«Arrendetevi o per voi è finita». Il messaggio di Ramzan Kadyrov è rivolto alla resistenza dell’Ucraina. Il Capo della Repubblica cecena appare in un video su Telegram, parla da un bunker, dice di essere nei pressi di Kiev, è vestito in tuta mimetica, circondato dai suoi soldati. «Potete arrendervi, l’offerta è ancora valida, ma non per molto».
Kadyrov sarebbe arrivato in Ucraina nelle vesti di braccio armato d’élite di Vladimir Putin. Secondo lui infatti i russi non sono abbastanza spietati, è per questo che avrebbe chiesto a Mosca di «chiudere gli occhi di fronte a tutto e consentirci di farla finita in un paio di giorni».
Solo che nelle ultime ore è apparso a Grozny, capitale cecena, dove ha ricevuto la visita del segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolai Patrushev: o mentiva, sulla sua presenza in Ucraina, o è tornato indietro.
Il leader ceceno ha 45 anni, è al potere da quando ne aveva 30. È conosciuto per essere una macchina da guerra, un despota sanguinario che governa la repubblica russa del Caucaso settentrionale come un feudo personale, con pugno di ferro. Sotto la sua guida, la Cecenia è diventata un buco nero per i diritti umani e la democrazia.
Nel 2016 un articolo di Politico Europe definiva Ramzan Kadyrov «la creazione più macabra di Vladimir Putin, un Golem politico che rimane servilmente fedele al leader russo ma che funge anche da costante e assillante promemoria di quanto possa diventare brutta l’autocrazia in stile Putin quando va davvero oltre il limite».
Kadyrov ha ottenuto mano libera per governare a suo piacimento in Cecenia in cambio della promessa di fedeltà a Vladimir Putin.
Ma non è sempre stato così. Al fianco di suo padre Akhmad, Kadyrov era tra i ribelli della prima guerra cecena del 1994, guidando la resistenza di una repubblica alla ricerca dell’indipendenza fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Appena salito al potere, nel 1999, Putin ha riacceso il conflitto e dato il via alla seconda guerra cecena, che ha permesso a Mosca di riconquistare il controllo della regione – nel luglio del 2000 – a seguito di una campagna di bombardamenti che ha fatto migliaia di vittime tra i civili. È in quest’occasione che la famiglia Kadyrov ha ceduto al Cremlino: Akhmad Kadyrov è diventato capo della nuova amministrazione provvisoria, scelto direttamente da Putin.
Il momento del giovane Ramzan invece arriva nel 2005, dopo la morte del primo ministro Sergej Abramov. Da quel momento, «Kadyrov ha sviluppato un rapporto diretto con il Cremlino», scriveva la Bbc un paio d’anni fa, in riferimento a una relazione di mutuo interesse: i soldi di Mosca avrebbero finanziato la ricostruzione delle infrastrutture in Cecenia, comprese nuove strade e una gigantesca moschea nella capitale della repubblica, Grozny; Ramzan in cambio sarebbe rimasto sempre fedele al Cremlino.
In un reportage del 2016 pubblicato sul New Yorker, il giornalista Joshua Yaffa descriveva il culto della personalità fiorito in Cecenia nel primo decennio di Ramzan Kadyrov al potere: «Mi trovavo in una grande piazza di fronte alla moschea Akhmad Kadyrov, conosciuta come “il cuore della Cecenia”, ero in attesa dell’inizio di un concerto. Un giovane di Grozny mi aveva dato indicazioni piene di sarcasmo: “Incontriamoci davanti alla moschea Kadyrov, in piazza Kadyrov, all’incrocio tra Kadyrov Prospect e Putin Prospect”. Una volta iniziato l’evento organizzato dal governo in occasione della Giornata dell’Unità Nazionale, la sicurezza ha impedito a chiunque di andarsene finché Kadyrov non avesse parlato».
La parola di Ramzan Kadyrov è legge, in Cecenia. Lo Stato di diritto, invece, è ampiamente sotterrato. Le organizzazioni per i diritti umani hanno accusato il leader ceceno di una lista chilometrica di abusi, tra cui la scomparsa di oppositori, la tortura e la persecuzione degli omosessuali.
Il suo esercito, una forza di sicurezza paramilitare conosciuta come “Kadyrovtsy”, è responsabile della maggior parte degli assassini, stupri, rapimenti e tortura nella repubblica caucasica – lo ha rivelato l’Associazione per i popoli minacciati (un’organizzazione internazionale per i diritti umani con sede in Germania).
Proprio come in tutta la Russia, in Cecenia la politica non ha più alcun valore. Tutti gli oppositori del regime vengono perseguitati, sono costretti a fuggire, e anche all’estero non sono mai davvero al sicuro.
Nel 2009, l’ex guardia del corpo di Kadyrov, Umar Israilov, che aveva pubblicamente dichiarato di essere stato torturato dallo stesso Kadyrov, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco. Era fuggito a Vienna.
Tumso Abdurakhmanov è un ingegnere che lavorava a Grozny, è stato il primo a organizzare una protesta di piazza contro il regime. È stato costretto a fuggire prima in Georgia – che però gli ha negato il diritto d’asilo – poi in Svezia e infine in Polonia. Da qui critica Kadyrov soprattutto dal suo canale YouTube “Abu-Saddam Shishani”. Oggi sulle sue tracce c’è Magomed Daudov, il braccio destro di Kadyrov, conosciuto in Cecenia con il soprannome di “Lord”, che ha giurato «vendetta di sangue» contro di lui.
Nel 2019 Zelimkhan Khangoshvili, un ex combattente ceceno è stato ucciso in un parco di Berlino: aveva combattuto nella seconda guerra cecena contro le forze russe, all’inizio degli anni Duemila. Nello stesso anno, un rivale politico di Kadyrov, Sulim Yamadayev, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco a Dubai.
«Ci sono stati una mezza dozzina di politici ceceni uccisi a Istanbul negli ultimi dieci anni, e le autorità turche credono che i servizi di sicurezza russi siano coinvolti. Mentre in Ucraina, dove i dissidenti ceceni si sono uniti ai battaglioni di volontari che combattono le forze filo-russe, la combattente cecena Amina Okuyeva è stata uccisa in un agguato della sua auto nel 2017», scrive la Bbc.
Kadyrov è considerato anche il mandante dell’omicidio di Boris Nemtsov, ex leader dell’opposizione russa: il Comitato Investigativo ha incriminato 5 nativi della Cecenia per l’assassinio
Alcune voci dicevano che Kadyrov avessericevuto direttamente da Mosca l’incarico di eliminare il presidente ucraino Volodymyr Zelesnky. «La tua intelligence è zoppa», diceva nel video, rivolgendosi direttamente al leader ucraino. «l’altro giorno eravamo a circa 20 chilometri da voi nazisti di Kiev e adesso siamo ancora più vicini».
Nonostante le minacce non sembra ancora partita una vera e propria caccia all’uomo. Forse proprio perché la presenza di Kadyrov a Kiev era un bluff: è ancora un’ipotesi. È possibile che abbia detto di essere arrivato alle porte della capitale ucraina per galvanizzare le truppe russe e cecene sul territorio.