Il primo caso di MarioEmma Bonino contro la latitanza della politica sul suicidio assistito

La storica leader radicale dice: «I legislatori hanno perso la testa, hanno perso la pietà e la compassione. E la destra la smetta di usare strumentalmente questi temi. Così la lontananza dall’Europa aumenta». Poi aggiunge: «L’ho scritto nel mio testamento biologico e anche dal notaio, se mi ritrovo a vivere come una zucchina, per favore lasciatemi andare»

Emma Bonino
Tiziana FABI / AFP

«La latitanza della politica sul suicidio assistito mostra che i legislatori hanno perso la testa, hanno perso la pietà e la compassione. E la destra la smetta di usare strumentalmente questi temi».

Dopo la morte di Federico Carboni, meglio noto come “Mario”, la prima persona che in Italia ha potuto legalmente scegliere il suicidio assistito dopo una lunga attesa, grazie all’Associazione Luca Coscioni, la storica leader radicale Emma Bonino dice a Repubblica: «In Italia le questioni dei diritti e delle libertà non trovano mai spazio». Lei, aggiunge, l’ha scritto scritto nel suo testamento biologico e anche dal notaio: «Se mi ritrovo a vivere come una zucchina, per favore lasciatemi andare».

Senatrice di PiùEuropa, ex ministra degli Esteri, una vita spesa per le battaglie sui diritti civili sin dall’arresto per l’aborto nel 1975, Bonino se la prende con i conservatori e i clericali che gridano contro l’eutanasia: «A chi grida contro l’eutanasia dico che non volerlo fare non implica automaticamente che altri non possano e non debbano farlo. Si chiama libertà di scelta. Nel caso di Mario, è il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, perché reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242 del2019 sul caso Cappato-Antoniani. Federico Carboni, “Mario”, immobile da 12 anni a causa di un incidente stradale, l’ha scelto volontariamente, trovandosi nelle condizioni molto restrittive definite dalla Consulta».

Da Englaro e Welby a Dj Fabo sono quarant’anni che se ne parla, aggiunge Bonino. «Ma il dolore e la sofferenza non aspettano. Questo atteggiamento mostra che i legislatori non hanno testa, non hanno pietà, né compassione. La destra poi la smetta di usare strumentalmente questi temi. E la lontananza dall’Europa aumenta».

Le norme bloccate al Senato sul suicidio assistito però, per Bonino, sono un compromesso al ribasso: «Mi preoccupano molto, perché si divide la sofferenza in categorie. Ma non ci sono categorie tra malati terminali e oncologici, ad esempio, e bisogna essere liberi di scegliere anche sul fine vita, se fatto consapevolmente. La realtà poi, è che quel testo rischia ancora di peggiorare». Certo, aggiunge, «nella mia vita politica ho fatto molte battaglie e ho sempre sostenuto che sia meglio raggiungere piccoli avanzamenti che nessuno. Lo è stato per la legge 194 sull’interruzione di gravidanza, con tutti i limiti che dopo 40 anni sono palesi. Meglio sarebbe però una buona legge a tutela di tutti, non sulla base del caso o della patologia di cui si soffre».

In ogni caso, «mi rifiuto di assecondare la tesi per cui occorra aspettare. Ho sempre sostenuto che i diritti civili sono anche diritti sociali, nella misura in cui chi è più abbiente non avrà difficoltà ad andare in Svizzera o altrove. Serve un balzo di civiltà, riconoscendo quanto i cittadini chiedono oramai da troppo tempo».

Parlando con La Stampa, il ministro della Salute Roberto Speranza sottolinea, il «grande rispetto per il percorso e la scelta di “Mario”» e ribadisce «l’auspicio che il Parlamento, nella sua autonomia, possa al più presto legiferare su un tema così delicato». Da parte sua, assicura che «nel frattempo noi continueremo a lavorare per dare piena attuazione alla sentenza della Corte», cercando di evitare che altri debbano patire l’ostruzionismo del servizio sanitario nazionale subìto da Carboni.