A Pesaro c’è un’ambasciata ombra della Russia. Così è stata definita la lussuosa villa da sette milioni di euro e ventisei ettari immersa nel parco naturale del Monte San Bartolo. A picco sul mare Adriatico. Qui d’estate, tra bagni in piscina e cene annaffiate da vini francesi, la padrona di casa Valentina Matvienko ha accolto alti funzionari del Cremlino, ministri cinesi e uomini d’affari internazionali. Perfino l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder.
I pesaresi la chiamano zarina, e non hanno tutti i torti. Matvienko, 72 anni, nata in Ucraina, è la terza carica della Russia dove presiede il Consiglio Federale, la camera alta del Parlamento. Collaboratrice fidata di Vladimir Putin, ma anche convinta sostenitrice della guerra a Kiev. C’è la sua firma sugli atti per l’invasione dell’Ucraina, nonostante lei sia nata lì. Più potente di un ministro, ricca quanto un oligarca. «Avete presente Silvio Berlusconi? È povero in confronto a Valentina», diceva qualche anno fa un emissario della zarina nella città marchigiana.
Un patrimonio sconfinato fatto di palazzi e aziende. «Valentina Matvienko è una funzionaria pubblica diventata miracolosamente miliardaria, un’icona della corruzione di Putin», spiega Maria Pevchikh, responsabile del dipartimento investigativo FBK, la fondazione creata dal dissidente russo Alexey Navalny, che ha realizzato un’indagine sulla residenza pesarese della Matvienko.
La carriera della zarina è cominciata nel Komsomol, il Comitato della Gioventù Sovietica. Quindi l’irresistibile scalata al potere: ambasciatrice, governatrice di San Pietroburgo, vice primo ministro. Per molti in Italia il suo nome era sconosciuto prima della guerra in Ucraina. Adesso tutti si chiedono quando verrà sequestrata la tenuta marchigiana. Formalmente intestata a un’azienda chiamata Dominanta, con sede in provincia di Ancona, di fatto è stata per anni il buen retiro della famiglia russa.
La numero tre di Putin ha acquistato il casale nel 2009. L’ha rinominata “villa M”, come si legge sulla piastra di terracotta alla sinistra del cancello. La proprietà, completamente invisibile dalla strada e dal mare, si estende per 26 ettari e domina 650 metri di costa incontaminata. O quasi. Un giorno dalla spiaggia due nudisti hanno deciso di risalire la collina. Dopo una lunga camminata sono capitati nella tenuta della zarina, davanti a un ministro cinese che prendeva il sole a bordo piscina. L’incidente ha fatto molto rumore.
Ma il putiferio è scoppiato quando, per avere l’accesso diretto al mare, i Matvienko hanno provato a costruire una piccola strada disboscando parte del parco protetto. Hanno chiesto le autorizzazioni anche per un eliporto e un bunker. Il tutto motivato da necessità di sicurezza per tutelare gli ospiti governativi. Niente da fare, nemmeno per l’elicottero. La zarina è dovuta atterrare a Rimini per poi proseguire con una Rolls Royce messa a disposizione dal figlio Sergej. Facendo tappa a Riccione per comprare svariati Rolex. Così raccontano a Pesaro dove oggi regna un certo imbarazzo. «Nessuno sa niente, questo è il tempo dei vuoti di memoria» riflette Maurizio Gennari, giornalista del Resto del Carlino.
«Quello che succedeva nella villa restava lì dentro», dicono dal Comune. Dove nel 2009 la zarina si è presentata con un assegno da 20mila euro per pagare i fuochi d’artificio della Festa del Porto. Qualche assessore avrebbe varcato le soglie della residenza. Tutti alla corte della Matvienko: politici marchigiani, avvocati e imprenditori. Era di casa anche il direttore generale di Banca Marche Massimo Bianconi: l’alta funzionaria russa aveva spostato lì alcune linee di credito e acquistato azioni dell’istituto marchigiano, ovviamente prima del fallimento.
Vacanze e lavoro, nella villa di quasi 800 metri quadri. «Ho visto passare ministri e alti funzionari delle repubbliche baltiche. Ad essere sincero credo di non aver visto solamente Putin». Chef Lucio Pompili è il titolare del Symposium, uno dei ristoranti più noti della provincia. Nella villa di Matvienko ha curato molti banchetti. «Sono andato anche a San Pietroburgo dove, in occasione del concerto di Madonna, fece organizzare un grande ricevimento». La zarina beve Sassicaia e Tignanello. «Una donna ricchissima, arrivata a Pesaro con l’intenzione di fare della villa sul San Bartolo un luogo di grandi relazioni».
Discreta, quasi invisibile. Ma anche protetta e riverita. A Pesaro Matvienko ha trovato tutta la riservatezza che voleva. Dal 2016 ha smesso di scendere in riva all’Adriatico per via della malattia che ha colpito il marito. È rimasto il figlio Sergej che con la bellissima moglie Yulia frequenta il lido dell’Hotel Excelsior, unico cinque stelle della città. Lo scorso autunno Sergej ha cominciato i lavori di ristrutturazione della villa, con tanto di cartello affisso sul cancello in cui risulta come committente. Secondo l’inchiesta del team di Navalny, all’età di 36 anni possedeva proprietà per un miliardo di dollari.
Non siamo ai livelli di Forte dei Marmi e della Costa Smeralda. Ma a Pesaro dopo la zarina sono arrivati i capitali russi. Alcuni imprenditori hanno rilevato un paio di hotel e un ristorante. Fino a poco tempo fa girava anche Boris Spiegel, magnate farmaceutico con la passione per il Rossini Opera Festival. Sulle colline ha comprato una tenuta da quattro milioni di euro dove ha offerto ricche cene post-teatro. Nel 2021 è stato arrestato in Russia per corruzione. L’altra versione è che si sarebbe scontrato con Putin per la produzione del vaccino Sputnik.
In questi anni i soldi russi sono arrivati anche col turismo. Alcuni facoltosi clienti atterrano ad Ancona o a Rimini e si fanno riservare la boutique dell’alta moda cittadina per fare acquisti in santa pace. Regali in grande stile, come quello di un imprenditore caucasico trasferitosi a Pesaro. Per il diciottesimo compleanno del figlio ha fatto arrivare un tir che custodiva una cabrio McLaren infiocchettata.
Adesso non c’è più voglia di festeggiare. «Ho appena ricevuto le disdette di due matrimoni per quest’estate, uno russo e uno ucraino», spiega chef Lucio Pompili. Le sanzioni economiche, l’isolamento di Mosca. Ma anche la caccia ai patrimoni degli oligarchi. Nei giorni scorsi un paio di lussuosi yacht russi hanno lasciato in fretta e furia il porto di Pesaro, mentre gli investitori temono che i loro soldi per le attività italiane possano essere bloccati a Mosca. Poi c’è il distretto del mobile, uno dei più importanti in Italia. Qui diverse aziende fanno affari con la Russia e rischiano di perdere importanti quote di fatturato. L’invasione ha fermato tutto. Tranne la villa della zarina, che nessuno ha ancora sequestrato.