Cercasi campo largoSecondo Prodi, il Pd può vincere le elezioni ma deve ascoltare di più i problemi della gente

Il Professore commenta l’idea di un «Nuovo Ulivo» a sinistra. «Si scelgano 15-20 temi, ma tra quelli di cui si parla a tavola, non quelli proposti nei referendum: a cena qualcuno parla forse del cambiamento delle regole del sistema di elezione del Csm?»

(LaPresse)

A sinistra tutti invocano il «Nuovo Ulivo» per le politiche del 2023. Romano Prodi, in un’intervista alla Stampa, commenta: «Lo chiamino come vogliono, anche Fiordaliso! Ma una cosa è chiara: se l‘Ulivo non è riproponibile come tale, ogni stagione ha la sua storia, la lezione resta però attualissima: parlare e ascoltare la gente. E attenzione, quel modello ha dimostrato di essere vincente pochi giorni fa! Damiano Tommasi non ha fatto urli o proclami: ha radunato tanti giovani e con loro è andato a parlare, con tutti, chiedendo di cosa avevano bisogno, dicendo con chiarezza quello che si poteva fare e quello che non si poteva fare. Gli imprevisti vincitori di Catanzaro e di Fabriano hanno fatto la stessa cosa».

Secondo Prodi, «il centrosinistra può farcela» ora anche a livello nazionale, «ma la destra vincerà se non si costruisce un nuovo rapporto tra governanti e governati, tra eletti ed elettori. Un rapporto peggiorato dall’attuale legge elettorale. È un problema enorme: piano piano chi sta al vertice non conosce più i problemi della base».

E ricorda: «Quelli che hanno vinto nelle città, hanno vinto con una campagna elettorale che dovrebbe essere replicata da chi vuol vincere le prossime politiche! Hanno vinto quelli che hanno parlato con la gente».

Prodi spiega che «l’Ulivo vinse con una scarsità di mezzi spaventosa, ma con migliaia di “apostoli” che sono andati a parlare con le persone. Di che cosa si deve parlare? Si scelgano 15-20 temi, ma tra quelli di cui si parla a tavola, non quelli proposti nei referendum: a cena qualcuno parla forse del cambiamento delle regole del sistema di elezione del Csm? I fatti sembrano dimostrare che Enrico Letta sia già stato capace non solo di seminare, ma anche di raccogliere. Nei prossimi mesi dovrà solo continuare questo lavoro».

Anche perché, ricorda il Professore, «lo scenario economico è in movimento. I dati reali, per la prima volta da parecchio tempo, sono migliori delle previsioni. C’è una crescita un po’ più forte della media europea e questo è abbastanza confortante. Poi c’è chi esagera e parla di “primavera” o di boom. Non è così: da noi il calo da Covid era stato molto più sensibile e dunque la nostra è più una ripresa del perduto che una conquista del nuovo. Ma la prendiamo con piacere. Però attenzione, perché il costo della vita, l’inflazione e il livello del debito sono altrettanti punti interrogativi riguardo al futuro. E quello che mi preoccupa è l’allargamento della forbice tra l’andamento del costo della vita e il livello dei salari. Questo sta diventando un problema sempre più grave».

«Mi chiedo», prosegue Prodi, «come mai nessuno tra sindacati, imprenditori e governo, non proponga un piano che, nelle mutate condizioni storiche, abbia la stessa funzione che intendevano avere le 150 ore, ossia stimolare la qualificazione del lavoratore e di chi si appresta a diventarlo. Una missione collettiva che ci consenta di restare concorrenti con gli altri Paesi, anche quando dovremo alzare il costo del lavoro. C’è qualcosa che proprio non va: da anni stiamo spendendo miliardi per dare manodopera specializzata ai nostri concorrenti».

Ora molto dipenderà dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Credo che il Pnrr debba essere portato avanti con vigore, anche se si dovrà accentuare il più possibile la parte che ci consenta di aumentare la produttività del sistema. La quota di investimenti è ancora bassa: non possiamo pensare di trasformare il Paese con il 110 per cento e con i pur necessari sussidi alla sua parte più fragile», dice Prodi. «È difficile infatti che si possa approvare un sussidio indifferenziato di 200 euro per 31 milioni di persone. La politica deve differenziare per bisogni e per obiettivi. E rispetto agli investimenti non intendo solo macchinari o edifici. Penso alla qualificazione della forza lavoro e nell’innovazione: non possiamo ridurre il Pnrr in un grande piano edilizio, pubblico o privato».

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