CasinificiPerché i ristoranti per famiglie sono degli incubatori di maleducazione

I locali con spazi dedicati ai bambini troppo spesso diventano delle bolge, luoghi diseducativi che non insegnano le regole basilari del vivere civile. Forse la colpa è di una società che a parole si dice inclusiva e tollerante ma nei fatti esclude i più piccoli, considerandoli come qualcosa da tenere separato, a cominciare dai menu

«Questa zona è nostra, andatevene!»
«E chi ha detto che è vostra, non siete mica i padroni qui»
«C’eravamo prima noi, quindi smammate, mocciosi!»
«La risolviamo con una sfida?»
«Ma io ti spacco la faccia!»
«Calma con le parole, lei è mia amica»
«Amica o no tu sei una testa di c…»

Scontri fra gangster? Scene di un poliziesco? No. I protagonisti della scena non hanno ancora compiuto dieci anni, e il tutto si svolge in un locale a una manciata di chilometri da Milano. Uno di quelli dove i bambini possono trovare “ampi spazi attrezzati dedicati esclusivamente a loro”. Posti che hanno nomi rassicuranti, come “Il regno delle fate” o “La compagnia di Dumbo”, ma che a volte si rivelano delle vere e proprie incubatrici per piccoli hooligans. I bambini, a decine, giocano tra di loro, mentre i genitori, a decine, si concedono un hamburger e una birra gelata. Feste di fine anno scolastico, compleanni, ritrovi di società sportive: l’occasione non conta. Quello che conta è che il ristorante accoglie più eventi, più tavolate contemporaneamente, e che la divisione tra adulti e bambini è spesso netta. Troppo netta. I ragazzini si ritrovano in gruppi, in drappelli, che possono andare a collidere, per motivi futili: un campo da calcio occupato, ad esempio, come nella scena descritta prima. Ma la scintilla può scaturire da mille fonti: rivalità tra scuole (la mia ha la palestra più grande della tua), scontri calcistici, possesso di un’area di gonfiabili, una frase mal interpretata. E se i più educati tentano di risolvere la questione civilmente, come sempre nella vita chi grida più forte prevale. Colpa dei ristoratori? No di certo, non fanno altro che il loro lavoro: camerieri trafelati che cercano di prendere gli ordini in un insieme di voci che supera ogni soglia di decibel sopportabile, cuochi che riescono con fatica a tener dietro a un susseguirsi incessante di comande.

Colpa dei bambini? Ovvio che no. I bambini sono bambini, correre e giocare è il loro mestiere, litigare no è ovvio, ma non possono mica educarsi da soli. Colpa dei genitori? Anche se in questo periodo sembra che sia sempre colpa di questa categoria, in questo caso forse non lo è. Anche mamma e papà hanno diritto a rilassarsi e a chiacchierare un po’ con i loro “simili”. Eppure i ristoratori potrebbero organizzare gli spazi e le prenotazioni in modo più razionale, evitando il sovrapporsi di troppe tavolate in contemporanea, e l’accalcarsi di un numero eccessivo di bambini nelle aree giochi. E d’altra parte i genitori devono essere consapevoli che il loro atteggiamento può essere decisivo: i piccoli vengono lasciati soli e, mentre i grandi si godono la meritata cena (o il meritato aperitivo), giocano. A volte con un po’ troppa violenza. A volte senza troppo rispetto delle regole. E a volte, anzi, quasi sempre, fanno branco. Proprio branco: le dinamiche di quei gruppi di adolescenti che fanno paura, che possono far male agli altri e a loro stessi si possono iniziare a definire negli anni precedenti. Ma non basta. I bambini fanno troppo casino e l’inserviente interviene a richiamarli? Offese e brutte parole anche all’inserviente. Perché anche gli adulti non vengono risparmiati quando si crea il branco.

Soli, senza controllo né confronto con il mondo dei grandi, i bambini si sentono padroni di fare quello che vogliono. Così anche a tavola: le tavolate separate, genitori da una parte, figli dall’altra, possono trasformarsi da occasione per socializzare in occasione per sviluppare le cattive maniere. Patatine lanciate, bibite rovesciate, versacci, tutto un campionario di maleducazione che inevitabilmente i bambini riprodurranno in altre occasioni: se i ragazzini frequentano solo locali dove possono fare quello che vogliono, non impareranno mai a comportarsi nei ristoranti normali. Il risultato sarà inevitabilmente che alla prima serata in una pizzeria non attrezzata con area giochi, palline e campetti, i piccoli inizieranno a correre tra i tavoli, come sono abituati a fare. Forse la colpa, in fin dei conti, è un po’ di tutti, di una società in cui si fa bandiera di inclusività e di tolleranza, ma che esclude proprio i bambini, troppo spesso considerati come qualcosa di diverso, da tenere separato. Logico, la guida dei genitori è la più importante e non deve mai mancare: gli psicologi fanno notare come gli adulti siano sempre di fretta, e tendano a delegare l’educazione dei figli alla scuola, alle società sportive, ai corsi di musica e altro, e che i bambini tendano per questo a riconoscere come famiglia proprio il branco di amici.

Ma il compito di mamma e papà è reso ancora più difficile da una società che non vuole i bambini: rumorosi, sporchi, danno fastidio. Nei negozi vengono guardati con sospetto, in treno disturbano, al ristorante meglio non farli entrare. O almeno tenerli separati. Una separazione che si riflette anche sull’offerta dei piatti a loro dedicati: perché il menu bambini di un ristorante per famiglie deve essere composto rigorosamente da nuggets di pollo, hamburger e hot dog? Perché anche i ristoranti che più curano la proposta per gli adulti riducono la carta per i ragazzini a prosciutto e patatine fritte? Ci sono bambini che amano la carne e bambini che amano il pesce, bambini che al mare vogliono assaggiare le cozze in guazzetto e bambini che non sanno resistere a un pinzimonio di verdure. Ecco, a tavola come nel dopo cena, dovremmo recuperare il senso dell’individualità dei più piccoli, perché crescendo sappiano scegliere da un menu o da un gruppo di amici quello che è meglio per loro.

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