Pjotr Tolstoj, trisnipote dell’autore di “Guerra e Pace” e vicepresidente della Duma, la Camera Bassa del Parlamento russo, dice in un’intervista a Repubblica che la guerra di Mosca in Ucraina andrà avanti «gradualmente» finché la Russia lo riterrà opportuno. Non ci sono scadenze in vista, tantomeno il 9 maggio, Giornata della vittoria sovietica sul nazismo.
«Penso che finiremo quando arriveremo al confine con la Polonia», spiega. E l’operazione sarà ritenuta conclusa solo «quando l’Ucraina sarà totalmente denazificata e smilitarizzata, vale a dire quando non rappresenterà più una minaccia militare per la Federazione Russa e non ci sarà più la possibilità di trasformarla in una anti-Russia come l’Occidente ha cercato di fare negli ultimi 30 anni». E poi lancia una sfida: «Dateci pure più sanzioni, alla fine toccherà a voi pagare». L’obiettivo resterà fino alla fine quello di «smilitarizzare e denazificare il regime creato in Ucraina. Un regime che non ci sarà mai più nonostante i tentativi dell’Occidente».
Per denazificazione dell’Ucraina, Tolstoj intende «il divieto di eroizzare nazisti come Stepan Bandera o Roman Shukhevych. Avrete visto che quasi tutti i soldati dei battaglioni nazionalisti ucraini che si arrendono hanno tatuaggi con la svastica e i galloni con l’emblema delle SS. Non è ammissibile sulla terra che vinse la Seconda guerra mondiale», dice.
Quando gli si fa notare che sono solo una minoranza, per giunta in un Paese con un presidente ebreo, Tolstoj risponde: «Dopo aver perso la Seconda guerra mondiale, l’Italia, così come la Germania, rinunciò al fascismo e ne proibì l’ideologia. In Ucraina c’è un nazismo particolare. Il fatto che ci sia un presidente ebreo e una bassa percentuale di nazionalisti non c’entra. Il nazismo ucraino è un’ideologia misantropica basata sull’odio nei confronti della Russia. La comunità internazionale ha dato un’unica missione all’Ucraina indipendente: essere un contrappeso della Russia. Non tutti capiscono che l’unica base ideologica dell’esistenza di uno Stato ucraino è l’odio nei confronti della Russia».
Ma poi lui stesso dice che russi e ucraini sono popoli fratelli: «In virtù della storia e della geografia, questi popoli sono destinati a stare insieme. Non può essere altrimenti».
Quindi ora «andiamo avanti gradualmente. Nonostante gli aiuti dell’Europa e le isterie di Boris Johnson o di Mario Draghi, finiremo l’operazione quando lo riterremo opportuno. Penso che ci fermeremo al confine con la Polonia».
Certo, aggiunge poi, «Germania, Italia e la maggior parte dei Paesi dell’Est Europa sono in una posizione vulnerabile dopo aver lanciato una guerra economica contro la Russia. L’aumento dei prezzi del gas può stroncare la classe media che è la base elettorale dei governi occidentali. La Ue potrebbe replicare la sorte dell’Urss».
Ma anche l’economia russa ha subito un duro contraccolpo, ammette: «Sta subendo e continuerà a subire difficoltà. Ci siamo fidati troppo dei nostri partner occidentali. Credevamo che certe regole fossero irremovibili. Invece l’Occidente le ha calpestate congelando le nostre riserve. Ma c’è una cosa che l’Occidente non capisce. Il consumismo non è il tratto principale dell’uomo russo. Quando è in gioco la sopravvivenza del Paese, quando bisogna proteggerlo dall’aggressione di tutta l’alleanza occidentale, per l’uomo russo l’aumento dei prezzi di qualche rublo in più non è una tragedia. Fa muro. Non scende in piazza».
E rispetto all’isolamente internazionale della Russia, dice senza mezzi termini: «Le assicuro che pagheremmo anche un prezzo dieci volte più alto. Perché? Perché questo tentativo di cancellare la Russia fallirà. Perché la Russia resta il Paese più grande del mondo. Perché non si possono cancellare la nostra cultura, arte, letteratura, sport, nonostante l’isteria occidentale. Si parla di isolamento, benché due terzi della popolazione del pianeta stiano con la Russia. Questa crisi provocherà la fine del dominio dell’ideologia occidentale. Dateci pure più sanzioni, alla fine toccherà a voi pagare».
Né, secondo Pjotr Tolstoj, Mosca è preoccupata dell’arrivo di armi in Ucraina o dell’allargamento della Nato: «Le armi fornite dall’Occidente le bombardiamo prima che arrivino all’esercito ucraino. Se Finlandia e Svezia aderiranno, avranno i nostri missili nucleari ai loro confini. Vogliono che sia così? Non è un nostro problema».