La tregua difficileIl conflitto deve finire senza vantaggi per Putin, dice Tony Blair

«Il problema è che nelle prime settimane di guerra, prima che si compiessero atrocità, trovare una soluzione era relativamente semplice», spiega. «Ora no: gli ucraini sentono di aver respinto i russi ma anche che la Russia occupa ancora una grande porzione del loro territorio, quindi vorranno recuperare terreno prima di sedersi al tavolo»

«Non bisogna umiliare Putin? Ma non lo abbiamo mai fatto. Da premier ho curato questo rapporto da vicino. Con gli altri leader occidentali abbiamo fatto di tutto per includerlo. La nostra unica preoccupazione oggi dovrebbe essere quella di arrivare alla fine del conflitto con il consenso del popolo ucraino, senza che la Russia ottenga dei vantaggi da questa aggressione».

L’ex premier britannico Tony Blair, in un’intervista al Corriere, indica quali toni dovrebbe assumere l’Occidente in questa crisi. L’ex premier britannico parla anche in virtù del rapporto speciale avuto con lo zar durante i suoi dieci anni a Downing Street. Blair è stato il primo leader occidentale a incontrare Putin quando era ancora primo ministro in attesa di diventare presidente dopo le dimissioni di Boris Eltsin.

«Noi dovremmo preoccuparci di arrivare alla fine del conflitto e l’Italia ha fatto delle proposte al riguardo in questi giorni. Le basi devono essere che la Russia non ottenga dei vantaggi da questa aggressione e avere il consenso del popolo ucraino», spiega. «Questa è stata un’aggressione non giustificata. E avendo incontrato spesso il presidente Putin nelle prime fasi della sua presidenza quest’idea che sia stato circondato da potenze ostili, che l’America, il Regno Unito e l’Europa stessero cercando di umiliare la Russia, quest’idea è infondata. Io ero presente allora, i G7 a quel tempo erano G8. Ho ricevuto Putin a Downing Street, abbiamo accolto la Russia al summit della Nato, abbiamo fatto ogni sforzo per rassicurarlo. L’accerchiamento non è reale, è nella sua mente purtroppo. Se si riuscirà a negoziare una fine del conflitto su basi giuste, dobbiamo farlo. Il problema è che nelle prime settimane di guerra, prima che si compiessero atrocità, trovare una soluzione era relativamente semplice. Ora no: gli ucraini sentono di aver respinto i russi ma anche che la Russia occupa ancora una grande porzione del loro territorio, quindi vorranno recuperare terreno prima di sedersi al tavolo».

Blair racconta di aver incontrato Putin l’ultima volta «formalmente, poco prima di lasciare l’incarico. All’inizio appariva un leader concentrato sull’economia del suo Paese, voleva riformarla con lo sguardo rivolto verso l’Occidente. La Russia ha risorse enormi e una popolazione giovane e smart: sono tante le opportunità che Mosca avrebbe potuto cogliere. In poco tempo però quello stesso leader è diventato sempre più antioccidentale e ha iniziato a smantellare i pesi e contrappesi democratici del Paese. Malgrado la deriva autoritaria in quegli anni, restava ancora un gran calcolatore. E piuttosto brutale in alcune sue azioni. A darmi ansia oggi è assistere a un’invasione che appare il prodotto di un errore di valutazione, di una totale incomprensione del mondo. La mia fondazione ha un progetto in Ucraina e sono stato lì ogni anno da quando mi sono dimesso da premier. Nessuno che conosca il Paese e abbia familiarità con la sua gente può pensare che avrebbero accolto con favore un’invasione. Eppure Putin era convinto del contrario e nessuno del suo entourage lo ha fatto ragionare. Quindi Putin ora è circondato da persone che non osano dirgli la verità. Questo è pericoloso».

Prosegue Blair: «Credo abbia avuto un ruolo il legame stretto venutosi a creare tra lui e le persone intorno che stavano accumulando ingenti fortune e molto potere. A un certo punto riformare l’economia, che voleva dire renderla aperta e trasparente, non è stata più una priorità. Anzi sarebbe stato in contrasto con quegli interessi e il suo modo di governare».

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