quali strumenti utilizzare. Vogliamo rafforzarci sull’indipendenza energetica, come già avevamo iniziato a fare. Anche sulla Difesa europea c’erano progressi in corso, ma adesso è stata lanciata una rivoluzione copernicana. Ovviamente la Nato resta un pilastro, ma tutti i leader Ue hanno capito che aumentare le nostre capacità militari significa rafforzare l’Alleanza. La Germania ha deciso uno stanziamento per spese militari mai visto. Finlandia e Svezia s’interrogano sull’adesione alla Nato. La Danimarca valuta l’uscita dall’opt-out in materia di Difesa. In pochi giorni l’Ue ha raddoppiato fino a un miliardo di euro il fondo di aiuti militari all’Ucraina. È Putin che ha involontariamente contribuito a questa accelerazione».

E sugli investimenti nella Difesa, spiega: «L’Ue è una potenza economica. Abbiamo la capacità finanziaria, com’è stato dimostrato durante il Covid. Non tutti gli stati membri sono nella stessa situazione di debito pubblico, ma l’Ue è un progetto di convergenza».

Al momento, «mobilitiamo risorse già disponibili. Possiamo esaminare come adattare e perfezionare il bilancio europeo e il Recovery Fund per farlo coincidere al meglio con i nostri obiettivi», spiega Michel. Invece, «sull’ipotesi di impiegare ulteriori risorse pubbliche e private, e in che modo, sono state espresse diverse opinioni intorno al tavolo. La Commissione avrà un ruolo nella presentazione di diverse opzioni. Personalmente sono favorevole anche a progressi sull’unione bancaria e sul mercato dei capitali per indirizzare fondi privati verso investimenti strategici».

Intanto, Michel dice di essere «in contatto quotidiano con il presidente ucraino e il suo team. Zelensky sa quali sono i suoi amici più sinceri e abbiamo risposto sostenendolo il più possibile, anche rompendo i nostri tabù. Quando la guerra è scoppiata nella notte tra il 23 e 24 febbraio ho riunito tutti i capi di Stato e di governo europei. Zelensky aveva capito che la Nato non avrebbe dato armi e ci ha chiesto aiuto. È stata attivata una clausola mai usata prima per l’invio di attrezzature militari anche letali. In meno di due giorni avevamo già cominciato a fare spedizioni di armi. La resistenza ucraina è possibile grazie al coraggio di Zelensky e del suo popolo, ma anche perché siamo riusciti a portare attrezzature utili per resistere».

Ma, precisa il presidente Michel, «l’Ue non è in guerra con la Russia. E quando l’aggressore ha il pulsante nucleare, c’è una dimensione del tutto diversa da tenere presente. Non possiamo rischiare di precipitare nella terza guerra mondiale. Noi sosteniamo l’Ucraina al livello umanitario, finanziario e militare. E con mezzi diplomatici. Tutto quello che facciamo è per portare la Russia a negoziare una soluzione diplomatica. Putin sta già perdendo la battaglia della comunicazione. Non sono passate le sue bugie e favole a proposito della cosiddetta “operazione militare speciale”. Si dice spesso che le democrazie sono deboli di fronte alla propaganda dei regimi più autoritari. È avvenuto il contrario».

Sull’adesione dell’Ucraina all’Unione europea, la questione è più complessa. «La procedura è stata avviata in pochi giorni mentre di solito ci vogliono otto mesi. Abbiamo chiesto alla Commissione un parere ufficiale e abbiamo detto con forza che sosterremo con varie iniziative il cammino europeo dell’Ucraina. Sono consapevole del simbolo della domanda fatta da Kiev. È proprio quello che fa paura a Putin. Vede la democrazia come una pandemia e ne teme il contagio su popolazioni russofone», spiega Michel.

Mentre sulle sanzioni alla Russia, «abbiamo calibrato le prime sanzioni in modo che fossero più dolorose per il regime e meno impattanti per noi. Un primo effetto c’è a livello diplomatico. Ci sono canali di negoziati tra Ucraina e Russia, anche se non è sufficiente, e ci sono dubbi sulla sincerità dei russi visto che i bombardamenti proseguono».

Ma, continua, «dobbiamo continuare la nostra pressione per cambiare i rapporti di forza. Abbiamo in riserva altre sanzioni aggiuntive». Michel non rivela quali saranno: «Non lo dirò. Finora abbiamo colto di sorpresa il regime di Mosca e intendiamo continuare. Putin pensava di dividere gli europei. Prima della guerra aveva fatto un meticoloso lavoro preparatorio di influenza, scommettendo su alcuni leader, cercando di sabotare la fiducia tra partner Ue, utilizzando azioni ibride. Dopo due settimane di guerra, siamo più uniti che mai, abbiamo adottato sanzioni incisive e stiamo dando un aiuto molto concreto all’Ucraina. Zelensky sa che può contare su di noi. Mi ha chiamato anche nella notte in cui c’era l’attacco in corso sulla più grande centrale nucleare d’Europa».

E poi conclude: «Se vogliamo limitare i rischi sulle centrali nucleari, portare aiuti ai civili e infine aprire una strada alla diplomazia dobbiamo confrontarci con chi oggi è seduto nella poltrona del Cremlino. Quale sarà la situazione a Mosca più avanti, nessuno lo sa».