Il ruolo dei mediaIl pressappochismo del dibattito sull’Ue e il bisogno di europeismo critico

Come scrive Alexander Damiano Ricci nel libro “Propaganda Europa” (Edizioni Gruppo Abele), il dibattito sull’Ue soffre di un livello di approssimazione abbastanza grave, quando in realtà il panorama mediatico italiano avrebbe bisogno di un approccio critico-costruttivo

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Alla mancata problematizzazione delle strategie della Commissione europea, alla forzatura di un dibattito sul futuro dell’Unione presentato alla stregua di Guerre Stellari con tanto di Jedi (integrazionisti) e Sith (sovranisti), all’esistenza di tabù narrativi forti, si aggiunge infine un problema di linguaggi e vocabolario.

In primis, il dibattito sull’Europa soffre di un livello di approssimazione abbastanza grave: basti pensare alle formule vuote «Serve l’Europa», «Ce lo chiede l’Europa», «I soldi dell’Europa» che, di fatto, hanno trasformato l’«Europa» stessa in un feticcio, utile, al massimo, a condurre qualche programma televisivo. Fuor di metafora, dietro alla parola Europa si celano perlomeno tre istituzioni differenti: Commissione, Consiglio e Parlamento.

Probabilmente si potrebbe andare ben più in là, specificando sempre, esattamente, chi si stia chiamando in causa o a chi ci si stia rivolgendo – pensiamo alla Cgue, alle agenzie (Frontex), alla Bce o alle altre istituzioni consultative dell’Ue. 

Può sembrare un problema marginale, ma chi userebbe lo stesso grado di approssimazione in Italia, parlando delle varie componenti dello Stato italiano, nel contesto della cronaca politica? Nessuno. Eppure, una proporzione considerevole delle leggi approvate nei Parlamenti nazionali deriva, in un modo o in un altro – e al netto dei ritardi –, da quanto viene deciso a Bruxelles e Strasburgo.

Detto ciò, nel corso degli ultimi anni sono nate esperienze significative di giornalismo europeo in Italia, anche grazie al finanziamento da parte di alcune istituzioni europee, come il Parlamento europeo. Sebbene alcune di queste non facciano ampio ricorso alla dicotomia sovranista-europeista, vale comunque la pena citarne gli sforzi in termini di offerta di informazione sulle questioni europee.

La testata online Linkiesta.it ha lanciato una piattaforma interna al proprio sito: Linkiesta Europea. Lo spazio si configura come un “sito nel sito” e una homepage composta, da un lato, di articoli informativi circa le questioni di attualità che caratterizzano il lavoro delle istituzioni di Bruxelles e, dall’altro, di pezzi di opinione. In maniera simile, la sezione e newsletter Konrad L’Europa spiegata bene a cura de il Post offre regolarmente contenuti di approfondimento sulle dinamiche istituzionali di Bruxelles e Strasburgo, come anche dei fatti politici più rilevanti occorsi negli altri Paesi dell’Unione. 

Allo stesso modo, il Foglio ha lanciato la newsletter Europa ore 7. Infine, il quotidiano cartaceo e digitale Domani può vantare, rispetto alla concorrenza, una copertura assidua e regolare dell’attualità politica continentale. Il giornalismo europeo di Domani e probabilmente quello che si avvicina di più allo stile critico-costruttivo di cui avrebbe bisogno il panorama mediatico italiano.

Lo sviluppo di un giornalismo europeo di qualità che passi attraverso canali media tradizionali e mainstream ricopre un ruolo fondamentale nel contesto dello sviluppo di un europeismo critico.

Sebbene gli ultimi due decenni passeranno probabilmente alla storia come l’epoca della nascita dei social media, i media tradizionali rimangono saldamente al timone di quella che potrebbe essere definita come capacita di plasmare e indirizzare il dibattito pubblico nazionale, nonché l’opinione pubblica stessa. Ciò vale in particolare, nel breve periodo, per il media televisivo. 

Oltre a giocare un ruolo chiave nel determinare la strutturazione del dibattito sul futuro dell’Unione europea e la capacità da parte dei cittadini di comprendere correttamente e criticamente la posta in gioco nei processi legislativi europei, i media tradizionali possono avere anche una funzione di veicolazione di messaggi critici portati da attori del cambiamento come Ong e movimenti sociali.

E, quindi, stimolare un processo di trasformazione.

Eppure, nel corso degli ultimi quindici anni, ciò è avvenuto probabilmente soltanto in un’occasione: durante la crisi della potenziale Grexit del 2015. Ed è anche a partire da quell’esperienza che si è cominciata a fare largo, a sinistra, la discussione sull’opportunità di continuare a scommettere su un’evoluzione dell’Unione europea.

Da “Propaganda Europa”, di Alexander Damiano Ricci, Edizioni Gruppo Abele, 160 pagine, 14 euro

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