Un Def di guerraCinque miliardi contro la crisi, ma spunta il fantasma della recessione

Nel Documento di economia e finanza, vengono presi in considerazione due scenari avversi. In caso di stop delle forniture russe di gas, il prezzo raddoppierebbe nel prossimo inverno. Ma il governo è pronto a intervenire con «manovra di sostegno all’economia più robusta»

(LaPresse)

Per presentare il Documento di economia e finanza in conferenza stampa, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha usato le stesse parole che usò da presidente della Bce in piena crisi dell’euro: il governo farà «tutto ciò che è necessario per aiutare le famiglie e le imprese». Gli orizzonti, oggi come allora, sono cupi: la guerra frena «le prospettive di crescita: l’Italia si trova attaccata da più fronti, l’inflazione, il caro energia, la mancanza di materie prime», e il quadro è «drammatico», i «bisogni» dei cittadini sono «disperati», le imprese «soffrono», dice il premier.

Perciò Mario Draghi è pronto al «whatever it takes». Ma lo farà nella cornice europea, senza scostamenti di bilancio che ci esporrebbero – ha spiegato ai partiti che chiedono decine di miliardi – alle intemperie dei mercati. Per prima cosa ci sarà un decreto da varare entro fine mese, con misure finanziate dai 5 miliardi del “tesoretto” del Def, ma se servirà saranno messe in campo anche da altre risorse.

Il Documento di economia e finanza in effetti disegna un quadro macroeconomico a tinte fosche. A dominare è l’incertezza, come già il ministro dell’Economia Daniele Franco aveva anticipato. Per ora la previsione è un Pil 2022 in discesa dal 4,7% al 2,9% ma, spiega Franco, uno stimolo lo daranno le nuove misure «espansive». I dati sono però provvisori. Anche perché l’Italia è pronta ad allinearsi all’Ue sul blocco dell’import del gas dalla Russia se fosse «lo strumento più efficace» di pressione su Putin, a costo di ricadute pesanti in autunno. «Non so se sarà sul tavolo», dice Draghi, che però aggiunge: «Vogliamo la pace o star tranquilli, la pace o accendere il condizionatore?».

Le risorse per il prossimo decreto arrivano, sottolinea Franco, da una gestione «prudente» dei conti pubblici che il ministro rivendica. Il tesoretto è di 9,5 miliardi, ma 4,5 sono stati già spesi: ne restano 5 per le nuove misure, ma non è escluso che se ne stanzino di più. Senza indebitarsi, perché lo spread già in tensione rischia di impennarsi. Perciò il Def conferma il deficit al 5,6%, con il debito che scende di quattro punti al 147%.

In consiglio dei ministri il voto è stato unanime. Ma lo scontento è diffuso anche in maggioranza, dalla Lega al Movimento Cinque Stelle. Giuseppe Conte ritiene «insufficienti» i 5 miliardi. Tutti invocano uno scostamento di bilancio, anche il Pd con Andrea Orlando chiede di trovare le forme per sostenere i redditi.

Ai capi delegazione di maggioranza Draghi chiede di approvare il Def in Parlamento entro il 20 aprile, così che il governo possa varare subito dopo il nuovo decreto di aiuti. Bollette e carburanti restano in cima alle priorità. C’è poi il caro materie prime, che rischia di fermare gli appalti, compresi quelli del Pnrr.

Il premier spinge per «una risposta europea» con un nuovo Recovery plan e un tetto ai prezzi del gas cui però si oppongono Germania e Olanda. Proverà a convincerli, a partire dall’incontro di oggi a Roma con il premier olandese Rutte. Ma le scelte europee, anche sulla sospensione del patto di stabilità, arriveranno a maggio. E oggi Draghi vedrà pure i sindacati. Maurizio Landini, segretario Cgil, lamenta però che il Def sia stato varato prima dell’incontro. E Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, sostiene che le cifre del governo siano troppo ottimiste.

Gli scenari per l’Italia tracciati nel nuovo Def, in effetti, oscillano tra una possibile recessione tecnica e il ritorno alla crescita dello zero virgola. Il primo caso – spiega Repubblica – è meno drammatico del secondo, perché ci consentirebbe di chiudere con un Pil tutto sommato buono, seppur dimezzato rispetto al 2021. Sempre che la guerra in Ucraina non duri a lungo e che ci sia il rimbalzo nella seconda metà dell’anno. Nell’altro caso, legato all’ipotesi di uno stop europeo al gas russo, si aprirebbe invece un sentiero di preoccupante stagnazione.

Il primo trimestre di quest’anno è già stato archiviato col segno meno: -0,5%, scrive il governo nelle pagine del Documento di economia e finanza approvato ieri, indicando nel Pil negativo dell’industria il fattore principale del declino. Per il secondo trimestre l’esecutivo scommette su «una moderata ripresa, grazie ai servizi», ma i «rischi al ribasso» sono in agguato. Il Def cita l’indagine Istat di marzo sulle aspettative delle imprese manifatturiere su ordinativi e produzione «nettamente peggiorate». Confindustria però scommette sul segno meno anche nel secondo trimestre. Il che significherebbe recessione tecnica.

Se l’Italia, in seguito alle decisioni comunitarie, chiudesse il rubinetto del gas che riceve da Mosca da fine aprile a tutto il 2023, ci sono invece due scenari. Il primo, meno drammatico, di diversificazione quasi totale e quindi di sostituzione, anche grazie al coordinamento europeo, di buona parte del gas russo da altre fonti. Il prezzo del gas raddoppierebbe dai 100 euro a megawattora ai 200 euro tra novembre 2022 e febbraio 2023, quello dell’elettricità da 250 a 379 euro. Ma il Pil reggerebbe l’urto perdendo 0,8 punti quest’anno e 1,1 punti il prossimo, l’inflazione salirebbe di 1,2 punti ora e 1,7 punti nel 2023, l’occupazione già dello 0,6 nel 2022 e 0,7 nel 2023.

Ma se la diversificazione non fosse totale, se l’Italia cioè non riuscisse a sostituire il 18% del gas russo quest’anno e il 15% nel prossimo, si dovrebbe procedere al razionamento. I prezzi di luce e gas salirebbero di un altro 10% rispetto al primo scenario. E il Pil crollerebbe del 2,3% quest’anno e dell’1,9% nel 2023. Ovvero oltre quattro punti. Alla fine la crescita sarebbe nei due anni dello zero virgola: +0,6% nel 2022 e +0,4% nel 2023, un solo punto nel biennio. E poiché quest’anno la crescita già acquisita dall’Istat è già del 2,3%, il + 0,6% significherebbe Italia in recessione in tutto il 2022, non solo nei primi due trimestri. Il governo, in questo drammatico caso, interverrebbe però con una «manovra di sostegno all’economia più robusta» dei 5 miliardi già messi in cantiere per aprile.

X