È ufficiale: la Grande barriera corallina australiana sta subendo un grave e diffuso «sbiancamento di massa». A confermarlo è un report delle autorità locali, che hanno spiegato come i coralli, noti per le loro bellissime tinte sgargianti, stanno perdendo colore per via del cambiamento climatico.
La Reef Authority, insieme all’Australian Institute of Marine Science, ha completato le indagini aeree su un campione rappresentativo di 750 barriere coralline, tutte a loro volta facenti parte della Grande barriera corallina. Lo sbiancamento è stato osservato in più esemplari e in tutte e quattro le aree di gestione, confermando la vasta portata di quest’evento.
È la quarta volta in sei anni che vengono rilevati danni così estesi e significativi. Fino al 2016 erano stati registrati solo due eventi di sbiancamento di massa, ripetutisi però poi nel 2017, nel 2020 e ora nel 2022. Le indagini aeree hanno rilevato che i coralli stanno perdendo i loro colori in una vasta area della barriera, «confermando un evento di sbiancamento di massa, il quarto dal 2016», si legge nel report.
Quest’anno, poi, oltre al danno c’è anche la beffa. Lo sbiancamento dei coralli è avvenuto durante La Niña, cioè il periodo di raffreddamento naturale della superficie oceanica nel Pacifico tropicale centrale e orientale. Questo fatto sta preoccupando moltissimi esperti, spaventati all’idea di cosa accadrà quando arriverà il prossimo El Niño; cioè il fenomeno che comporta l’anomalo riscaldamento delle acque oceaniche nei mesi di dicembre e gennaio.
L’amministratore delegato della società di consulenza Reef Ecologic, il dottor Adam Smith, ha dichiarato al The Guardian che lo scolorimento dei coralli indica un danno immenso nell’oceano. «Il corallo sta praticamente morendo di fame, e così succederà a molte altre specie», ha spiegato l’esperto.
La Grande barriera corallina australiana è il più grande organismo vivente al mondo. Comprende circa 2.500 singole barriere coralline e più di 900 isole, si estende per oltre 2.300 chilometri lungo la costa nord-orientale dell’Australia, e ospita circa 1.500 specie di pesci e 4.000 tipi di molluschi. Perderla sarebbe un danno irrimediabile non solo per l’ecosistema marino, ma per tutta la vita sulla Terra.
I ricercatori hanno infatti avvertito che se le barriere coralline (che ancorano un quarto della fauna marina) moriranno, allora i mezzi di sussistenza di oltre mezzo miliardo di persone saranno probabilmente spazzati via.
La colpa è tutta del climate change, e più precisamente dell’aumento delle temperature. Le barriere coralline tropicali sono infatti tra gli ecosistemi più suscettibili ai cambiamenti climatici.
I coralli (in termine tecnico, Antozoi) sono piccoli polipi che vivono radunati tipicamente in colonie di molti individui simili nei mari caldi. Questi polipi vivono in simbiosi con alcune alghe microscopiche, che non solo conferiscono loro i caratteristici colori vivaci, ma svolgono anche la fotosintesi e quindi forniscono i coralli di sostanze nutritive.
Il problema però sta nel fatto che la simbiosi di coralli e alghe è condizionata dalla temperatura dell’acqua. Un aumento di anche soli 2°C fa sì che le alghe si separino dai polipi, privandoli quindi della maggior parte del cibo e del colore.
Un corallo privo del suo colore non è però un corallo morto. La sua sopravvivenza dipende da quanto tempo le condizioni rimangono stressanti e a quale livello. Se l’acqua rimane troppo calda per troppo tempo, i coralli alla fine moriranno. Ma se la temperatura dell’acqua scende e la luce ultravioletta diventa meno intensa, il corallo potrebbe riprendersi e sopravvivere. Le barriere coralline che subiscono uno sbiancamento diffuso possono quindi ancora riprendersi se le condizioni migliorano; anche se si stima che ci vogliano almeno 12 anni. Per questo, l’impatto completo dell’evento che stiamo testimoniando non è al momento comprensibile appieno.
Amanda McKenzie, Ceo dell’organizzazione australiana Climate Council, ha rilasciato una dichiarazione e ha invitato i governi a smettere di investire nei combustibili fossili e affrontare i problemi che il cambiamento climatico porta con sé. «Purtroppo è stato segnalato un altro sbiancamento grave nella nostra amata Grande Barriera Corallina. Possiamo notare che questi eventi devastanti stanno diventando più comuni a causa del continuo alto tasso di emissioni di gas serra – ha affermato McKenzie – Per dare ai nostri coralli una possibilità di sopravvivenza, dobbiamo affrontare il problema numero uno: il cambiamento climatico».
Un aumento medio di 1,5° Celsius al di sopra dei livelli preindustriali vedrebbe oltre il 99% delle barriere coralline del mondo incapace di riprendersi dalle ondate di caldo sempre più frequenti, hanno riferito gli scienziati. L’aumento di 2°, invece, comporta la mortalità del 100%.
«La cruda realtà è che non esiste un limite sicuro del riscaldamento globale per le barriere coralline», ha spiegato l’autrice principale dello studio, Adele Dixon, ricercatrice presso la School of Biology dell’Università di Leeds. L’accordo di Parigi impone a quasi 200 nazioni di mantenere il riscaldamento globale «al di sotto» dei 2° Celsius, ma anche solo «l’aumento di 1,5° è ancora un riscaldamento eccessivo per gli ecosistemi in prima linea come le barriere coralline».