È passato poco più di un mese dallo scorso 13 aprile, quando Elon Musk presentò la richiesta ufficiale di comprare Twitter, sborsando 54,20 dollari ad azione (per un totale di 44 miliardi di dollari). Le cose da allora sono cambiate, e di molto, ma la vicenda sembra essere dominata da un argomento diventato ossessione dell’imprenditore: i bot.
Twitter è infatti piena di bot, account finti e automatizzati, e fin da subito il ceo di Tesla sembrava conscio del problema e deciso a risolverlo, gridando ai suoi follower: «Sconfiggeremo gli spam bot o moriremo provandoci».
Da allora la sua posizione sull’argomento sembra essere mutata: gli spam bot sono troppi, davvero troppi, talmente tanti da invalidare l’accordo preso con la società: Musk, infatti, ha detto di non volere procedere con l’acquisizione se prima Twitter «non proverà che i bot rappresentano meno del 5% dei suoi utenti». La retromarcia non è stata gradita dai mercati che, così come avevano premiato la prospettiva dell’acquisizione, hanno fatto crollare il titolo alle prime avvisaglie del ripensamento da parte di Elon.
Oggi Twitter si trova in una situazione anomala per un’azienda di tale valore e prestigio: un gatto di Schrödinger che è contemporaneamente di Elon Musk e rigettato da Elon Musk. Nel frattempo, però, le carte sono state firmate e la SEC (Securities and Exchange Commission, l’ente federale che monitora la borsa valori, nemico storico dell’imprenditore) guarda allo spettacolo preoccupata. Quanto a Twitter, ha fatto sapere di voler procedere con l’acquisizione come da accordi – che Musk lo voglia o no.
La domanda che molti si pongono a questo punto è: a Elon Musk gliene frega davvero qualcosa dei bot? E se sì, perché ci ha pensato solo adesso, dopo l’offerta ufficiale d’acquisto? La vicenda dipingerebbe un quadro bizzarro e fin troppo ingenuo del noto miliardario, che, secondo alcuni, starebbe semplicemente prendendo tempo e trovando scuse per far calare il prezzo della società. Lo ha confermato lui stesso, dicendo di «non escludere» la possibilità di chiudere il deal a un prezzo minore – secondo alcuni, 42 dollari ad azione.
Mentre l’affare si ingarbuglia ogni giorno di più, la tifoseria di Musk, piuttosto attiva e rumorosa online, continua ad appoggiare il suo beniamino, mentre il ceo di Twitter Parag Agrawal è costretto a pubblicare umilianti thread in cui tenta di difendersi dal fango proveniente da Musk (il quale ha risposto con l’emoji della cacca sorridente a un tweet di Agrawal). Dopo aver passato anni a trollare su Twitter, il nostro sembra passato a trollare Twitter.
💩
— Elon Musk (@elonmusk) May 16, 2022
Questo comportamento assurdo non è una novità per il nostro. Musk è da tempo un osservato speciale della citata SEC, con cui ha in corso un contenzioso legato a un tweet che il ceo ha pubblicato nell’agosto del 2018, quando annunciò urbi et orbi di voler ritirare Tesla dalla borsa: «Sto pensando di togliere Tesla dalla borsa a 420 dollari per azione. I fondi necessari ci sono». Fu soprattutto la seconda parte del tweet (funding secured) a causare un notevole aumento del prezzo del titolo di Tesla, attirando l’attenzione della SEC per una possibile manipolazione del mercato.
Lo scorso 16 aprile, pochi giorni dopo la prima proposta di acquisizione di Twitter, un tribunale ha stabilito che quel tweet era “falso”, in una causa portata avanti da alcuni azionisti Tesla che hanno perso denaro a causa dei tweet del 2018, e la successiva retromarcia di Musk. I paralleli tra le vicende non mancano: in entrambe c’è Elon Musk, c’è la SEC, c’è il numero 420 (caro al nostro per via del suo simbolismo legato alla marijuana– le risatone!) e c’è Twitter.
La questione SEC pare essere centrale in questo caso. Musk e l’ente federale, infatti, avevano raggiunto un accordo nel 2019, in base al quale il ceo avrebbe dovuto far controllare i propri tweet da una sorta di garante, per evitare ulteriori disastri. Ora però Elon si è stufato, vuole chiudere il caso e dimenticarsi del disastro funding secured; e non ha paura di sfidare apertamente la SEC, tirandola in ballo per la conta dei bot di Twitter.
Qualche settimana c’era chi sosteneva che comprare Twitter servisse proprio a questo, a evitare che la SEC arrivasse a togliere a Musk il suo giocattolo preferito, per cui era pronto a spendere 44 miliardi di dollari. Ora non più. Oppure sì. Non è chiaro. La SEC, intanto, brancola nel buio: contenere Elon Musk si è fatto praticamente impossibile.