A inizio settimana il ministero della Difesa ucraino ha criticato duramente un’azienda italiana che continua a fare a affari in Russia. «Dopo quattro mesi di guerra su larga scala, Danieli, che ha sede in Italia, collabora ancora con stabilimenti russi, fornendo attrezzature per la produzione di sottomarini nucleari e corazzature per carri armati. Sostenere il complesso militare russo va contro considerazioni legali e morali», scrive il dicastero di Kiev.
After four months of the large-scale war, Italian-based #Danieli still collaborates with russian plants, supplying equipment to produce nuclear submarines and tank armor. Supporting russian military complex goes against lawful and moral considerations. #BoycottRussia pic.twitter.com/yxV2x7nk9l
— Defence of Ukraine (@DefenceU) June 20, 2022
«Danieli» è la Danieli & C.Officine Meccaniche SpA, una multinazionale italiana con sede a Buttrio, in provincia di Udine, tra i maggiori produttori a livello mondiale di macchine e impianti per l’industria metallurgica.
Parliamo di un’azienda con un giro d’affari dal valore di 2,786 miliardi di euro, che ha chiuso l’ultima semestrale con ricavi da 1,57 miliardi (+23%) e un portafoglio ordini sopra i 4 miliardi. Nel 2019 vantava ricavi per 3 miliardi di euro, con un utile netto di 67 milioni, Ebitda a 239,2 milioni. E al 30 giugno 2020 il fatturato registrato era di 2,8 miliardi di euro, con utile netto di 62,4 milioni, Ebitda a 187,7 milioni, Ebit a 91,6.
Il Gruppo ha sedi in tutto il mondo, e ha 3 stabilimenti in Russia, di cui due centri servizi e un’unità produttiva: Danieli Volga LLC, Danieli Volga Branch, Danieli Russia Engineering LLC. Per la multinazionale la Russia rappresenta circa il 10% dei ricavi.
Le critiche che arrivano dall’Ucraina creano anche un confronto con la maggior parte delle aziende private occidentali, che ha deciso di lasciare la Russia dopo l’invasione del 24 febbraio. Ma Danieli no. Secondo l’agenzia ucraina Truman, il Gruppo fornirebbe quindi i suoi servizi a numerose aziende russe. Tra queste anche Viksun Metallurgical Plant – stabilimento che produceva tubi per il Nord Stream II –, Kamensk-Uralsky Metallurgical Works, che produce parti di aerei russi e appartiene al magnate russo Viktor Vekselberg, già oggetto di sanzioni internazionali, e con la Severstald i Alexei Mordashov, anche lui soggetto a sanzioni.
Lo scorso 13 aprile la Volgogradskiy Metallurgicheskiy Zavod Krasny Oktyabr, una delle acciaierie più grandi del Paese – che cento anni fa era conosciuta come la fabbrica dell’Ottobre Rosso – in un comunicato stampa ufficiale ringraziava Danieli per la collaborazione: l’azienda produce componenti per sottomarini e armature per i carri armati russi.
Linkiesta ha provato a contattare Danieli senza ricevere risposta. L’unica dichiarazione ufficiale diffusa dal Gruppo è un comunicato in cui si dichiara che «le attività del Gruppo non contemplano in alcuno modo la produzione diretta di materiale bellico e i contratti stipulati non prevedono mai il coinvolgimento nelle scelte di produzione dei clienti». Apparentemente nessuna collaborazione con l’industria militare russa, dunque.
Ma se è vero che Danieli non contribuisce direttamente alla produzione di sistemi bellici di alcun tipo, rientra nella filiera metallurgica che in un secondo momento confluisce nel settore militare.
Il Gruppo italiano è impegnato in Russia da molti anni. Precisamente dal febbraio 2014. «Danieli, uno dei gruppi protagonisti a livello mondiale nella costruzioni di impianti per la siderurgia, sviluppa in ogni direzione la sua politica industriale internazionale. La fabbrica russa si dedicherà all’impiantistica siderurgica, guardando ai 5-6 grandi produttori russi in grado di connettere l’intera filiera, dal minerale alle finiture», scriveva il Piccolo di Trieste nell’articolo dedicato all’evento.
All’inizio del 2022 Danieli aveva ottenuto due importanti commesse per la realizzazione di impianti siderurgici. La prima da parte del colosso russo Balakovo, che le aveva ordinato un nuovo impianto ecosostenibile per la produzione di rotaie, travi e altre componenti, per un progetto dal valore di circa 250 milioni di euro. La seconda commessa invece è legata al gruppo Magnitogorsk Iron&Steel Works (Mmk): un ordine da circa 120 milioni di euro per la fornitura di tecnologie per l’installazione di quattro nuovi forni di riscaldo (entrambe le fonti sono prese direttamente dal sito ufficiale di Danieli Group).
Questo non significa che Danieli abbia scelto di fare affari in Russia per finanziare la guerra criminale di Vladimir Putin. Nel suo comunicato, la società ha specificato di «essere impegnata sul fronte dell’emergenza umanitaria e sta fornendo un aiuto concreto alla popolazione coinvolta nella guerra in Ucraina. I dipendenti impiegati nell’ufficio tecnico del Gruppo Danieli a Dnipro, chiuso attualmente, sono stati portati al sicuro, assieme alle rispettive famiglie, e la società ha organizzato trasporto e accoglienza per circa cento persone presso il Campus Danieli in Friuli Venezia Giulia».
È una notizia che Siderweb, il quotidiano dedicato all’informazione economico-siderurgica, aveva ripreso il 16 marzo scorso: «Sono 64, soprattutto donne, bambini e ragazzi sotto i 18 anni, i cittadini ucraini che il gruppo Danieli ha messo in salvo dalla guerra che sta dilaniando il loro Paese. Quello di Danieli è un gesto, concreto, di solidarietà nei confronti dei propri dipendenti (una sessantina, circa, in totale) che operavano nella sede tecnica di Dnipro, città che si trova nella parte orientale del Paese».