Un tetto per gli antipopulistiMatteo Renzi punta a ricompattare l’«area Draghi»

«I prossimi mesi mostreranno chi è in grado di fare politica e chi invece vive di inspiegabili risentimenti, anche in questo centro riformista. Noi ci siamo con umiltà e determinazione». Ma «serve il sindaco d’Italia. Chi vince governa per cinque anni». Per questo «la riforma costituzionale è più necessaria che mai»

Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo non è a rischio. E il 21 giugno, quando il premier Mario Draghi interverrà in Parlamento, non ci sarà nessuno strappo di Lega e Movimento Cinque Stelle. Quello, dice il leader di Italia Viva Matteo Renzi in un’intervista al Corriere, «è tutto uno show» di Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Piuttosto, in vista delle politiche del 2023, bisogna pensare a dare «una casa e un tetto» a quella che definisce «area Draghi».

Intanto, ci aspetta un anno di campagna elettorale. Intanto, secondo il senatore, i grillini si agitano «per racimolare visibilità e qualche decimale nei sondaggi». Ma «la verità è che Conte ha una sola strada: se pensa che Draghi stia sbagliando sulla politica estera, il leader grillino deve chiamare Di Maio e chiedergli di dimettersi. Ma non lo farà mai. Perché Conte non ha un minimo di forza per fare questo passo e Di Maio prima di lasciare il governo è pronto a lasciare i Cinque Stelle. Per far schiodare Di Maio dalla Farnesina oggi non basterebbe la Folgore, figuriamoci se possono riuscirvi Conte e Casalino».

«Solo cinema di bassa qualità, tutta fuffa», prosegue. «Uno show». Ma «fa male vedere come la vicenda ucraina, drammatica e seria, sia trattata con superficialità solo per i sondaggi». Renzi le definisce «piccole questioni di basso cabotaggio come i comportamenti infantili di Conte e Salvini». Per cui «il 21 giugno non succederà nulla, ma che tristezza questa navigazione di basso profilo. Che tristezza per la politica italiana».

Renzi vede rinascere però un rinnovato asse tra Salvini e Conte. «Ma questo asse nasce ben prima della guerra in Ucraina», spiega. «Nel mio libro “Il Mostro” ho raccontato con dovizia di particolari il gioco di sponda che i due populisti hanno fatto durante la settimana per l’elezione del capo dello Stato. Evidentemente è come nella canzone: certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. Vale anche per l’asse gialloverde. Salvini e Conte hanno cercato l’accordo su Frattini, su Belloni, su varie ipotesi: hanno fallito ma erano insieme, molto più di quanto volessero far credere».

Intanto, oltre alla campagna elettorale, «ci aspetta un anno di inflazione e aumento del costo della vita. Per questo dico che l’unica strategia possibile è aumentare i salari smettendo la folle politica di sussidi cominciata con l’approvazione del vergognoso reddito di cittadinanza. Saranno undici mesi di ottovolante con tensioni geopolitiche globali e ripercussioni locali. A me interessa avere chiara la visione Paese. E sono fiero che a Palazzo Chigi ci sia Draghi e non Conte: non oso pensare che cosa sarebbe accaduto senza il cambio della guardia alla guida del governo».

Ma ora Renzi cosa vuole fare? «È presto per dirlo», risponde. «Purtroppo il fallimento della riforma costituzionale impedisce che il cittadino sia il vero arbitro del sistema e rimette il potere di creare maggioranza a chi è abile nella tattica parlamentare. Anche noi siamo abili nel gioco tattico, ma io preferirei giocare a viso aperto, con un sistema basato sul ballottaggio e l’elezione diretta del capo del governo. Ma finché gli altri partiti non capiranno che la riforma costituzionale serve al Paese, non a dare ragione postuma al sottoscritto, continueremo con questo sistema di veti. E se noi siamo stati decisivi con il 2% si figuri che cosa potremo fare se otterremo il 4% o il 5%. Se poi si creasse un sano contenitore riformatore — che non farebbe fatica ad andare a doppia cifra — tutto ciò sarebbe la salvezza per chi crede nella politica e non nel populismo».

Ma al di là dei nomi e delle simpatie e antipatie personali, dice, «qui non si tratta di ragionare di nomi e cognomi ma di politica: c’è uno spazio che può salvare il Paese. È l’area Draghi, oggi, in Italia, ed è l’area Macron in Francia. È uno spazio che esiste. Non dare a questo spazio una casa e un tetto per mere ragioni di egocentrismo personale sarebbe folle e da irresponsabili. I prossimi mesi mostreranno chi è in grado di fare politica e chi invece vive di inspiegabili risentimenti, anche in questo centro riformista. Noi ci siamo con umiltà e determinazione».

E l’ipotesi di nuovo un governo del presidente non è esclusa: «È una ipotesi tutt’altro che azzardata ma è prematuro parlarne. Se il governo di oggi non darà risposte concrete a quello che l’ad di JPMorgan, Dimon, chiama «un uragano in arrivo» riferendosi a una tempesta economica di rara gravità, il governo di domani sarà saldamente nelle mani dei populisti. Occorre fare un passo alla volta: ora bisogna governare bene. Poi occorre dare un a tetto comune agli anti populisti. E infine costruire la maggioranza di governo 2023-2028, capace di mettere mano alla legislatura delle riforme».

Ma soprattutto «non serve il proporzionale: serve il sindaco d’Italia. Chi vince governa per cinque anni. Altrimenti anche la prossima legislatura dovremo passarla a disfare governi pericolosi. Però serve coraggio istituzionale e capire che la riforma costituzionale è più necessaria che mai. Diciamo che vogliamo difendere la democrazia nel mondo. Bene. Iniziamo a curare la democrazia in Italia dando valore al voto degli italiani».

 

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