Riprendiamo il diario pacifista a quasi tre mesi da quella sera in cui il nostro eroe chiudeva la propria giornata di impegno militante spiegando alla figlia che i bambini ucraini sono dei fondamentalisti, perché non capiscono che in dittatura si può vivere felici. Il protocollo orario della lotta non è cambiato, ma l’esperienza acquisita durante lo sviluppo delle operazioni speciali ha apportato alla resistenza pacifista armamenti di maggiorata efficacia. Vediamolo.
Ore 7,00: il Pacifista si sveglia ben riposato. Non ha dovuto, come invece gli toccava agli esordi della campagna di denazificazione, star su fino a tardi per sorvegliare il regime dell’informazione che concedeva al pacifista comunista sindacalista collaborazionista solo il settanta per cento dei talk show, solo l’ottanta per centro delle interviste senza contraddittorio e solo il novantacinque per cento degli approfondimenti scientifici per decidere se i presunti cadaveri di Bucha erano manichini o invece comparse dell’Actors Studio, se nell’acciaieria c’era il nipote di James Bond e/o la figlia naturale dell’estetista di Joe Biden e se i ciclisti abbattuti dai cecchini erano solo omosessuali drogati o anche evasori fiscali. È tutta roba acquisita, finalmente, perché adesso il Pacifista può assistere orgoglioso a come ha ben fruttato il proprio cimento e a come Raiuno, Raidue, Raitre, Retequattro, Canale5, Italia1 e LaZ aka Telecinquestelle vadano in autonomia e non abbiano più bisogno del suo aiuto per spiegare che i russi fanno anche qualcosa di buono.
Ore 7,30: il Pacifista si lava i denti. L’animo suo, rasserenato al risveglio da quel tranquillizzante panorama dell’informazione come si deve, si rabbuia ora nella meditazione sulle sofferenze delle masse proletarie impoverite dagli egoismi ucraini. Rumina il tweet: «Prima gli italiani!». Senonché, mortacci sua, non ti arriva la moglie a rovinar tutto de prima matina? L’innocente, porella, anzi innocentessa, perché non si è pacifisti comunisti sindacalisti collaborazionisti senza essere in primo luogo arcobaleno, dice che sì, però… e ti snocciola l’esito del suo scrutinio, fastidioso come un resistente ucraino: «Amò, ma non l’aveva già detto quell’altro, come se chiama?, quello co’ la felpa, cor rosario… quello che je manna la ruspa a le zingaracce, dai!, quello che se voleva pijà li pieni poteri… Sarvini! Ecco, Sarvini! L’aveva detto puro lui che prima vengono l’itajani». E che palle. Ripiega dunque su «Ucraina Stato canaglia», che favorevolmente («Bravo amò!») passa il filtro censorio della puntigliosa consorte.
Ore 8,00: il Pacifista non legge più i giornali. Ha capito da mo’ che anche lì il lavoro è stato fatto. D’accordo, la stampa nazista, dal Corriere della Sera a Linkiesta, non è stata debellata completamente, ma ‘sti cazzi, tanto il Pacifista lo sa che la verità è venuta a galla e al compagno Massimo Giannini nessun complotto, nessuna cospirazione, nessun colpo di mano impedirà mai di far scrivere che Zelensky ricatta l’Europa.
Ore 8,30: il Pacifista esce per andare a faticà.
Ore 8,31: il Pacifista rientra (la militanza può cambiare sui dettagli, ma non sui principi).
Ore 12: al Pacifista je tocca da cucinà, perché la moglie è al sit in contro la guerra del Vietnam e per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Il monitoraggio del soffritto non lo distrae dalla radio, che propina il frutto quotidiano della disinformazione di matrice Nato: missili su un supermercato (puah!), tredici morti (pfui!), decine di feriti (se vabbè…). Mangiare veloce perché la causa chiama.
Ore 14: Il Pacifista va al pc. Incazzato come un puma perché la notizia è coperta male, malissimo, porca puttana. Non uno che obietti l’ovvio, e cioè che innanzitutto il centro commerciale incenerito non aveva la licenza. E poi non uno che spieghi quel che capirebbe perfino Bianca Berlinguer, e cioè che prima di trarre conclusioni ci vuole un’indagine indipendente per accertare se c’erano gli idranti. Poi arriva la dichiarazione del plenipotenziario russo, che dice che era un deposito di armi, e il Pacifista si placa.
Ore 18: il Pacifista deve riempire il tempo da lì a quando arrivano i programmi seri, quelli delle inchieste che spiegano che «Putin sta puntando sui suoi obiettivi, e intanto cerca di non spaventare la popolazione». Che fare, nel frattempo? Un bel like sul post contro le multinazionali (irrecuperabile, mannaggia, perché non c’è la moglie ad avvisarlo che era della Meloni).
Ore 20: il Pacifista cena soletto, perché la moglie è passata dal sit in alla veglia di solidarietà alla stampa russa censurata, e la bimba è purtroppo dai nonni, che non si sa se saranno altrettanto impegnati a spiegarle che il bene e il male non stanno da una sola parte e che negli scantinati di Kyjiv ci sono tutti i comfort.
Ore 21: il Pacifista crolla. C’era un reportage cecoslovacco con sottotitoli in tedesco che diceva che i profughi ucraini in realtà sono passanti e che le deportazioni rendono liberi gli uomini: ma quando uno è stanco, è stanco. E poi l’aveva già sentito, in buon italiano, dalla viva voce dell’opinionismo che ogni giorno sfida la propaganda bellicista.
E domani? Domani magari il sollievo alla notizia di un’altra città ucraina caduta.