EnopoliticaIl vino francese pende a destra

All’indomani dell’elezione presidenziale d’Oltralpe si tirano le somme e si fanno le analisi. Dalla mappa del voto emerge la maggior propensione delle grandi regioni viticole per Marine Le Pen

Archiviato il voto per la presidenza della Repubblica francese: rieletto Emmanuel Macron, che per cinque anni sarà ancora domiciliato al 55, rue du Faubourg Saint-Honoré, ossia al palazzo dell’Eliseo. Con profondo sollievo dell’Europa e degli europeisti, e un misto di delusione e irritazione tra chi auspicava un drastico cambio al vertice, per scrollare bruscamente il “sistema”. Dai dati nazionali emerge però un chiaro arretramento del campo repubblicano: Macron vince con il 58,5% dei voti espressi (–7,5% ma soprattutto quasi due milioni di voti in meno rispetto a cinque anni fa). L’estrema destra di Marine Le Pen (41,5%) guadagna invece esattamente la stessa percentuale (+7,5%) e oltre 2,6 milioni di schede in più nel confronto con il ballottaggio 2017. In calo la partecipazione (72%), ma anche le schede bianche e nulle.

Una Francia due volte spaccata
Se si osserva la mappa del paese, si nota una spaccatura abbastanza netta, con Parigi e l’ovest/sud-ovest perlopiù pro-Macron (o anti-Le Pen, ché per la terza volta nella Storia di Francia il secondo turno della presidenziale è stato sostanzialmente un referendum a favore o contro l’estrema destra).
Questa spaccatura geografica va però sovrapposta a una dicotomia città/campagne: le prime in genere per il campo repubblicano, le seconde spostate verso il radicalismo; divisione di tipo eminentemente culturale, che ricalca in parte una frattura sociale: ricchi e classe media più per Macron, classi popolari e poveri attratti dal voto “di protesta” lepenista.

Il mondo rurale e la tentazione del Rassemblement National
Questa lettura illustra anche – con la dovuta cautela e tutte le riserve del caso, pena una generalizzazione fallace – l’adesione crescente del mondo agricolo alle tesi di “rottura” del Rassemblement National (già Fronte Nazionale), il partito di estrema destra capitanato da sempre dalla famiglia Le Pen (prima il fondatore Jean-Marie, oggi la figlia). Prezzi di vendita sempre più bassi, costi di produzione in rapida e costante crescita, ritmi e carichi di lavoro estenuanti, incertezza nel futuro, insidie nella successione (le imposte sui patrimoni immobiliari sono molto elevate in Francia, al momento del passaggio dell’eredità) ecc.: il mondo agricolo d’Oltralpe (il primo d’Europa: 670mila lavoratori, appena il 2,5% della forza lavoro nazionale, ma comunque 31 miliardi di euro di valore e una forte tradizione identitaria) è da anni in tragica crisi, con sempre più concentrazione della produzione, perdita costante di numero di aziende agricole e un tasso di suicidi agghiacciante (quasi due al giorno)!

L’eccezione vinosa
Il meno che si possa dire è tuttavia che non sempre, nell’ambito rurale, le criticità economiche sembrano spiegare le ragioni di chi pende così fortemente a destra. Certo, esistono aree viticole poco valorizzate, dove Le Pen fa ampiamente breccia: Linguadoca e Rossiglione, il cosiddetto “Midi”, ad esempio sono fedeli al RN da tempo. Nel dipartimento del Gard Le Pen ha vinto al ballottaggio con il 52,1% dei voti, idem nell’Aude (54,9%) e nei Pirenei Orientali (56,3%).
Al contrario sembra invece muoversi un altro territorio vinoso non molto facoltoso: la Loira. Qui, più ci si sposta verso ovest e più cresce il rigetto per l’estrema destra. L’Indre-et-Loire (il dipartimento di Tours, dove nascono il vouvray, il chinon, il bourgueil…) ha votato Macron al 62,7%; il Maine-et-Loire (Angers, patria di saumur, layon, savennières) al 66,5%; la Loire-Atlantique (Nantes, dove si produce il popolare muscadet) ha votato contro Le Pen al 69,5% (e al primo turno aveva piazzato la sinistra di Mélenchon al secondo posto). Anche nel distretto dell’ubertosa Sancerre Macron è compattamente sopra il 60%, meglio di quanto non abbia fatto su base nazionale.

Jura e Alsazia in chiaroscuro
Nell’est del paese il piccolo Jura, con i suoi pregiati vini oggi molto di moda, ha optato per Macron, ma nettamente meno della media nazionale (53%). Arbois e Château-Chalon, prestigiosi centri vinicoli, però si distinguono con 63,8% e 62,5%.
L’Alsazia sembra spezzata tra il nord in linea con la media nazionale, forse anche per la presenza di Strasburgo (con il suo parlamento europeo) e il sud, più viticolo e più a destra (Le Pen 47,1%). Anche qui però i centri urbani sembrano smarcarsi (Colmar 59,7% per Macron).

La Borgogna divisa a metà
La nobile e celebratissima Borgogna viticola non è univoca. Le città sono acquisiste alla causa repubblicana (Beaune 61% per Macron, Digione addirittura 69,9%), ma i paesi simbolo dei grandi vini parteggiano talora per l’estrema destra più della media nazionale: Meursault 43,1%, Chablis 45,1%, Gevrey-Chambertin 47,3%, così come i dipartimenti presi nel loro complesso: Côte-d’Or per Le Pen al 42,7% (poco più della media), Saône-et-Loire al 46,7% (anche se più nelle aree non viticole), la ruralissima Yonne, la zona dello chablis, lepenista convinta al 51,6%!
Curiosamente si distinguono come strenui repubblicani alcuni celebri comuni del vino: Nuits-Saint-Georges (Macron 58,7%), Chambolle-Musigny (60,1%), Puligny-Montrachet (61,2%), Pommard (69,3%), Volnay (64,6%), Vosne-Romanée (paese della leggendaria Romanée-Conti) addirittura 71,1% (ma occorre relativizzare: si tratta di 138 voti contro 56)! Il sud della Côte-d’Or sembra dunque mantenere uno storico legame con il progressismo.

Provenza, Rodano, Bordeaux e Champagne a destra tutta
L’adesione del sud della Francia all’estrema destra è cosa nota e tutt’altro che nuova. Coerenti con questa tendenza politica sono anche le aree viticole della Provenza e del Rodano meridionale. Par fare solo l’esempio di due nomi altisonanti del vino, Bandol ha votato Le Pen per oltre il 48% e Châteauneuf-du-Pape addirittura al 49,7%, decretando di fatto un pareggio. Ampuis, culla della celebre Côte-Rôtie, patria della syrah, si è rivelata lepenista al 49%.
Anche le due regioni vinose forse più note nel mondo intero sono nettamente più a destra della media nazionale. Il dipartimento di Bordeaux – la Gironda – ha premiato nettamente Macron (61,4%), ma se si scandagliano i comuni che ospitano gli châteaux più famosi il Rassemblement National ha di che rallegrarsi quasi ovunque: Sauternes 48,7%, Pomerol 49,8%, Margaux 54,6%, Pauillac 56%, Saint-Estèphe 65,8%! Fa eccezione Saint-Émilion, che si allinea alla tendenza nazionale (Macron 60,9%).

Chiaramente più a destra della media francese è la Champagne. Il dipartimento della Marne, il cuore dello spumante più blasonato del pianeta, fa registrare quasi un pareggio: Macron 52,1%, Le Pen 47,9%. Le città vinicole si schierano con il presidente uscente: Épernay di poco (54,3%), Reims con più decisione (61,8%). Molti villaggi Grands crus pendono invece dalla parte della candidata nazionalista: Ambonnay 53%, Aÿ 53,6%, Bouzy 53,8%, Le Mesnil-sur-Oger 55%, Avize 55,5%, Cramant 55,8%. Se ci spostiamo nel sud della Champagne lo scenario non è dissimile: l’Aube ha scelto Le Pen al 51,7%, sostanzialmente con la sola eccezione del suo capoluogo, Troyes.

Quali conclusioni?
È molto azzardato trarre delle valide conclusioni da questa succinta analisi – che peraltro ovviamente non isola i soli voti dei vignaioli, ma li cala nel loro contesto socio-geografico. Tuttavia la maggior propensione a destra che la Francia del vino sembra evidenziare potrebbe risultare da una somma di fattori non necessariamente incompatibili tra di loro: il malessere generale del mondo agricolo, la tendenza politica della “periferia” rurale rispetto alle città, il conservatorismo spinto di alcuni ambienti benestanti molto tradizionalisti, un certo nazionalismo che deriva da una simbolica legata anche all’orgoglio transalpino per il vino.

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