Il Copasir apre un’indagineI quattro incontri di Salvini con l’ambasciatore russo per la missione a Mosca

Draghi vuole trasparenza, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica conferma di aver aperto «le usuali procedure informative». E il consulente misterioso Capuano spiega che fu Razov a chiedere al leader leghista «se se la sentiva di giocare la partita. Matteo ha detto sì»

LaPresse / Roberto Monaldo

«La posizione del governo non cambia. È da sempre allineato con Ue e G7 e nel rapporto storico transatlantico» e «non si sposterà». Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha commentato così l’ipotesi del viaggio di Matteo Salvini in Russia. Aggiungendo: «Non voglio entrare nei rapporti che i membri della maggioranza possono avere, ma nella mia audizione al Copasir ho solo raccomandato che è importante siano trasparenti. Questo è quanto».

E il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha confermato di «aver avviato le usuali procedure informative previste in merito all’attività che sarebbe stata svolta dall’avvocato Antonio Capuano (il consulente di Salvini ex parlamentare di Forza Italia, ndr) nei confronti di alcune rappresentanze diplomatiche presenti nel nostro Paese su temi inerenti alla sicurezza nazionale».

E intanto viene fuori che gli incontri di Salvini e Capuano con l’ambasciatore russo Sergej Razov sarebbero stati quattro. «Questa è stata la sequenza, più o meno, l’abbiamo costruita poco a poco», conferma l’avvocato Capuano a Repubblica. Per quattro volte, il leader della Lega Matteo Salvini, con il suo consulente che sarebbe la mente del fantomatico “Piano di pace” conosciuto anche da Putin, si sarebbero incontrati con Razov. Dalla cena del primo marzo, a Villa Abamelek, fino al 19 maggio. Tutto avviene all’oscuro delle nostre diplomazie e del vertice di Palazzo Chigi.

La data cruciale è quella del 19. «Salvini aveva lavorato bene per il ritiro della candidatura di Mosca dall’Expo. C’era un dialogo rispettoso tra governo e leader. Quel giorno il discorso di Draghi è stato importante come immagine internazionale», racconta Capuano. «È chiaro che non ci fu nessun accordo, però ci recammo all’incontro qualche ora dopo il discorso del premier al Senato. È da quel momento che comincia concretamente a decollare l’idea di un Piano nei quattro punti, così come lo avevamo immaginato».

L’ex parlamentare di Forza Italia dice che prima o poi avrebbero informato Draghi. «Chiaro che, se lui non fosse stato d’accordo, non saremmo mai andati a Mosca. Ed è chiaro che il Piano lo avremmo scritto a sei mani». Cioè «noi tre». Ovvero Capuano, Draghi e Salvini. Sembra un film o solo una farsa. Che viene interrotta quando «qualcuno fa uscire la notizia» della missione di Salvini a Mosca. Alcuni sospettano che proprio dalle fila della Lega sia partita l’intemerata per bruciarli.

Capuano tra l’altro spiega a Domani che fu Razov a chiedere a Salvini «se se la sentiva di giocare la partita. Matteo ha detto sì». Il consulente del leader del Carroccio rilascia anche un’intervista al Corriere in cui aggiunge altri dettagli e spiega che i russi avevano capito che «Salvini voleva spendersi davvero».

Il segretario della Lega avrebbe «spiegato il suo progetto in quattro punti» e «dall’altra parte è arrivata un’apertura di credito». La conditio sine qua non «era il cessate il fuoco. La risposta è stata: siamo disponibili a parlarne, la strada è percorribile. Il confronto si doveva spostare a Mosca, ma il risultato era a portata di mano. Per la prima volta una tregua era possibile», dice l’avvocato.

Poi, aggiunge, «ci si è dedicati al tentativo di coinvolgere un garante morale». E così i due avrebbero citofonato al Vaticano. «Papa Francesco ha detto più volte di voler recarsi a Kiev. Non a caso c’è stata un’udienza in Vaticano (con il cardinale Parolin, ndr)». Il Vaticano, però, «non ha dato benedizioni. Ha ascoltato e ribadito la disponibilità a fare la propria parte».

Poi Capuano si difende: «Vorrei che mi spiegassero cosa ho fatto di male. Si parla di truffe: a chi? per cosa? Addirittura si va a pescare un ex politico (Nicola Cosentino, ndr) condannato a dieci anni per gettarmi addosso fango. La verità è che io sono apprezzato dalle ambasciate di mezzo mondo e questo a qualcuno dà fastidio». E dice che che è pronto a spiegare tutto al Copasir: «Non c’è nulla di segreto». Quando gli si fa notare che sono stati lui e Salvini a tenere tutto nascosto, assicura: «Al momento opportuno avremmo informato sia il premier che il partito. Salvini non avrebbe scavalcato nessuno. Certe operazioni non si possono mettere in piazza». Il film continua.

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