«Abbiamo concordato il nostro fabbisogno: cinque miliardi di dollari al mese nei prossimi tre o quattro mesi. È il finanziamento necessario solo per esigenze umanitarie e civili, non militari». Sergii Marchenko, ministro delle Finanze ucraino, lo dice in un’intervista al Corriere, dopo aver partecipato la scorsa settimana al summit del Fondo monetario internazionale. A lui spetta un compito vitale per l’Ucraina: trovare le risorse perché il Paese sopravviva e spiegare ai governi europei come indebolire la Russia, colpendo gas e petrolio.
«Puntiamo a un’azione collettiva da parte dei Paesi del G7, del Fondo monetario, della Banca Mondiale», dice. «Avere dei trasferimenti diretti da non rimborsare sarebbe meglio, chiaro. Ma anche i prestiti sono una possibilità, cerchiamo qualsiasi modo di coprire il nostro deficit. L’Italia è stato il primo Paese a sostenerci dopo l’inizio della guerra, con una donazione di 110 milioni di euro. A Washington la settimana scorsa ho incontrato il ministro Daniele Franco e mi ha detto che il vostro governo discute di darci altri 200 milioni in prestito».
La sua stima sul costo delle devastazioni inferte dalla Russia «potrebbe essere di centinaia di miliardi di dollari. Ma ora credo si possa invitare un team della Banca mondiale. Lasciamo che siano loro a fare un calcolo affidabile».
Secondo Marchenko, questi danni vanno compensati sequestrando e usando le centinaia di miliardi in euro e dollari detenuti all’estero, ora congelati, delle riserve della banca centrale russa. La questione, però, «è come attuare quest’idea. La mia collega canadese Chrystia Freeland su questo si è mossa molto rapidamente. Il suo governo intende assumere il potere di vendere i beni russi sequestrati e girare i proventi a favore delle vittime della guerra. Sequestreranno le riserve in dollari canadesi della banca centrale russa e le metteranno a disposizione dell’Ucraina. Altri Paesi dovrebbero fare lo stesso, credo. Gli Stati Uniti e poi anche il Regno Unito».
Allo stesso modo, continua, «spero ci siano azioni congiunte da parte dell’Unione europea: al G7 abbiamo parlato proprio di come si possano usare per l’Ucraina i beni russi congelati. Anche quelli degli oligarchi sotto sanzioni, pensiamo noi». Certo, ammette, «non so se sia legalmente possibile, i giuristi stanno studiando la questione. Potrebbe servire una decisione politica, una legge, anche se sono un po’ scettico a causa della burocrazia. Ursula von der Leyen, Charles Michel e Valdis Dombrovskis ci aiutano, ma abbiamo bisogno di una vera leadership in Europa. Una persona che spinga, che risponda alle domande, organizzi il lavoro».
Ma la Germania potrebbe fare di più, spiega. «Ho avuto molti buoni colloqui con il mio collega Christian Lindner, che è molto amico dell’Ucraina. Il suo governo ha appena sbloccato la prima tranche di un prestito a noi da 150 milioni di euro, che era stato deciso più di due anni fa. Abbiamo appena avuto i soldi. Noi ci aspettavamo da Berlino non meno di quanto riceviamo da Londra o da Washington». E aggiunge: la Germania «è la più grande economia d’Europa, una delle più grandi al mondo, eppure offre un decimo del sostegno che abbiamo da altri. Italia, Francia, Canada, Paesi Bassi, Giappone e anche piccoli Paesi come la Lituania si sono fatti avanti con dei fondi. La Germania ha impegnato altri 150 milioni due mesi fa, ma per ora non c’è stato alcun esborso. Adesso comunque la vedo più solidale di come fosse nel primo mese di guerra».
E infine arriva la richiesta di Marchenko all’Europa su un «embargo totale» su gas e petrolio. «È la nostra priorità numero uno», dice. «Se poi non fosse possibile o se ci volesse tempo per arrivarci, allora si potrebbero fissare dei tetti al prezzo su gas o petrolio. O dei dazi. Magari anche su tutte le importazioni dalla Russia, e i fondi così raccolti potrebbero andare alla ricostruzione dell’Ucraina. Ogni giorno la Russia riceve dall’Europa un miliardo di dollari per il gas e il petrolio. E ogni giorno la guerra costa all’Ucraina 400 milioni in spese e perdite. Va riequilibrato».
Eppure, ammette, Mosca «ha raccolto abbastanza riserve nel suo fondo sovrano e forse ha anche altri asset. Anche incassando zero da gas e petrolio, i russi possono tenere per un po’. Per ora sono in una condizione molto comoda, malgrado le sanzioni».