ContrattaccoLa strategia militare dell’Ucraina per respingere i russi

A sei settimane dall’inizio dell’invasione, la situazione continua a essere critica, nonostante si sia allentata la pressione sulla capitale

LaPresse

In questi giorni si sta facendo una gran confusione rispetto agli obiettivi che Kiev si può porre in questa lotta per la sopravvivenza. Complici sono la segretezza con cui lo stato maggiore ucraino ha avvolto il proprio assetto militare, l’impulso dei giornali a promulgare titoli roboanti e il riordino delle forze russe in vista di un’offensiva contro la Joint Forces Operation (JFO), il fronte di guerra ucraino contro le milizie pro-russe del Donbass.

Possibile che avvenga l’impensabile? È immaginabile che il Davide ucraino possa lanciarsi in una controffensiva ai danni del Golia russo? Se è vero che le armi fornite da Unione europea e NATO sono qualcosa di più di semplici fionde, è consigliabile non farsi travolgere dall’entusiasmo per una possibile riconquista dei territori occupati.

Riconoscere che il ritiro russo dalla capitale e lo stop alle offensive verso Odessa e Kharkhiv siano dovuti soprattutto agli errori commessi dall’invasore non toglie nulla al valore dei difensori, né all’inaspettata competenza dell’esercito ucraino. Rimane tuttavia illusorio pensare che il governo si trovi ad agire in un contesto strategico che favorisca una rapida riconquista dei territori persi nel primo mese di guerra.

La situazione continua a essere critica nonostante sia stato sventato il rischio di un collasso militare. La capitale non è più sotto minaccia diretta di un assedio, ma resterà comunque vulnerabile a raid aerei e missili cruise e balistici provenienti dalla Bielorussia.

Al sud è altamente improbabile che l’invasore allenti la presa attorno all’area di Kherson e Mikolayiv, dove linee logistiche più gestibili incentiveranno i russi a consolidare le proprie retrovie e a imporre un’occupazione più o meno efficace allo sbocco della Crimea. A est, la speranza di liberare Mariupol è ormai ridotta a zero, e lo spostamento del centro di gravità delle forze russe verso Izyum permetterà ai russi di concentrare le proprie forze lungo una linea del fronte più corta rispetto alle prime settimane di guerra.

È verosimile che gli invasori proveranno il tutto per tutto montando un attacco lungo questa direttiva nord-sud, provando a tagliare le truppe ucraine nel JFO dal resto del paese. Il successo di questa operazione non è scontato. Un fronte più corto favorisce i difensori, che meglio conoscono il Donbass e possono contare sugli stessi vantaggi presenti nel nord del paese: logisticamente, sarà molto difficile avanzare verso il Dnipro senza catturare Kharkiv, con tutti gli svantaggi di un altro lungo assedio urbano.

Tuttavia, obiettivi più modesti come circondare il saliente ucraino a Severiodonetsk sembrano più a portata di mano, anche se il terreno si rivelerà abbastanza problematico (i rigagnoli e boschi a nord di Kramatorsk saranno ancora meno navigabili a causa dei fanghi primaverili). Privilegiare le operazioni in questa area permetterà anche di concentrare le sortite aeree e il supporto da parte delle formazioni missilistiche russe, permettendo forse di applicare in maniera più organizzata la dottrina operativa russa.

Comprendere le possibili mosse del Cremlino è fondamentale per cogliere il tipo di operazioni offensive potranno mettere in atto gli ucraini. I contrattacchi a cui abbiamo assistito finora si sono concentrati in zone in cui i russi erano già in ritirata o in regioni in cui l’invasore non era ancora riuscito a consolidare le proprie conquiste. È inoltre probabile che gli ucraini potranno sferrare degli attacchi locali per disorganizzare le formazioni russe che si stanno posizionando per nuove offensive.

La mancanza di materiale e il vantaggio materiale russo impediranno però offensive in grande stile, suggerendo piuttosto la creazione di una difesa in profondità grazie ai nuovi sistemi occidentali (soprattutto gli Switchblade americani, che permettono di colpire in profondità le linee logistiche avversarie).

Alcuni paesi NATO, in particolare la Repubblica Ceca, hanno iniziato a mandare mezzi pesanti (fra cui il blindato per fanteria BMP-1 e il carro armato T-72) provenienti dagli ex arsenali del Patto di Varsavia. Questi modelli sono noti agli operatori ucraini e verranno equipaggiati molto rapidamente. Tuttavia, è lecito dubitare che l’Occidente abbia a disposizione un numero sufficiente di mezzi e pezzi di ricambio per sostenere formazioni ucraine impegnate in un’offensiva di terra.

Di norma gli attaccanti si trovano sempre in una posizione di vulnerabilità, e in Donbass (così come in altre zone del fronte) gli ucraini non sono dotati di sistemi antiaerei capaci di negare le operazioni dell’Aeronautica Militare russa. Gli snodi logistici nelle retrovie rimangono esposti ai colpi russi; provare a organizzare offensive complesse metterebbe a rischio il sistema difensivo ucraino con la prospettiva di ingenti perdite. A ciò si aggiunge che nel medio periodo sarà necessaria una transizione a sistemi occidentali per sopperire alla penuria di sistemi post-sovietici, e ci vorrà tempo affinché Kiev possa integrare questi nuovi mezzi nel proprio arsenale. Fino ad allora, l’Ucraina non potrà permettersi perdite inutili, anche se è possibile immaginare un tentativo per riprendere Kherson nel caso le forze russe a difesa della città siano particolarmente indebolite.

Da questo momento in avanti, l’obiettivo più realistico per le forze ucraine sarà quello di mantenere alto il livello di attrito per le operazioni russe. L’attrito «è la forza che rende l’apparentemente facile così difficile», per citare Clausewitz: l’accumulo di piccoli errori, incidenti e perdite non dovute a grandi operazioni che nel medio termine rendono un esercito incapace di combattere efficacemente. L’incompetenza logistica russa nelle prime fasi della guerra rende l’invasore particolarmente suscettibile alla frizione operativa, e se gli ucraini riusciranno a impegnare i russi in una guerra di logoramento anche nelle prossime settimane (sfiancandoli anche con attacchi mordi-e-fuggi e offensive locali), allora il Cremlino sarà costretto a prendere decisioni piuttosto spiacevoli.

Dal lato russo, la penuria di soldati a contratto si sta già facendo sentire, anche se nelle prossime settimane è possibile che Mosca proverà a portare al 100% degli effettivi le unità già teoricamente impegnate sul campo. Un tipico battaglione russo (che a sua volta può generare fino a tre batallion tactical groups, l’unità di riferimento per questa operazione) si attesta a tre quarti degli effettivi in tempi di pace, e per completare ogni unità sarebbe necessaria una mobilitazione generale e il richiamo delle unità di leva.

Se le perdite dovessero continuare senza ottenere alcun risultato e la guerra dovesse continuare, cos’altro potrebbe fare la Russia se non interrompere le operazioni o innescare un’escalation più ampia? Entrambe le prospettive non difettano di vantaggi per Kiev.

X