La guerra in diretta, i talk show, le notizie in tempo reale. Tutto da quasi due mesi. Uno spettacolo di violenza – spiega Ilvo Diamanti su Repubblica – che ha sollevato indignazione, preoccupazione e paura. E sollevato anche molti dubbi e sospetti. Fino alla negazione dell’evidenza dei fatti, confondendo, a volte annullando, la distinzione fra vittime e aggressori.
Secondo un sondaggio condotto da Demos per Repubblica, un italiano su quattro diffida delle notizie sugli orrori russi nella guerra in Ucraina, definendoli come propaganda di Kiev.
Quasi sette persone su dieci si dicono (molto o abbastanza) informate sugli avvenimenti e l’evoluzione del conflitto. Nella maggioranza dei casi, giudicano positivamente la rappresentazione della guerra offerta dalla tv. Un po’ meno, la narrazione e la cronaca proposte dai giornali, apprezzate, comunque da metà dei cittadini.
La tv costituisce da tempo il principale canale di informazione. Gli italiani si dicono, invece, molto meno soddisfatti del ruolo svolto dai talk show che enfatizzano il conflitto in Ucraina, fino a trasformarlo in un «spettacolo permanente» nel quale, di fronte alle immagini della tragedia, recitano «attori» di diversa professione e impostazione. Esperti di geo-politica e di guerra, cronisti, giornalisti, analisti, opinionisti, politici e militari. Hanno occupato la scena dove prima intervenivano altri «specialisti della paura», ovvero virologi e medici che si occupavano del Covid, oggi largamente oscurato e messo in ombra dall’intervento russo in Ucraina.
Nell’insieme, però, la comunicazione intorno alla guerra suscita, fra i cittadini, un atteggiamento scettico. Quasi metà degli italiani intervistati da Demos ritiene l’informazione sul conflitto «distorta e pilotata». Quasi una persona su quattro, in particolare, la ritiene faziosa. Ed esprime un approccio negazionista, quasi complottista, ritenendo cioè che le notizie e le immagini dei massacri compiuti siano largamente false o falsificate. Amplificate e/o costruite ad arte dal governo ucraino. E, dunque, «ispirate» da Volodomyr Zelensky per delegittimare la figura di Vladimir Putin e «criminalizzare» l’azione dell’esercito russo.
La diffidenza verso l’informazione sulla guerra appare diffusa e politicamente trasversale, ma risulta particolarmente estesa nelle componenti che si collocano più a destra. Fra gli elettori dei Fratelli d’Italia è al 60%. È, tuttavia, maggioritaria anche nella base della Lega e del Movimento Cinque Stelle. E, appena più ridotta, tra chi vota Forza Italia. Solo gli elettori del Pd affermano, in gran parte, di credere alla rappresentazione della guerra proposta dai media.
Il profilo della «diffidenza mediatica» è enfatizzato quando si osservano la ri-costruzione e l’attribuzione delle responsabilità di fronte agli effetti sanguinosi e tragici dell’invasione russa. In questo caso, quasi un quarto degli italiani (intervistati) manifesta «distacco». Ritiene, cioè, le notizie e le immagini che provengono dal centro della guerra false. Una «montatura del governo ucraino», raccolta dai nostri media per interesse politico e per alimentare gli indici di ascolto e di consumo mediatico.
Così, spiega Diamanti, possiamo assistere alle immagini e alla cronaca della guerra come se non ci riguardassero. Da spettatori. Tuttavia, siamo consapevoli che si tratta di uno spettacolo che ci potrebbe coinvolgere. Per questo, è diffusa la tentazione di restare lontani, al di qua dello schermo.