Il passo verso l’adesioneLetta propone di creare una Confederazione europea con l’Ucraina e i Paesi dell’Est

Il segretario del Pd dice che non vanno commessi gli errori del passato. Con questo modello a 36, Kiev e gli altri Stati in attesa «potrebbero partecipare alla vita pubblica europea e avere soggettività in uno spazio politico e strategico comune». In parallelo proseguirebbe, senza forzature, il «percorso ordinato» di ingresso nella Ue

Cecilia Fabiano/ LaPresse

«È giusto aprire le porte europee all’Ucraina e ad altri Paesi dell’Est che hanno la stessa aspirazione di libertà e democrazia. È sbagliato sminuire la complessità di questo processo». Perché «l’ingresso è tutt’altro che semplice». I ritardi da colmare per adeguarsi agli standard richiesti sono molti, così come è imponente l’impatto potenziale di un nuovo allargamento sull’assetto stesso dell’Ue. Per questo, scrive il segretario del Partito democratico Enrico Letta in un’intervento sul Corriere, occorre creare subito «una Confederazione europea, composta dai 27 Stati membri, dall’Ucraina e da Georgia e Moldavia, e poi da Nord Macedonia, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia e Kosovo. Si otterrebbe un duplice risultato. L’Ucraina e gli altri Paesi in attesa potrebbero partecipare alla vita pubblica europea e avere soggettività in uno spazio politico e strategico comune. In parallelo proseguirebbe, senza forzature e con la tempistica opportuna, il percorso ordinato di adesione alla Ue».

Letta spiega che l’allargamento europeo dopo il 1989 è proseguito «senza visione. All’inizio grandi promesse; poi anni di docce fredde; infine, l’accelerazione. Il risultato? Il risentimento negli uni, i nuovi arrivati, e la diffidenza degli altri, i vecchi membri. Le vicende successive di Ungheria, Polonia o del gruppo di Visegrad lo testimoniano».

«Il mio appello è: non commettiamo gli stessi sbagli», dice. Nella sua proposta, la declinazione più concreta di questa nuova Confederazione «sarebbero le riunioni dei Consigli europei che dovrebbero essere immediatamente seguite, con grande forza simbolica, nello stesso luogo, dal summit dei leader della Confederazione».

In passato i Paesi dell’Europa centro-orientale manifestarono da subito la volontà di essere parte della Comunità che stava trasformandosi in Unione. «La risposta fu pronta e affermativa, come lo è quella che diamo oggi all’Ucraina», racconta Letta. «La carica ideale fece, però, perdere di vista le ricadute pratiche. Si procedette tra grandi impegni retorici e un piano di percorsi singoli e relazioni bilaterali, senza che fosse ben ponderata ogni possibile complicazione. Non andò come ci si aspettava ed emerse la complessità di una operazione che in un colpo solo avrebbe raddoppiato il numero dei Paesi membri e trasformato il modo di essere dell’Unione. In questo percorso tortuoso non si riuscì, ad esempio, a riformare il processo decisionale e ad abolire il diritto di veto in tanti, troppi ambiti. Ci vollero lustri per completare l’allargamento. Le opinioni pubbliche divennero ostili. E fu solo grazie alla determinazione della Commissione Prodi che il processo giunse a compimento».

Ora, le vicende di queste settimane confermano comunque «quanto sia stato importante comunque riuscire nell’allargamento. Ma si sarebbe dovuto evitare di concentrare tutto solo sull’adesione più rapida possibile alla Ue. Si sarebbe dovuto fin dall’inizio costruire un’architettura più ambiziosa. Il tutto al fine di far coesistere due esigenze complementari: la condivisione immediata della politica e l’adeguamento progressivo delle politiche».

Per questo, «la Confederazione europea sarebbe il luogo del dialogo politico tra i 36 membri. Si concorderebbero scelte comuni. Si affinerebbe la capacità di definire insieme strategie globali, a partire dalla difesa della pace, dalla sicurezza, dalla promozione di un modello di sviluppo giusto e sostenibile e dalla lotta al cambiamento climatico. E si caricherebbe di forza, anche simbolica, l’unità del continente».

«Le convulsioni di questi giorni drammatici non devono mai farci perdere di vista il quadro generale o smarrire la lucidità nel prevedere le conseguenze sul futuro delle scelte che si assumono oggi», avverte il segretario Dem. «L’Europa di domani sarà diversa, comunque diversa. Per questo è vitale guidare il cambiamento e non farsi guidare dagli eventi, a partire dalla determinazione a fare dell’Unione Europea sempre di più un continente di pace che lotta per la pace. L’Europa è la nostra casa: è talmente attrattiva che milioni e milioni di cittadini dall’esterno vogliono farvi parte. È talmente preziosa che riformarla, rendendola più solida, è un dovere storico, forse il più impegnativo mai affrontato dalle nostre generazioni».

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