«Di Maio nel polo di centro? Ci sono limiti alle conversioni. Certo il ministro degli Esteri ha fatto molta strada da quando andava a trovare i gilet gialli in Francia o diceva che i dirigenti Dem rubano i bambini. Ci vuole un periodo di training autogeno, prima».
Luigi Marattin, renziano di Italia Viva, presidente della commissione Finanze della Camera, lancia in un’intervista a Repubblica una proposta per il polo centrista: «Scegliamo il leader liberaldemocratico con le primarie». Da Beppe Sala a Carlo Calenda, da Matteo Renzi a Mara Carfagna, le manovra al centro vanno avanti. Ma ancora non si vede alcuna alleanza all’orizzonte.
«Se si vuole fare un concorso di bellezza, forse potremmo essere tagliati fuori. Se invece si vuole fare politica, ci siamo, eccome», dice Marattin. «La definizione “centro” è problematica perché implica un segmento “destra-sinistra” dai contorni indefiniti. Renzi nel 2014, allora segretario del Pd, fa il 40% di consensi con parole d’ordine storicamente non di sinistra: meno tasse, più concorrenza. Allo stesso tempo Lega e Fratelli d’Italia oggi hanno parole d’ordine dell’estrema sinistra di una volta: no al mercato, no alla concorrenza, sì alla stampa di moneta, al deficit e ai pre-pensionamenti. Quindi il primo obiettivo è l’identità: chi sei e quale tipo di società hai in mente. Non quella dei bonus e del reddito di cittadinanza. La nostra offerta politica deve differenziarsi dai sovranisti alla Le Pen e dalla sinistra alla Mélenchon. Per un polo liberal democratico».
Si tratta di non mettere a rischio Draghi, innanzitutto, la cui azione va preservata fino al 2023 – dice Marattin – perché «ha salvato questo Paese». Poi «c’è l’offerta politica che si presenta agli elettori».
Draghi, continua il deputato di Italia Viva, «ha detto no a una sua partecipazione nella contesa elettorale. Ma il polo liberaldemocratico deve vedere nell’azione politica e di governo di Draghi un punto di riferimento imprescindibile».
Uno degli scogli resta il rapporto tra Renzi e Carlo Calenda, il leader di Azione. Marattin spiega: «Renzi non ha mai attaccato Calenda, è avvenuto qualche volta il contrario. Non mi pare il momento delle questioni personali, perché non si tratta del gruppo con cui fare insieme le vacanze e si può passare sopra a qualsiasi ruggine, se ci fosse».
Il progetto in vista del 2023 è invece quello di «un’area alla Macron, dando agli italiani una terza scelta. Nella costruzione di quest’area, Italia Viva ci vuole stare assolutamente, con tanti altri». Le alleanze di Italia Viva alle ultime amministrative sono «un’altra cosa», dice, «ma a marzo-maggio, quando ci saranno le politiche, è importante che la sola scelta non sia tra un centrodestra guidato da Giorgia Meloni e un centrosinistra che ha come riferimento culturale Maurizio Landini».
E se Renzi ha proposto Beppe Sala, il sindaco di Milano, come il possibile federatore, Marattin risponde: «Prima c’è il “cosa siamo”, “cosa vogliamo” e “come”. Ma se vogliamo subito pensare al “chi”, se c’è una questione di affollamento di leadership, allora il polo di centro faccia le primarie per scegliere il leader. Chi vuole correre, si candidi, da Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Giorgio Gori, Luigi Brugnaro, Beppe Sala. Niente di meglio delle primarie».