«Il centro riformista è il vero vincitore di queste elezioni». Matteo Renzi, leader di Italia Viva, lo dice a Repubblica, commentando i risultati delle amministrative, che secondo lui consegnano il successo di quella che chiama «area Draghi-Macron». E a questo punto, aggiunge l’ex premier, Letta deve porsi il problema: «Vuole dialogare con noi o vuole limitarsi ai grillini? Così facendo, più che al campo largo si arriva al camposanto, politicamente parlando».
Nelle città al voto, Italia Viva ha sposato la linea delle alleanze variabili: ora con il centrosinistra, ora con il centrodestra. Spesso non presentando il simbolo. Renzi è contento dei risultati: «Abbiamo dato un contributo importante a sindaci eletti molto bravi come Bucci a Genova e Giordani a Padova. E quando siamo andati da soli, come a Carrara con Ferri o a Verona con Tosi, abbiamo fatto un risultato straordinario sfiorando il ballottaggio. Oggi abbiamo 97 sindaci in Italia, e credo che in questa tornata abbiamo conquistato più consiglieri che i Cinque Stelle».
Ma resta, nel centro di cui parla, la lotta a distanza con Carlo Calenda. «La leadership in politica non si prenota. Si costruisce con umiltà e intelligenza politica coinvolgendo quelli che la pensano come te», dice Renzi. «Io dico che quest’area c’è, chi la guiderà è un problema che ci porremo dopo. Dove noi andiamo forte, Azione e PiùEuropa vanno peggio e viceversa: segno che siamo complementari. Ma il dato è sempre quello: il centro riformista c’è, è protagonista in Italia come in Francia con Macron, può essere decisivo mentre queste elezioni certificano la morte del grillismo, da Taranto a Palermo fino a Genova, città del fondatore. Se fossi il segretario del Pd mi porrei il tema: con chi è meglio confrontarsi? In un anno, Conte è passato da fortissimo punto di riferimento progressista a scacciavoti: vivono di sondaggi e talk ma faticano a eleggere i consiglieri comunali. E molti grillini nei capannelli in Parlamento lo dicono, sono comprensibilmente preoccupati».
Renzi dice: «Mettiamola così: io non metto veti. Ma loro non portano voti. E il gruppo dirigente del Pd lo sa bene».
Ma secondo l’ex premier, «basta che abbiamo ben chiaro il quadro: l’area Draghi oggi è più forte, i sovranisti sono più deboli. E chi voleva fare le scarpe al premier, penso per primo a Conte, ma anche a Salvini, è in difficoltà. La prospettiva di una Renew Europe in versione italiana invece ora è molto concreta».
Certo resta un’ambiguità di fondo. Come quella di Palermo, per esempio, dove Italia Viva si ritrova nella maggioranza di Lagalla. «A Palermo avevamo la candidatura più adatta, quella di Davide Faraone, su cui poter fare convergere gli altri», spiega Renzi. «Ma prima di scegliere uno di Italia Viva, il Pd ha preferito perdere con uno dei loro, Miceli, anziché vincere con uno dei nostri. Il fallo di reazione di alcuni dei nostri, che non ho condiviso, è stato andare con Lagalla. E sono stati decisivi perché quella lista ha fatto la differenza. Ora servirà un chiarimento interno, certo. Ma a questo punto mi preoccupa la prospettiva in Sicilia: per le Regionali, che da sempre anticipano il risultato nazionale, vale la pena fare una riflessione strategica. Letta vuole ripetere l’errore di Palermo o intende riconoscere la forza del centro riformista? E la destra farà come a Catanzaro o Genova, dove ha allargato al centro o si rinchiuderà su Musumeci? Questo è il tema».
E dopo il referendum sulla giustizia, Renzi ammette che è stato un fallimento. Ma dice pure: «Ci sono dieci milioni di italiani che sono andati a votare. Sette milioni hanno scritto sì sulla scheda. Critichiamo Salvini ma non a scapito di chi chiede una giustizia migliore. Chiunque voglia vincere le Politiche da oggi non può considerare la giustizia un tema di serie B».