L’agenda green spacca l’UeLa sostenibilità non andrà in pensione per colpa di Putin, dice Enrico Letta

«Su alcune cose, penso al provvedimento sul mercato delle emissioni, noi e la Meloni abbiamo votato insieme, ma da prospettive completamente diverse. Noi perché era troppo poco, la Meloni voleva affossarlo perché era troppo severo», spiega il segretario Pd. Il pacchetto Fit For 55, in parte affossato, ora «deve tornare in commissione per cercare di poter ripartire»

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

«Noi siamo coerentemente a favore di un impegno straordinario contro il cambiamento climatico. E sosteniamo le iniziative europee che vanno in questa direzione, mantenendo la necessaria attenzione ad alcune delle principali specificità italiane. La destra italiana si è mossa esattamente nella direzione opposta preferendo il fossile al green».

Il segretario del Partito democratico Enrico Letta, in tour di campagna elettorale in vista delle amministrative di domenica 12 giugno, rilascia due interviste a Repubblica e La Stampa per commentare l’accordo azzoppato raggiunto dal Parlamento europeo sul Green Deal (Fit For 55), con la maggioranza Ursula che si è spaccata sulla riforma del sistema di scambio delle emissioni Ets.

«In parte quel pacchetto di norme è stato azzoppato», ammette Letta. «Deve tornare in commissione per cercare di poter ripartire. Altre misure sono state approvate, passi avanti ci sono». E aggiunge: «Chi dice che destra e sinistra non esistono più, che è tutto un miscuglio, sbaglia e la giornata di ieri lo ha dimostrato. Destra e sinistra esistono eccome: le destre italiane ed europee hanno votato per metter da parte il tema della sostenibilità. Noi abbiamo scelto il futuro, sapendo che non c’è più tempo a disposizione».

Il problema è che alcune destre hanno votato insieme alle sinistre. «Sì, ma con motivazioni opposte», commenta Letta. «Effettivamente su alcune cose, penso al provvedimento sul mercato delle emissioni, noi e la Meloni abbiamo votato insieme, ma da prospettive completamente diverse. Noi perché era troppo poco, la Meloni voleva affossarlo perché era troppo severo».

«La destra italiana ha dimostrato che della sostenibilità non gliene frega niente, ma lo sapevamo già», commenta. «A livello europeo lo scenario è più complesso: il pacchetto Fit for 55 è una delle operazioni più complesse e ambiziose che sia mai stata fatta in Europa: è comprensibile il passaggio difficile di ieri con una approvazione solo parziale. Ma ricordo che quando fu presentato si disse che non sarebbe mai passato. Il voto di ieri dimostra che tutto sommato l’Europa è in salute e che la sostenibilità non va in pensione per colpa di Putin».

Letta spiega che «nel negoziato sono state inserite una serie di cose che difendono le nostre imprese, penso al fondamentale emendamento per tutelare la Motor Valley italiana. E poi c’è la Carbon Tax alle frontiere, fatta esattamente per difendere le produzioni europee. Ed è giusto pensarci, lo dico per aver vissuto a Parigi l’esperienza dei gilet gialli: fu un corto circuito tra quelle che io chiamo “le due fini”, arrivare alla fine del mese o evitare la fine del mondo. Vince sempre il tema della fine del mese. Ma il futuro dei nostri figli passa attraverso scelte che riescano a tenere insieme queste due “fini”, rendendole compatibili».

Ora i provvedimenti approvati dal Parlamento passeranno al vaglio del Consiglio europeo. Cosa accadrà? «Commissione e Parlamento devono mantenere l’asticella alta, perché poi quando arriva il negoziato tra i governi nazionali l’asticella inevitabilmente si abbassa, con la ricerca di soluzioni molto più pragmatiche. Questo è uno dei motivi per cui ieri siamo stati intransigenti».

In ogni caso, dice Letta, «c’è bisogno di una mano pubblica che imposti queste transizioni, stabilendone le tempistiche. Penso al trasporto pubblico a cui, grazie al Pnrr, sono destinati una quantità di fondi senza precedenti. È la vera grande differenza tra noi e grandi nazioni come la Francia e la Germania».

X