La convocazione di sindacati e imprese non avverrà «fino a quando non ci saranno le condizioni minime per sedersi al tavolo». Il presidente del Consiglio Mario Draghi, come riporta La Stampa, da giorni manda messaggi ed esortazioni al dialogo alle parti sociali per discutere di come affrontare la crisi. Da Palazzo Chigi però finora hanno registrato solo segnali negativi. Tra la minaccia della piazza da parte di Maurizio Landini, la mancata partecipazione di Cgil e Uil alla seconda giornata di congresso della Cisl, ma anche gli ultimi attacchi di Carlo Bonomi al governo dal Festival dell’Economia di Torino.
Mai come in questo momento il premier e il ministro del Lavoro Andrea Orlando sono dalla stessa parte. «Inutile discutere di soluzioni concrete in questo clima», spiega una fonte vicina al ministro Pd.
Contro l’emergenza numero uno, ovvero l’inflazione, si apre alla possibilità di un intervento sul cuneo fiscale. Confindustria chiede un taglio da 16 miliardi di euro, Draghi ha già fatto sapere che si tratta di una richiesta irricevibile. Poiché i tassi di interesse saliranno entro la fine dell’anno, prima di ricorrere a deficit superiore a quanto concordato con le istituzioni europee occorre riflettere. Orlando ha proposto una soluzione intermedia: programmare una riduzione progressiva e pluriennale del cuneo fiscale da finanziare con i maggiori proventi da lotta all’evasione.
Non solo: la ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini in un’intervista al Messaggero parla anche della necessità di superare l’Irap per le imprese, perché «penalizza chi il lavoro lo dà». Dall’opposizione, invece, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni in un’intervista a La Verità propone di eliminare il reddito di cittadinanza per trovare le risorse necessarie a tagliare il cuneo fiscale.
Sul tavolo ci sarebbe anche l’introduzione di un salario minimo. Draghi non ha obiezioni ideologiche, anzi sarebbe anche favorevole ad aprire un percorso di studio. Ma ha già preso atto che mancano i presupposti per discuterne: sono contrari Lega e Forza Italia, Confindustria e la Cisl.
C’è poi una terza strada: i rinnovi contrattuali. Qui la speranza del governo è che sindacati e imprese facciano il più possibile da soli. C’è chi è a buon punto (il settore chimico), chi è in condizioni di arrivare a un accordo in tempi ragionevoli (nei servizi) e chi è ancora indietro: a Palazzo Chigi e al ministero del Lavoro contano nella buona volontà di Confcommercio, delle sigle dei settori alimentari e della distribuzione. La richiesta di sindacati e imprese di agevolare le firme concedendo detassazioni ad hoc è stata respinta.
Draghi e il ministro del Tesoro Daniele Franco avrebbero voluto finanziare il taglio del costo del lavoro grazie a un nuovo Recovery Plan europeo. Ma fin qui la risposta dei partner è stata negativa. Mercoledì sera il premier sarà all’Eliseo per una cena con Emmanuel Macron, insieme al quale sta tentando di rompere la resistenza dei Paesi nordici a favore di nuovo debito comune. Più facile che alla fine Draghi sia costretto a negoziare con la Commissione europea il sì ad un deficit superiore a quello concordato, considerata anche la proroga della sospensione del Patto di Stabilità.
Le possibili ricette in campo però devono vedersela con un clima, quello italiano, tutt’altro che favorevole al dialogo. Bonomi dal Festival dell’Economia di Torino è tornato ad attaccare il ministro Orlando. Il presidente di Confindustria non ha risparmiato nemmeno critiche alla politica: «Il governo aveva iniziato un’azione riformatrice importante ma questa ora è rallentata: il ddl Concorrenza ne è un’esemplificazione, è fermo da luglio dell’anno scorso in Parlamento».
Salario minimo e taglio delle tasse sono anche il terreno di scontro tra i partiti nell’ultimo scampolo di campagna elettorale. Il leader della Lega Matteo Salvini dice «di preferire la flat tax al 15% al salario minimo, perché poi i salari li pagano le imprese e se pagano uno sproposito di tasse non riescono a pagare lo stipendio a nessuno». Quindi «prima bisogna vedere come abbassare le tasse per poi intervenire su come adeguare gli stipendi». Giuseppe Conte sostiene che «occorre intervenire sul cuneo fiscale a favore dei lavoratori e del ceto medio ma anche che per i lavoratori poveri serve il salario minimo». E ovviamente nessuno pensi di smontare il reddito di cittadinanza.