Secondo i mille esperti intervistati dal World Economic Forum, l’ambiente rappresenta l’elemento più a rischio su scala globale. Questa fotografia è stata scattata in occasione della stesura della 17esima edizione del Global Risk Report pubblicata dalla fondazione svizzera a inizio anno. Il fallimento dell’azione climatica, i fenomeni metereologici estremi e la perdita di biodiversità occupano i primi tre posti delle minacce individuate dai mille esperti e decision-maker dei principali settori dell’economia globale che hanno risposto al sondaggio. Questo per quanta riguarda i rischi a lungo termine. Se invece si considerano quelli a breve termine, il più grave innescato dal Covid-19 secondo il rapporto sarebbe quello dell’erosione sociale, seguito da un deterioramento economico, sociale e ambientale.
In generale, quello che più deve far riflettere riguardo al Global Risk Report, è che oltre l’80 per cento dei massimi esperti in ambito economico a livello globale prospettano, in generale, scenari negativi per i prossimi tre anni, durante i quali le traiettorie strategiche saranno fratturate, i governi dovranno prepararsi a molteplici eventi imprevedibili e la società verrà suddivisa tra vincitori e vinti. Soltanto meno del 15 per cento tra i mille intervistati si sente positivo riguardo al futuro.
Come dicevamo all’inizio, quello nei confronti del clima è avvertito come rischio impellente dalla maggioranza degli intervistati. Più che la comparsa di sempre più eventi estremi e la perdita della biodiversità, a minacciare la partita climatica sarebbe innanzitutto il fallimento delle azioni messe in campo per arginarne gli esiti. Che questi ultimi siano tragici è evidente dai crescenti rischi fisici, dai periodi prolungati di freddo e caldo estremi, così come dallo scioglimento dei ghiacciai e relativo innalzamento del mare. Evidenze che il Wef ha affiancato a un altro rischio reso ancora più chiaro dai timidi impegni assunti in occasione della Cop26 di Glasgow: quello di una transizione disordinata.
Sebbene gli intervistati abbiano risposto prima dell’incontro di Glasgow, era già chiaro da tempo che governi, imprese, investitori e comunità sentivano l’urgenza di accelerare verso una transizione più rapida. Il Covid-19 ha infatti fatto sussultare gli equilibri economici globali, tanto il Global Risk Report ha registrato un ulteriore pericolo, quello di incorrere in una transizione disordinata, in grado di biforcare le società e allontanare ulteriormente i Paesi tra loro.
Ad aggravare il quadro, secondo il Wef, ci sarebbero infatti diversi elementi, come l’interdipendenza economica e finanziaria, una storica schermatura da parte di cittadini e imprese, alti costi di decarbonizzazione e la presenza di interessi divergenti che complicherebbero la transizione. Un’azione non coordinata, quindi, non rischierebbe soltanto di bucare l’obiettivo dell’innalzamento delle temperature non oltre l’1,5°C ma azionerebbe una serie di conseguenze negative come la perdita di posti di lavoro, l’aumento dei costi e l’insicurezza geopolitica associata. Solo una transizione socialmente giusta, aggiungono gli esperti, renderebbe le conseguenze sopportabili per diversi strati della società. Ma per farlo i governi dovranno creare politiche e sistemi di protezione sociale che aiutino a ridurre gli impatti per le persone più fragili.
Una rapida decarbonizzazione aumenterebbe infatti le perturbazioni economiche e sociali a breve termine. E le immediate conseguenze sociali del degrado ambientale rischierebbero di intensificare la migrazione involontaria, la crisi dei mezzi di sussistenza e l’erosione sociale.
A fronte di questi scenari, il World Economic Forum ha individuato alcune possibili soluzioni che potrebbero arginare i rischi ambientali registrati dall’ultimo report. «In un’economia globale in ripresa ma divergente, i Paesi dovranno effettuare una transizione a ritmi variabili per evitare che le interruzioni a breve termine compensino i guadagni a lungo termine – scrivono – Ma le conseguenze di transizioni disuguali si faranno sentire in tutto il mondo. Le misure meno dirompenti verso la transizione climatica saranno quelle che saranno in grado integrare olisticamente i bisogni degli individui, delle società, delle imprese e del pianeta. La collaborazione interna e internazionale dovrebbe concentrarsi sull’educazione del valore pubblico e sulla necessità di mobilitarsi per il clima, comprendendo anche un cambiamento nel comportamento dei consumatori e una più distribuita domanda dei beni che richiedono un’alta intensità carbonica. Tutti i tipi di impresa devono essere incentivati a tenere conto in modo proattivo dei rischi di transizione e a promuovere modelli di economia circolare».
Non ultimo, il Global Risk Report aveva registrato una forte precarietà degli equilibri sociali, resi tali da una disuguaglianza vaccinale e da una ripresa economica irregolare. «La crisi del Covid-19 ha ripetutamente sorpreso coloro che sono stati incaricati di anticiparne la traiettoria e probabilmente lascerà sulla sua scia ulteriori problemi complessi – commentano gli esperti del Wef – Né la pandemia né la sua risposta sono l’unica sfida che i governi, le società e le imprese devono affrontare. Come ha messo in luce il Global Risks Report, nuove crisi potrebbero profilarsi all’orizzonte». Questo, soltanto alcuni mesi prima dell’attuale crisi russo-ucraina.
Per evitare le conseguenze più disastrose, il Wef individuava quindi 3 obiettivi chiave per i governi: la resilienza delle comunità contro potenziali disastri, un’infrastruttura economica e sociale affidabile e imperativi strategici a lungo termine capaci di coordinare gli sforzi verso una transizione ecologica coordinata ed efficace.