Conti pubbliciDraghi vorrebbe approvare oggi il Def, ma i partiti chiedono un nuovo scostamento di bilancio

Il governo vede il Pil in frenata sotto il +3%, con disavanzo confermato al 5,6% e debito in leggera discesa. Prima del varo del Documento di economia e finanza, ci sarà una cabina di regia. Dal Pd al Movimento Cinque Stelle, la richiesta di extradeficit per finanziare un nuovo decreto di sostegno a famiglie e imprese

Fabio Frustaci/POOL Ansa/LaPresse

Il presidente del Consiglio Mario Draghi vorrebbe approvare il Documento di economia e finanza (Def) nel consiglio dei ministri in programma nel tardo pomeriggio. Ma servirà prima una cabina di regia con i partiti della maggioranza per risolvere i contrasti sul testo e condividere almeno le linee principali del nuovo programma. Un confronto che non si annuncia facile, visto che alla vigilia dell’appuntamento sono arrivate da più parti le richieste di un nuovo scostamento di bilancio.

Il capo dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, ha detto: «Lavoriamo a uno scostamento, a cui adesso aprono anche altre forze politiche». E Antonio Misiani, Pd, ha chiesto di «non considerare un tabù» l’ulteriore disavanzo. La linea di Palazzo Chigi, confermata dal ministro dell’Economia Daniele Franco di ritorno dall’Ecofin, è però quella di non toccare l’obiettivo del deficit al 5,6% indicato nella Nadef. Soprattutto ora che i mercati cominciano ad agitarsi, tenendo sott’occhio il debito italiano.

Il problema, però – come spiega Il Sole 24 Ore – è che gli spazi fiscali che si creano così sono in gran parte già ipotecati dalle coperture degli ultimi due decreti energia, che pesano circa per 5 miliardi. Rimarrebbero quindi a disposizione circa 2 decimali di Pil, quindi 3-4 miliardi, da dedicare alle nuove misure di aiuto e sostegno a imprese e famiglie che il governo ha intenzione di varare subito dopo il via libera del Def. Risorse che arriverebbero anche dalle maggiori entrate: proprio ieri sono stati diffusi i dati sulle entrate tributarie nei primi due mesi, aumentate di 12,3 miliardi, cioè del 16,8% rispetto allo stesso periodo del 2021.

La tensione tra i partiti è alta. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ieri ha ammonito: «Dovrebbe esserci domani il consiglio dei ministri sul Def. Non ho visto nulla, vedremo». Anche il Movimento Cinque Stelle, nei giorni scorsi, aveva avvertito che non avrebbe dato il via libera al Def a scatola chiusa.

Si chiedono chiarimenti su come finanziare le nuove misure di sostegno sollecitate da tutte le forze della maggioranza, che premono per un nuovo scostamento di bilancio che renderebbe possibile coprire un decreto legge del valore di 15-20 miliardi da adottare dopo Pasqua. Ci sarà bisogno di rimettere mano alle accise sul carburante, serviranno sostegni ai settori più in difficoltà. Si capirà oggi se i pochi decimali ricavati dalle pieghe di finanza pubblica basteranno a placare le tensioni nei partiti e nell’economia reale, in attesa di un intervento europeo che però deve ancora prendere forma.

Il Def prenderà atto della brusca frenata dell’economia conseguente alla guerra in Ucraina. A settembre, nella Nadef, il Pil 2022 era fissato al 4,7%, «ora dovremo pensare ad una crescita un po’ sotto al 3%», ha detto la sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra, aggiungendo che «nei prossimi giorni», arriveranno misure per «le imprese più colpite dall’aumento dei prezzi e dalla carenza di materie prime», ma anche sostegni per «le fasce più deboli della popolazione». Il rapporto debito-Pil sarà intorno al 150%, in leggero calo rispetto al 2021. Il deficit sarà all’incirca del 6%.

La frenata del Pil, cominciata già prima della guerra, determina anche un inasprimento della pressione fiscale: nel quarto trimestre del 2021 è schizzata al 51,8% del Pil, il livello più alto dal 2014, portando la pressione nell’intero 2021 al 43,5%, in aumento di 0,7 punti sul 2020.

Ma la corsa delle tasse dovrebbe fermarsi con la riforma del fisco in discussione alla Camera, spiega il Corriere. Questo almeno è uno degli obiettivi del disegno di legge delega sul quale, però, continuano i litigi nella maggioranza. Il punto più controverso, dopo lo scontro sul catasto, è ora legato alla riformulazione dell’articolo 2 che introduce, in via transitoria, due aliquote sui redditi da capitale. Il timore del centrodestra è che il governo nei decreti attuativi fissi le aliquote al 15% e al 26%, con effetti, per esempio, sul prelievo sui Bot, ora al 12,5%. Quanto basta per un nuovo muro contro muro tra centrodestra e il resto della maggioranza.

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