Prima gli ucrainiIl flop della retorica anti-immigrati mette in luce il lato migliore dell’Italia

Dopo anni di grida all’invasione e di guerra ai barconi anche Matteo Salvini deve archiviare gli slogan che lo avevano portato in cima ai sondaggi. Con la guerra le priorità sono cambiate e il Paese si scopre solidale e aperto

AP Photo/Sergei Grits

Oltre 91mila profughi ucraini sono sinora arrivati in Italia. Molti altri ne arriveranno nei prossimi giorni. Quando negli anni scorsi sbarcavano a Lampedusa 200 immigrati dal Nord Africa a bordo di gommoni fatiscenti Matteo Salvini gridava “si salvi chi può”: era la retorica più disgustosa della storia, l’abominevole strepito “prima gli italiani”, l’espressione più ferina addirittura di un ministro degli Interni che teneva comizi ovunque gridando all’”invasione” dei neri.

Perché il problema era quello, oggi lo di vede a occhio nudo: erano neri (più spesso, negri). Le ucraine e gli ucraini invece sono chiari, hanno gli occhi verdi, lineamenti europei. Non ci rubano il lavoro, come quegli altri, chissà perché. Entrino, dunque. Non c’è altra differenza fra chi scappa da Mariupol o dalla Nigeria che il colore della pelle.

Non è credibile il discorso di Salvini secondo il quale le donne, gli uomini, i bambini dell’Ucraina hanno diritto di venire da noi perché lì c’è una guerra (innescata dal suo amico Vladimir Putin, ma questo non lo dice) facendo finta di non capire che l’Africa – e non solo l’Africa – è tutta una guerra, anche là dove non ci sono combattimenti con le armi ma il conflitto è con la malattia, la fame. Il capo leghista non ha ancora assimilato le grandi e semplici parole che Martin Luther King pronunciò il 28 agosto 1961 a Washington: «Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere», ma è anche chiaro che la sua propaganda razzista non “buca” più da tempo, è stata un serpentello velenoso che lui ha incantato davanti a un Paese che gli è andato appresso per qualche anno e che ora lo sta scaricando. L’immigrazione non è quel flagello che lui dipingeva dietro la scrivania del Viminale, e anche dopo: è un problema ma non un’emergenza. L’agenda politica è tutt’altra, l’Italia ha altri problemi: lui non ancora capito cosa sostituire alla vecchia narrazione.

L’Italia, già. Se ne parla, ne parliamo tutti, spesso male. Lo merita e non lo merita. In questo caso non lo merita. Guardate lo sforzo organizzativo, legislativo e anche economico che il nostro Paese, non a caso il più ambito dai profughi ucraini, sta facendo. Prendiamo le notizie dal Sole 24 Ore: «Come prevede l’ordinanza 872/2022 della Protezione civile, con la sola richiesta del permesso di soggiorno presentata in Questura e legata alla protezione temporanea Ue, gli ucraini potranno lavorare sia in forma subordinata, anche stagionale, sia autonoma. Tutto questo in deroga ai numeri previsti dal decreto flussi che disciplina ogni anno l’accesso al lavoro in Italia dei cittadini extracomunitari».

Non entriamo nei dettagli ma, per esempio, i medici ucraini che hanno il passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, seguendo le regole previste, potranno essere assunti con contratti a termine o avere incarichi libero professionali (anche co.co.co.) in strutture sanitarie pubbliche o private, e tutti gli sfollati potranno trovare lavoro come infermieri o come assistenti per le persone anziane o disabili, nel comparto alberghiero e nell’agricoltura, mentre il decreto Ucraina ha stanziato fondi che consentiranno di dare a ogni cittadino 300 euro, 150 per ogni minore.

È uno sforzo molto serio, quello della Protezione civile impegnata a gestire l’enorme afflusso di rifugiati. Ma l’Italia, quando vuole, le cose le fa. Gli italiani lo capiscono molto meglio di certi buffoni nei talk show. Una ricerca di Ilvo Diamanti per Repubblica certifica che «2 cittadini su 3 si dichiarano d’accordo con Mario Draghi» sulla preferenza per la pace rispetto all’aria condizionata, che, al di là della efficacia della formula, indica una disponibilità alla concreta solidarietà con con la causa di Kiev. Gli italiani – non capita tutti i giorni dirlo – certe volte sono davvero brava gente. Molto più di uno sventurato ex ministro degli Interni.

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