Presunto atlantismoQuando l’odio per l’America è più forte dell’amore per la libertà degli ucraini

Una buona parte della nostra opinione pubblica cova un risentimento a prescindere verso gli Stati Uniti. Questi rossobruni preferiscono fare le pulci a chi muore sotto le bombe piuttosto che biasimare chi ha invaso uno Stato democratico

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Magari è venuto il tempo di dirla tutta sui movimenti di opinione, o piuttosto di pancia, davanti alla scena delle operazioni speciali in Ucraina. Sarebbe salutare riconoscere che un larghissimo consorzio sociale, ottimamente rappresentato a destra e a manca, è a dir poco recalcitrante all’idea di tenere appeso in camera il ritratto dell’imperialista di Washington e se dovesse dar sfogo senza obbligate prudenze ai propri impulsi metterebbe in bella mostra il bel viso rassicurante del patriota denazificatore.

Il profluvio di sondaggi sul gradimento italiano a proposito delle iniziative di sostegno della resistenza ucraina è la spia lucente di quella verità: odiamo più l’America rispetto a quanto amiamo il diritto degli ucraini di difendersi. E il nostro presunto atlantismo, nella poca misura in cui esiste e trova riscontro, è una specie di finzione, l’effetto di un’operazione di innesto: ma non è sentimentale, non è genetizzato tra le cose che formano la genuina fibra civile del Paese.

Il sodalizio editoriale tra il vecchio stalinista e il virgulto del giornalismo Dio-Patria-Famiglia, l’uno e l’altro mobilitati a ricognizione della colpa anglosassone e della servile subordinazione continentale, e a riaffermazione dell’interesse popolare cui quelle attenterebbero, non è il bizzarro coniugio degli opposti che si ritrovano su un campo episodicamente comune: è il riassunto esemplare di tradizioni convergenti ed è, soltanto messa in bella copia, la chiacchiera nazionale maggioritaria.

Quella della “guerra per procura” che il segretario del Partito democratico, meritoriamente, giudica ignominiosa ma non capendo, o facendo le mostre di non capire, che l’ignominia, purtroppo, non sta nella chiacchiera ma nel fatto che essa è assai ben accreditata presso una fascia tutt’altro che minoritaria non solo dei ranghi politici ma della cosiddetta opinione pubblica.

Riconoscere che, pur senza arrivare a dar credito alle oscenità sugli attori e sulle modelle assoldati per recitare la parte dei bombardati, una buona quota di connazionali è proclive a far le pulci a chi sta sotto alle bombe, e a far spallucce davanti al dettaglio che non sarebbe stato necessario mandargli armi se gli altri non avessero cominciato la loro campagna di massacro, di stupri di massa, di deportazioni, ecco, riconoscere questo serve a non nascondersi il pericolo: e cioè che l’Italia si dimostri come vuole essere anziché come dovrebbe.

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