Il valore degli investimentiIl mondo ha bisogno di ancora più capitalismo per uscire dalle sue tante crisi

Da un lato c'è chi auspica la fine della globalizzazione e del libero mercato, dall'altra ci sono i dati, che dimostrano che forse sarebbe meglio sperare il contrario

Prima con la pandemia da Covid-19 ora con la guerra in Ucraina, c’è sempre qualche commentatore che sancisce – con soddisfazione – la fine della globalizzazione e magari del capitalismo. Ma guardiamo ai fatti. Ecco perché il capitalismo non è il problema, bensì la soluzione ai problemi.

Povertà: prima che il capitalismo emergesse, la maggior parte delle persone nel mondo viveva in estrema povertà. Si stima che 200 anni fa, circa il 20% degli abitanti dell’Inghilterra e della Francia non fosse in grado di lavorare per carenze nell’alimentazione. Al massimo, avevano abbastanza energia per qualche ora di lento cammino al giorno, il che condannava la maggior parte di loro a una vita di accattonaggio.

Nel 1820, circa il 90% della popolazione mondiale viveva in povertà assoluta. Oggi, la cifra è meno del 10%. E soprattutto: negli ultimi decenni, dalla fine del comunismo in Cina e in altri paesi, il declino della povertà ha accelerato a un ritmo ineguagliato in qualsiasi periodo precedente della storia umana. Nel 1981, il tasso di povertà assoluta era del 42,7%; nel 2000, era sceso al 27,8% e nel 2021 era sotto il 10%.

L’indice globale di povertà multidimensionale delle Nazioni Unite (MPI) misura varie forme di povertà (tra cui salute, standard di vita e istruzione) in 80 paesi in via di sviluppo. Se si confronta l’MPI delle Nazioni Unite con l’Indice di libertà economica, si vede che il 35,3% della popolazione dei paesi in via di sviluppo “per lo più non liberi” vive in “povertà multidimensionale”, rispetto a solo il 7,9% delle persone nei paesi in via di sviluppo “per lo più liberi”.

Lavoro minorile: il numero di bambini che lavorano nel mondo è diminuito significativamente, passando da 246 milioni nel 2000 a 160 milioni venti anni dopo, nel 2020. E questo calo è avvenuto nonostante il fatto che la popolazione globale sia aumentata da 6,1 a 7,8 miliardi nello stesso periodo.

Prosperità: nell’anno 1 della nostra era, il PIL pro capite in Europa occidentale era di 576 dollari internazionali, mentre la media globale era di 467, il che significa che in Europa era poco più che raddoppiato nel periodo precedente all’avvento del capitalismo, dall’anno 1 al 1820. E nel periodo dal 1820 al 2003, il PIL pro capite in Europa occidentale è passato da 1.202 a 19.912 dollari internazionali e negli altri paesi capitalisti dell’Occidente a 23.710 dollari internazionali.

E oggi? L’Indice della Libertà Economica, che è compilato ogni anno dalla Heritage Foundation, mostra che i paesi più capitalisti hanno un PIL medio pro capite di 71.576 dollari. Mentre per i paesi “prevalentemente liberi” la media del PIL pro capite è di 47.706 dollari. All’altra estremità della scala, i paesi “prevalentemente non liberi” e quelli “repressi” hanno un PIL pro capite di soli 6.834 e 7.163 dollari, rispettivamente.

Fame: Le più grandi carestie provocate dall’uomo negli ultimi 100 anni sono avvenute sotto il socialismo. Nel più grande esperimento socialista della storia, il “Grande balzo in avanti” di Mao, 45 milioni di persone morirono in Cina tra il 1958 e il 1962. Sulla scia della rivoluzione bolscevica, la carestia russa del 1921/22 costò la vita a 5 milioni di persone, secondo le cifre ufficiali della Grande Enciclopedia Sovietica del 1927. Le stime più alte indicano un numero di morti per fame tra i 10 e i 14 milioni.

Solo un decennio dopo, la collettivizzazione socialista dell’agricoltura e la “liquidazione dei kulaki” di Stalin scatenarono la successiva grande carestia, che uccise tra i 6 e gli 8 milioni di persone. «Quando si usa il termine “carestia”», ha scritto Felix Wemheuer nel suo libro “Der große Hunger”, «la prima cosa a cui la maggior parte delle persone pensa è l’Africa. Nel ventesimo secolo, tuttavia, l’80% di tutte le vittime delle carestie sono morte in Cina e nell’Unione Sovietica». La fine del comunismo in Cina e nell’Unione Sovietica è stato un fattore importante nella diminuzione della fame del 42% tra il 1990 e il 2017.

Ecco perché, alla luce di tutti questi dati, il mondo ha bisogno di più capitalismo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter