I tentativi del VaticanoSono pronto a incontrare Putin a Mosca, dice Papa Francesco

«A Kiev per ora non vado», spiega il Pontefice. «Devo prima incontrare il presidente russo». Racconta di aver parlato «40 minuti via Zoom con il patriarca Kirill. Gli ho detto: non siamo chierici di Stato ma pastori di anime». E sulle armi: «Non so rispondere all’interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini»

(Unsplash)

«Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono, Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto “per favore fermatevi”. Poi ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento. Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa».

In colloquio con il Corriere della sera, Papa Francesco mette in fila tutti i tentativi della Chiesa per ottenere almeno il cessate il fuoco in Ucraina, ripetendo più volte che è pronto ad andare a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin.

La preoccupazione di Bergoglio è che Putin, per il momento, non si fermerà. Forse «l’abbaiare della Nato alla porta della Russia» ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. «Un’ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì», commenta.

E poi c’è la grande questione della fornitura di armi, da parte delle nazioni occidentali, alla resistenza ucraina. Una questione che spacca il mondo cattolico e quello pacifista. «Non so rispondere, sono troppo lontano, all’interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini», commenta il Pontefice. «La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Così avvenne nella guerra civile spagnola prima del secondo conflitto mondiale. Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano. Due o tre anni fa a Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno detto: pensiamo ai bambini dello Yemen. È una cosa piccola, ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così».

Molti gli hanno chiesto il gesto simbolico di una visita in Ucraina. Ma la risposta è netta: «A Kiev per ora non vado. Ho inviato il cardinale Michael Czerny, (prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo umano integrale, ndr) e il cardinale Konrad Krajewski, (elemosiniere del Papa, ndr) che si è recato lì per la quarta volta. Ma io sento che non devo andare. Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin. Ma anche io sono un prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso. Se Putin aprisse la porta…».

Certo, ammette Francesco, non può essere il patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, l’uomo in grado di convincere il leader del Cremlino ad aprire uno spiraglio. «Ho parlato con Kirill 40 minuti via Zoom. I primi venti con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin. Io avevo un incontro fissato con lui a Gerusalemme il 14 giugno. Sarebbe stato il nostro secondo faccia a faccia, niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo».

Per il Pontefice, siamo in una situazione che può portare davvero a una guerra mondiale. «Il mio allarme non è stato un merito, ma solo la constatazione della realtà: la Siria, lo Yemen, l’Iraq, in Africa una guerra dietro l’altra. Ci sono in ogni pezzettino interessi internazionali. Non si può pensare che uno Stato libero possa fare la guerra a un altro Stato libero. In Ucraina sono stati gli altri a creare il conflitto. L’unica cosa che si imputa agli ucraini è che avevano reagito nel Donbass, ma parliamo di dieci anni fa. Quell’argomento è vecchio. Certo loro sono un popolo fiero. Per esempio quando per la Via Crucis c’erano le due donne, una russa e l’altra ucraina, che dovevano leggere insieme la preghiera, loro ne hanno fatto uno scandalo. Allora ho chiamato Krajewski che era lì e mi ha detto: si fermi, non legga la preghiera. Loro hanno ragione, anche se noi non riusciamo pienamente a capire. Così sono rimaste in silenzio. Hanno una suscettibilità, si sentono sconfitti o schiavi perché nella Seconda guerra mondiale hanno pagato tanto tanto. Tanti uomini morti, è un popolo martire. Ma stiamo attenti anche a quello che può accadere adesso nella Transnistria».

Bergoglio sembra pessimista. «Per la pace non c’è abbastanza volontà, la guerra è terribile e dobbiamo gridarlo», dice. «Orbán, quando l’ho incontrato mi ha detto che i russi hanno un piano, che il 9 maggio finirà tutto. Spero che sia così, così si capirebbe anche la celerità dell’escalation di questi giorni. Perché adesso non è solo il Donbass, è la Crimea, è Odessa, è togliere all’Ucraina il porto del Mar Nero, è tutto. Io sono pessimista, ma dobbiamo fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi».

Lo sguardo è rivolto anche alle azioni che può mettere in campo il nostro Paese. «L’Italia sta facendo un buon lavoro», afferma il Pontefice. «Il rapporto con Mario Draghi è buono, è molto buono. Già in passato, quando era alla Banca centrale europea, gli ho chiesto consiglio. È una persona diretta e semplice. Ho ammirato Giorgio Napolitano, che è un grande, e ora ammiro moltissimo Sergio Mattarella. Rispetto tanto Emma Bonino: non condivido le sue idee ma conosce l’Africa meglio di tutti. Di fronte a questa donna dico, chapeau».

 

X