«Non c’è dubbio che l’invasione russa abbia cambiato il corso dell’economia e aumentato l’incertezza, ma non penso che abbia senso formulare profezie di sventura». Ma «anche in una fase così complicata, la recessione non è inevitabile. E il catastrofismo non è una buona medicina».
Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni lo dice in un’intervista al Corriere. Certo, le stime di crescita sono state riviste al ribasso. «Prevediamo che la crescita nell’Unione europea nel 2022 sarà al 2,7% e in buona parte è effetto di trascinamento dal 2021. Ma l’economia può restare in territorio positivo», spiega. «Il mercato del lavoro, pur fra molte contraddizioni, è in una situazione molto positiva. Le banche sono in condizioni molto diverse da quelle di dieci anni fa. Non dico che la situazione attuale abbia risposte facili, ma mi pare sbagliato concludere un po’ fatalisticamente che siamo destinati alla recessione».
Però dopo l’annuncio della Bce di rialzare i tassi e fermare il quantitative easing, è in corso un’esplosione dei rendimenti dei titoli di Stato e degli spread dell’Italia. Gentiloni spiega che è un problema non solo italiano e che «a livelli diversi investe tutte le economie, anche se quelle indebitate di più. Penso che la Banca centrale europea faccia il suo mestiere, in questo periodo, anche tenendo conto delle caratteristiche diverse dell’inflazione in Europa rispetto ad altri contesti. Da noi è dovuta soprattutto a uno shock sui prezzi dei beni importati, non a un surriscaldamento della domanda. Che però si debba guardare con attenzione agli scostamenti dei rendimenti di mercato non c’è dubbio. Lo dice anche Christine Lagarde (la presidente della Bce, ndr), quando ricorda che fra i compiti della banca centrale c’è anche quello di prevenire, se possibile, o ridurre i rischi di frammentazione finanziaria in area euro».
Oggi, dice Gentiloni, «è importante che la Commissione e l’intero sistema europeo esprimano fiducia e sostegno nella sua azione». E «a questo proposito ho visto in Italia delle reazioni incomprensibili», aggiunge riferendosi alle critiche arrivate soprattutto dalla Lega. È il «vecchio riflesso di dare la colpa all’Europa. È una reazione che vedo affiorare in Italia. E, oltre che miope e infondata, è anche autolesionista: bisogna stare attenti a non aggiungere incertezza politica a un contesto economico già complesso. Il messaggio dev’essere l’opposto: che siamo fortunati in questo frangente ad avere Mario Draghi come premier, ma che chiunque governerà domani garantisce la continuità dell’impegno europeo dell’Italia. Se questo messaggio viene alterato da reazioni scomposte, noi rischiamo di aggravare i problemi del Paese invece di alleviarli».
La Bce «va lasciata lavorare in autonomia. Il punto per quanto ci riguarda è assumersi in pieno le nostre responsabilità di politica economica, a livello nazionale e nelle istituzioni comuni. Non può essere la Bce a risolvere tutti i problemi».
Poi traccia il percorso dei prossimi mesi: «L’incertezza, l’inflazione, le conseguenza dell’aggressione russa non devono portarci a mettere in soffitta le due grandi ambizioni europee di oggi: l’autonomia strategica e le politiche per il clima. Naturalmente non sarà facile tenere fermo il timone della transizione ambientale con questi prezzi e questa incertezza sull’energia, ma non possiamo mettere da parte le nostre priorità. Possiamo cercare di attutire le conseguenze dei rincari dell’energia su certe categorie o strati sociali, ma non rinunciare ai nostri obiettivi».
E ancora: «Abbiamo una montagna di investimenti da fare, per l’autonomia energetica, la difesa comune, il clima. Con Next Generation Eu abbiamo contributo in parte a scalarla. La domanda su cos’altro fare è legittima e nei prossimi mesi diventerà pressante, credo. Ma c’è un altro aspetto: nei prossimi mesi dobbiamo anche arrivare a nuove regole di bilancio che siano più efficaci nella riduzione del debito, senza uccidere la crescita. Riuscirci in questo contesto rassicurerebbe molto i mercati».
Poi c’è quello che i governi possono fare da soli, per fermare gli spread. «L’Italia tra i suoi obiettivi ha quello di tenere sotto controllo la spesa corrente. È giusto far fronte per l’impatto dei rincari elettrici, ma il più possibile con spese mirate e temporanee, non aggravando il debito», sottolinea il commissario.
Intanto gli investitori si chiedono già cosa verrà dopo Draghi. «L’instabilità politica un tempo era un fenomeno prevalentemente italiano, ora è molto comune in Europa», ammette Gentiloni. «Detto questo, è meglio evitare che l’incertezza sulle prospettive politiche si colori di tinte anti-europee. L’Italia non è ferma, l’industria e il settore del turismo danno segnali di vitalità molto interessanti e l’Unione europea non è il nostro problema. È parte della soluzione: la Bce ha comprato e continuerà a ricomprare per due anni titoli italiani e da Bruxelles arrivano 200 miliardi per investimenti. Attuare il Pnrr è il percorso obbligato per evitare la stagnazione, ed è un percorso virtuoso fondato su riforme e investimenti necessari. Non si capisce a cosa servano adesso gli slogan contro l’Europa, se non a farci male da soli».