«Riprende la battaglia contro l’omotransfobia: ripresentiamo il ddl Zan mercoledì prossimo in Senato». Lo annuncia in un’intervista a Repubblica Alessandro Zan, il deputato del Partito democratico da cui prende il nome la legge contro l’omofobia e i crimini d’odio bocciata a Palazzo Madama sei mesi fa, dopo il via libera della Camera.
«La legge contro i crimini d’odio è stata bloccata al Senato il 27 ottobre scorso. L’ultima immagine è quella dell’applauso sgangherato e violento delle destre, da ultrà dello stadio, che ha fatto il giro del mondo, facendoci quasi vergognare di essere italiani. Ma il 27 aprile scade l’embargo di sei mesi previsto a Palazzo Madama dopo la tagliola», spiega.
«Il ddl Zan sarà ripresentato dalle senatrici e dai senatori del Pd, mercoledì prossimo». Ovvero proprio il 27 aprile. E sarà lo stesso testo che è naufragato. «Perché è quello che aveva avuto il via libera alla Camera a larga maggioranza, voluto da Pd, M5S, Leu e anche da Italia Viva e da una parte di Forza Italia», dice.
Ma ad ottobre, al Senato, quella maggioranza non c’era già più. «Il voto del 27 ottobre è stato vittima di altre partite politiche, che si stavano giocando, a cominciare da quella per l’elezione del presidente della Repubblica», prosegue Zan. «Oggi la situazione è diversa: la Lega è molto in difficoltà, e i trascorsi legami con Putin stanno logorando Salvini e le sue posizioni sovraniste. Siamo nel pieno di una guerra in Europa, dunque la questione dei diritti è urgente e centrale. E mentre il Parlamento è inadempiente sulle leggi di civiltà come questa, che riguarda i crimini d’odio, le persone continuano a essere oggetto di discriminazione e violenze non per quello che fanno, bensì per quello che sono, semplicemente perché esistono. La parità dei diritti è uno dei principi cardine della Costituzione, laddove recita che la Repubblica rimuove gli ostacoli alle disparità».
Nono stante manchino solo undici mesi alla fine della legislatura e l’approvazione appaia tutt’altro che probabile, Zan ci crede: «Se c’è la volontà politica, nulla è impossibile. Ho visto leggi discusse e approvate in poche settimane».
Zan spiega anche che «non è vero che da parte del segretario del Pd, Enrico Letta o da parte mia ci siano state posizioni rigide. La mediazione è il sale della democrazia. Non abbiamo però accettato che fosse tolta dal testo l’identità di genere che, secondo la stessa Corte costituzionale, è un diritto inviolabile delle persone. Togliere quel principio avrebbe avuto come effetto la discriminazione nei confronti delle persone transgender, e il ddl sarebbe risultato palesemente incostituzionale. Però ci sono possibilità di mediazione su altri articoli. Se c’è la volontà di portare a casa una legge, gli spazi di compromesso ci sono».
Non solo. «Il 14, il 21 e il 28 maggio a Milano, a Palermo e a Padova sono previste tre Agorà sulla legge. L’obiettivo è aprire la discussione oltre il Pd, coinvolgendo tutte le energie progressiste del Paese. Il sindaco Beppe Sala aprirà l’Agorà di Milano e si è reso disponibile a organizzare gli stati generali prima dell’estate per cercare un accordo».
E a chi dice che con una guerra accanto e le sue conseguenze economiche e sociali, c’è “ben altro” di cui occuparsi, Zan risponde: «Siamo consapevoli del “benaltrismo” che verrà sbandierato dai sovranisti, ma è proprio questo il momento di ribadire l’importanza di una legge di civiltà perché l’Italia è uno dei grandi Paesi dell’Occidente e difende i diritti, la democrazia e la libertà. Il patriarca Kirill, molto vicino a Putin, per giustificare la guerra all’Ucraina ha usato l’argomento della crociata contro l’Occidente e la comunità Lgbt+».